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Storia di Barbablù – Come si integra l’aggressività?

Dopo aver visto lo spettacolo “Storia di Barbablù” della compagnia teatrale “Teatrabile” a L’Aquila e aver osservato le reazioni dei bambini e dei genitori nella platea rispetto alle tematiche che emergono dalla fiaba, mi sono interrogato su cos’è che questa fiaba ci induce a elaborare di noi, nei grandi e nei piccini.

immagine tratta da una scena dello spettacolo “Storia di Barbablù” della compagnia teatrale “Teatrabile”, L’Aquila

Di tutte le fiabe incentrate sulla tematica dello sposo, Barbablù è sicuramente il più mostruoso e bestiale dei mariti. Ciò che differisce dalle altre fiabe, è l’assenza della magia come elemento edulcorante e salvifico, dinanzi alle tematiche della violenza.

La visione psicologica che vorrei dare a questa fiaba però non è sul piano culturale/inter-relazionale (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “La fiaba di Barbablù. La libertà di decidere” ) bensì trattarlo come se fosse un sogno, e individuare i personaggi come rappresentazioni di parti interne che entrano in campo in un incontro-scontro catartico per il bambino, e anche per l’adulto.

Barbablù rappresenta, per antonomasia, una parte di noi selvaggia, brutale ed animalesca, antica, che sente il bisogno di dominare sull’altro e sopraffarla. È una parte avida, che vorrebbe risucchiare tutto il corpo della madre per inglobarlo nel sé onnipotente dell’infante. Proprio in questa pulsione, il bambino trova godimento e piacere, ma allo stesso tempo paura, quando vede rappresentata una propria parte, difficilmente accolta dalla famiglia, all’esterno, in una fiaba o in uno spettacolo teatrale. Le pulsioni aggressive e distruttive possono esistere, non vengono più censurate, bensì vengono spostate su un piano accoglibile e contenibile, quello della parola e della “messa in scena”, del gioco, in altre parole vengono mentalizzate e non represse o agite.

Cosa ci racconta allora la storia di Barbablù?

Nelle fiabe c’è una diade costantemente a confronto: Maschile e femminile (già largamente trattata e dibattuta) ma anche figlio e madre, mondo pulsionale/avido e mondo emotivo/esplorativo.

Nel binomio figlio-madre, possiamo rifarci alle teorie di Melanie Klein, riflettendo su come le pulsioni distruttive e avide del bambino (Barbablù) vengono proiettate sulla madre, nel profondo desiderio di soggiogarla ai propri desideri orali e di inglobare tutta la realtà per sé, e successivamente di provare un profondo senso di colpa nell’aver provato sentimenti distruttivi verso la persona tanto amata, che corrisponde alla morte di Barbablù nella fiaba.

In altre parole, il bambino, non più neonato, si ritrova alla sua tenera età con la profonda sensazione inconscia di aver già commesso un crimine, ossia aver odiato e tentato di distruggere con le sue pulsioni aggressive il corpo della madre. Tale crimine viene rimosso dal bambino e chiuso in una stanza inaccessibile.

Pian piano che il bambino cresce, però, alimenta la propria curiosità verso il mondo esterno ed interno. Si ritrova ad entrare in contatto con le proprie parti istintuali, percepite da sempre come potenzialmente pericolose, senza sapere il perché. Se il bambino “innocente ma curioso” apre quella porta, com’è giusto che sia, non potrà tornare indietro, la chiave sarà sporca di sangue in maniera indelebile e ciò significa il ritornare in contatto con le proprie parti pulsionali e aggressive, che a differenza dell’inizio (della vita e della fiaba) questa volte non sono più fuori controllo, bensì vengono gestite da delle parti emotive/affettive più salde e strutturate (i fratelli cavalieri) che permettono al bambino di riappropriassi del proprio mondo interno e della propria aggressività in termini emancipatori ed effettuare quel passaggio sanguinoso che è l’adolescenza.

