L’arte di lamentarsi
Il circolo vizioso tra lamentele e pensieri negativi

Per “lamentele” si intendono quelle parole con cui esprimiamo il nostro disappunto. A chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di lamentarsi di qualcosa? Esistono però alcune persone che si lamentano sempre: a casa, a scuola, a lavoro, con gli amici… ma come mai?

Le lamentele hanno origini antichissime in quanto pare siano legate ad atteggiamenti arcaici, quasi come una strategia di sopravvivenza, messa in atto dal nostro inconscio per “pulirci” da quegli stati mentali ed emotivi non sopportabili dall’inconscio stesso, ma che purtroppo vanno a discapito di chi ne subisce un’influenza passiva. Alcuni sono così abituati a lamentarsi che ne risultano quasi assuefatti e rischiano di non prendere in considerazione le persone che sono accanto e che ascoltano.

Quando ci si lamenta, è come se raccontassimo al nostro cervello che non esiste una soluzione, infatti è stato dimostrato dalla Stanford University che le onde elettromagnetiche cerebrali spengono letteralmente i neuroni dell’ippocampo che sono associati alla risoluzione dei problemi e perdono la capacità di elaborare creativamente delle soluzioni.

Ogni lamentela rafforza la convinzione che non si hanno risorse per affrontare le sfide quotidiane, che è inutile ragionare, provare, cambiare, sforzarsi, di conseguenza il cervello si adatta e si difende da ogni possibilità di agire per il cambiamento. I neuroni possono favorire le lamentele e portarci a una lamentela automatica. Quando facciamo qualcosa, i neuroni si ramificano per migliorare il flusso di informazioni la prossima volta che si verificherà quel comportamento. Succede questo quando ci lamentiamo o ascoltiamo delle lamentele. Per noi è molto più facile farlo di nuovo e la lamentela diventa quindi qualcosa di automatico. Diventa la prima opzione, quello che faremo preferibilmente piuttosto che pensare in positivo. Lamentarsi diventerà il nostro comportamento predeterminato e distruggerà la nostra chimica cerebrale. La lamentela è contagiosa; ne sono responsabili i cosiddetti “neuroni specchio”, che sono la base della nostra capacità di provare empatia. Per questo, più si è empatici, più si sarà influenzati dallo stato d’animo di un’altra persona.

Energeticamente, sappiamo bene, che dove va il pensiero, l’energia fluisce e crea! Più i miei pensieri sono negativi, più sto nutrendo di energia quella determinata situazione. In sostanza, se si mantiene la mente concentrata sulla critica, sulla preoccupazione e sulla vittimizzazione, la nostra mente sarà portata più facilmente ad avere quegli stessi pensieri nelle situazioni future. I nostri modelli di pensiero cablano il nostro cervello a reagire positivamente o negativamente alle situazioni che si presentano.

Psicologicamente si creerà un circolo vizioso, per cui tali pensieri negativi diverranno l’unica realtà possibile, moltiplicando proprio quelle situazioni che confermano questo processo. È altresì vero che più innalziamo il nostro livello energetico, più la realtà circostante reagisce alla nostra qualità vibrazionale. Non solo attraiamo nella nostra vita situazioni e persone affini a ciò che siamo, ma influiamo positivamente anche sull’ambiente che ci circonda e sulle persone con cui ci relazioniamo.

La miglior strategia da mettere in pratica è quella di mantenere un atteggiamento positivo nei confronti della vita, cercando di allontanare da sé situazioni e amicizie potenzialmente negative, ricercando (quando possibile) il lato buono nelle cose che ci circondano.

Dott.ssa Giulia Ingrosso

Psicologa e Psicoterapeuta in formazione

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Commenti (2)

  • Grazie per questo articolo, sarebbe interessante capire come difendersi dalle persone lamentose,soprattutto da quelle che vorrebbero che nella vita sia tutto perfetto e non si rendono conto che già alzarsi la mattina è un privilegio .

  • carmelalagioia2@gmail.com

    Se ci si sposa con un depresso, il resto è solo una sopportazione di stati d’animo. Poi quando aumentano i problemi o si sfascia tutto oppure ci si arma di pazienza e quelle situazioni vengono viste come un’altra sfida. No sfiga, ma sfida. Grazie

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