E tu, quando metti su famiglia?
Come nasce un’aspettativa sociale

Alexander Pope

“Beato chi non si aspetta nulla dagli altri, perché non resterà mai deluso”

E tu, quando metti su famiglia?

Questa domanda spesso è seguita, nell’arco della vita, da altre fantastiche domande come: quando vi sposate? Non è ora di avere dei figli? Altre volte invece è preceduta da: quando ti laurei? Non è ora di trovarti un lavoro stabile?

Possiamo dire che più o meno a tutti e tutte è capitato di sentirsi rivolgere queste domande, provenienti da quelle aspettative sociali secondo le quali a ogni età corrisponde parallelamente uno status relazionale e/o formativo/lavorativo, ma da dove vengono queste aspettative?

: E tu, quando metti su famiglia?
Come nasce un’aspettativa sociale

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Essere onlife
Alla ricerca della propria realtà

Il termine onlife coniato dal professor Floridi, filosofo e docente all’Università di Oxford, descrive un fenomeno che più o meno ampiamente interessa la vita di ciascuno di noi. Questa espressione delinea il vivere in una dimensione tra la realtà virtuale e quella materiale, i cui confini stanno diventando ormai molto labili. Ma cosa succede se tali confini si dissolvono? Quando arriviamo in un posto nuovo o stiamo partecipando ad un momento di festa, spesso, tra i primi pensieri che sfiorano la nostra mente c’è il voler condividere sui social quanto stiamo vivendo.

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Lasciar andare per vivere meglio
La mania di controllo sul banco d’accusa

Avete presente cosa significa desiderare ardentemente qualcosa, attivarsi per raggiungerla con tutte le proprie forze, incontrare ostacoli non superabili e accettare quindi ciò che non si può cambiare? No? Beh, benvenut3 nel club.

In questa nostra “società della performance” (Colamedici e Cangitano, 2019) ci siamo abituat3 a trovare un modo per oltrepassare gli ostacoli, evitarli, girargli intorno, talvolta con un fare quasi da ueber-mensh (superuomini e superdonne), insomma a forzare le situazioni che non possono essere… che abbiamo dimenticato cosa significa fermarsi, realizzare che una situazione non può essere cambiata, accettarla.

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Società Performativa
L’università e la vita non sono una gara

“Strappare lungo i bordi” – Zerocalcare

L’università non è una gara. O meglio la vita non è una gara e non dovrebbe diventarla.

Eppure siamo tutti consapevoli di vivere in una società fortemente performativa in cui uno dei miti principali è “avere successo”.

Successo a cui siamo spinti, non senza pressioni, per sentire di avere un ruolo e una buona posizione nella società.

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I disturbi alimentari
Uno scudo per le relazioni 

Lo psicoanalista britannico Donald Winnicott riteneva che alla base dei disturbi alimentari ci fosse una sofferenza psichica legata ad un vuoto generato dal non sentirsi amati altresì dal dubbio che si forma dall’incostanza genitoriale e dalla possibilità di accedere all’oggetto d’amore; fenomeno intrapsichico riconducibile alle prime esperienze relazionali, ovvero le primordiali relazioni d’affetto le quali vengono interiorizzate ed estese lungo il percorso di vita. Dunque il senso di ambiguità può essere riscontrato nelle relazioni intime. 

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Regole sociali e relazioni
Siamo tutti nello “spettro”?

@Pixabay

Da quando il DSM-5 ha sussunto il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e il disturbo disintegrativo dell’infanzia nella definizione di disturbo dello spettro autistico, la vecchia diagnosi categoriale è stata sostituita da una dimensionale, in cui i sintomi sono presenti lungo un continuum, che si muove in base alla gravità degli stessi e alla necessità di sostegno che la persona presenta.

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L’arte di lamentarsi
Il circolo vizioso tra lamentele e pensieri negativi

Per “lamentele” si intendono quelle parole con cui esprimiamo il nostro disappunto. A chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di lamentarsi di qualcosa? Esistono però alcune persone che si lamentano sempre: a casa, a scuola, a lavoro, con gli amici… ma come mai?

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Quali memorie per testimoniare?
La Pisocoanalisi tra narrazione e trauma

“Il cibo dei morti per i vivi” – David Olère 1945

Questo dipinto è un disegno postumo dell’artista che ricorda la sua drammatica esperienza come membro del Sonderkommandodal (2 marzo 1943) fino alla liberazione nel 6 maggio 1945. Il Sonderkommandoera era un gruppo di deportati scelti, soprattutto ebrei, che collaboravano con le autorità del campo. Qui il cibo che rappresenta l’unico nutrimento e fonte di sopravvivenza, ogni altro bisogno che richiamasse la dimensione umana fu negato.

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Dal merito all’umiliazione
Il nuovo terrificante orizzonte del “crescere”

Come ormai tutti sanno il nuovo Governo ha cambiato, come spesso fanno i nuovi Governi, alcune denominazioni di altrettanti Ministeri. Uno dei cambiamenti che più ha destato scalpore è stato quello del Ministero dell’Istruzione, che è diventato il Ministero dell’Istruzione e del merito.

Ora, Il dl 173/2022 non modifica i compiti del Ministero dell’istruzione, ma, come dichiarato dal ministro Valditara, specifica la funzione di promozione del merito; ovvero aiutare i meritevoli a raggiungere i più alti gradi dell’istruzione.

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Perché l’attivismo
Il 25 Novembre, ancora

Quando leggiamo notizie di attualità, spesso ci rattristiamo e sentiamo forte l’esigenza di evitare questa emozione negativa, distraendoci e pensando ad altro. La consapevolezza di quello che abbiamo appreso “purtroppo” non può essere eliminata, quindi vivremo questo tentativo di distrazione come frustrante perché inefficace.

Ricordo la sensazione davanti alla notizia del ritrovamento del corpo di Alan Kurdi, il bambino siriano naufragato durante la traversata sui precarissimi gommoni che tentano di arrivare in Italia. Cosa si poteva fare davanti a quella notizia? Tapparsi le orecchie? Girarsi dall’altra parte? Annegare nel dolore e nell’impotenza?

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