In aggiunta alla fiaba classica, nello spettacolo “Storia di Barbablù”, gli attori, prima ancora di iniziare lo spettacolo, invitano i bambini della platea a creare un “unguento magico” attraverso la produzione di piccoli coriandoli, scoprendo verso la fine dello spettacolo che questo unguento va in aiuto a Barbablù per autorigenerarsi. I fratelli cavalieri devono trafiggerlo più volte, finché l’unguento magico non è esaurito, e finalmente ucciderlo. È interessante notare come nello spettacolo i bambini traggono godimento nel poter provare paura verso quelle parti interne che finalmente possono conoscere (come gli adulti davanti ad un film horror), ma anche tifare di nascosto per Barbablù, sentirsi in colpa per averlo aiutato con la produzione di coriandoli ed essere sollevati dalla sua dipartita. Finalmente possono trovare un contesto dove si parli di pulsioni di smembramento, di gelosia possessiva e di fame famelica, senza censura e senza traumi poiché viene inserita nel contesto del gioco che è il teatro, in cui possono identificarsi (aiutando Barbablù).

È fondamentale ricordare che i bambini non restano traumatizzati per qualcosa di nuovo e violento mai visto (se inserito in un contesto tutelato come quello metaforico del gioco, della fiaba o del sogno), proprio perché non è nulla di nuovo per loro, bensì è qualcosa di antico a cui finalmente viene data parola.

Nello spettacolo proposto, i personaggi coinvolgono il pubblico di bambini nella loro storia, e quest’ultimi si ritrovano agganciati ad una parte estranea e mostruosa a loro ma che è allo stesso tempo famigliare. Questo spettacolo ripropone in maniera forte l’essenza della fiaba, ossia permette di entrare in contatto con quel desiderio/angoscia di smembramento insisto dentro di noi quando facciamo esperienza del nostro corpo che da frammentato pian piano si rigenera in un unico corpo integro e coeso.

Come il lupo con cappuccetto rosso, la storia di Barbablù ci invita ad entrare in contatto con le nostre pulsioni distruttive ed aggressive, senza uccidere nessuno e integrandole con le parti creative e affettive per incanalarle nel mondo psichico in maniera sana e funzionale.

In altre queste storie creano un contenitore libero di pensiero: aiutano a crescere. Sono storie che curano.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti
(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per approfondire

Bettelheim B., “Il mondo incantato, uso, importanza e significati psicoanalitic delle fiabe”, Universale Economica Feltrinelli, 1975

Ferro A., “La tecnica nella psicoanalisi infantile – Il bambino e l’analista: dalla relazione al campo emotivo”, Raffaello Cortina Editore, 1992

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Depressione e aminoacidi
Una nuova possibilità di cura?

Spesso grandi scoperte scientifiche sono arrivate per caso, sulla strada intrapresa per studiare elementi
naturali o meccanismi biologici e chimici diversi. Come nel 1928, quando Sir Alexander Fleming, professore di batteriologia, si rese conto che su una piastra dove aveva messo in coltura colonie di Staphylococcus aureus, i batteri non crescevano attorno alla muffa che vi si era creata sopra. Si trattava della muffa di Penicillium notatum, e Fleming comprese che era in grado di inibire la crescita batterica. Così iniziò la storia dei moderni antibiotici. O come quando, nel 1956, il dispositivo per registrare il ritmo cardiaco dell’ingegnere statunitense Wilson Greatbatch si trasformò, per un transistor sbagliato, in un macchinario in grado di creare pulsazioni equivalenti a quelle del battito del cuore umano. Ovvero nel primo pacemaker della storia per controllare le aritmie cardiache.
Forse è accaduto di nuovo, ai ricercatori del Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation &
Technology, in Florida, i quali hanno condotto uno studio sul ruolo del recettore GPR158 nel funzionamento delle cellule cerebrali.

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La Regina Carlotta
L’amore che supera la follia

Una serie tv da record.

In poche settimane ha raggiunto la vetta della classifica dei prodotti più visti al mondo sulla piattaforma Netflix. La Regina Carlotta – Una storia di Bridgerton, prodotta da Shonda Rhimes e liberamente ispirata alle vicende della monarchia inglese di fine ‘700, racconta in sei puntate l’ascesa della regina Carlotta a fianco di Re Giorgio III e la nascita di un intenso legame d’amore oltre i confini della follia.

L’universo televisivo Bridgerton, tratto dai romanzi di Julia Quinn, ci aveva abituati a dichiarazioni d’amore appassionate, intrighi e attrazioni fatali, ma lo spin-off  sulla vita dei reali apre le porte alla sensibilità e al rispetto nelle relazioni, mostra il lato autentico dell’umanità sotto la corona e include la sofferenza psicologica e gli effetti nella coppia delle fragilità della malattia mentale.  

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Profezia che si autoavvera
Quando l’auto sabotaggio passa dall’armadio

Il concetto di “profezia che si autoavvera” (o auto adempie o autodetermina) fu introdotto nel 1948 dal sociologo Robert K. Merton nel libro “Teoria e struttura sociale”. 

Essa consiste in una previsione che si realizza solo per il fatto di essere stata espressa: viene formulata una predizione che dà origine ad un evento; nel modo in cui si svolge, l’evento va a confermare e verificare la predizione, dando vita ad una relazione circolare vincolante e auto confermante (per approfondire si rimanda anche all’articolo “La profezia che si autoavvera-il potere delle aspettative sulla realtà“)

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Metamorfosi identitarie
Sui cambiamenti nella dialettica tra identità e alterità

L’individuo odierno è tristemente preso da sé.

Lo spiega bene Byung-Chul Han in “L’espulsione dell’Altro” (2017).

Avendo l’illusione di essere libero e di essere padrone del proprio tempo, l’uomo si auto-sfrutta fino all’ultima frazione di secondo. Uno spietato investimento di tempo ed energie, compiuto per una causa più che valida: l’autorealizzazione di se stessi.

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Siamo sicuri sia solo una questione di immagine corporea?
Il legame tra DCA e disforia di genere

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Immagine tratta dal sito: https://www.prompthunt.com/prompt/cl90hk7p8226829tqyssrgkj17

Come  è risaputo, l’immagine corporea o meglio la grande attenzione verso questo aspetto e le relative implicazioni, è uno degli aspetti più importanti che si devono prendere in considerazione quando si ha che fare con un disturbo alimentare.

Lo sviluppo dell’immagine corporea dipende da fattori biologici, ma anche dall’influenza della famiglia, delle figure di riferimento, del gruppo dei pari, dei media, della società e delle culture in cui ciascuno vive.

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Responsabilità e Fiducia
A proposito di Cura E Vulnerabilità

Un incontro intenso, ricco di emozioni, sensazioni e connessioni. Dopo due anni di “distanziamento sociale” riscoprire la potenza catartica di un abbraccio ci ha permesso di riprendere contatto con le nostre parti più intime e inconsce: il corpo.

Domenica 19 giugno 2022  il Sigaro di Freud ha organizzato un 𝗲𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼 gratuito 𝗱𝗶 𝗣𝗦𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗔 𝗲… 𝗧𝗔𝗡𝗚𝗢 a Roma, presso il Monk, per l’iniziativa del progetto #APProdo vincitore del bando #VitaminaG nell’ambito del programma Generazionigiovani.it finanziato dalle Politiche Giovanili della Regione Lazio con il sostegno del Dipartimento per la Gioventù

Abbiamo sperimentato le tematiche di 𝗥𝗘𝗦𝗣𝗢𝗡𝗦𝗔𝗕𝗜𝗟𝗜𝗧𝗔’ 𝗘 𝗙𝗜𝗗𝗨𝗖𝗜𝗔 con Diego Bonifazi e Dario Maggipinto, assistente sociale e psicologo del Sigaro di Freud, e Michele di Conzo e Giusy Volver tangueri e maestr* di tango.

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La Terza Età e il Teatro
Attori da ri-scoprire

Studi hanno dimostrato l’importanza del teatro a livello educativo, sociale e psicologico.
Quando si pensa al teatro si è soliti collegarlo ad attori, professionisti, ai dramma, a Shakespeare. E se invece gli attori fossero dei pensionati, dei nonni?
Il beneficio che questi potrebbero avere da un’esperienza come il teatro è sorprendente e merita un’analisi.

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Società Performativa
L’università e la vita non sono una gara

“Strappare lungo i bordi” – Zerocalcare

L’università non è una gara. O meglio la vita non è una gara e non dovrebbe diventarla.

Eppure siamo tutti consapevoli di vivere in una società fortemente performativa in cui uno dei miti principali è “avere successo”.

Successo a cui siamo spinti, non senza pressioni, per sentire di avere un ruolo e una buona posizione nella società.

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