I disturbi alimentari
Uno scudo per le relazioni 

Lo psicoanalista britannico Donald Winnicott riteneva che alla base dei disturbi alimentari ci fosse una sofferenza psichica legata ad un vuoto generato dal non sentirsi amati altresì dal dubbio che si forma dall’incostanza genitoriale e dalla possibilità di accedere all’oggetto d’amore; fenomeno intrapsichico riconducibile alle prime esperienze relazionali, ovvero le primordiali relazioni d’affetto le quali vengono interiorizzate ed estese lungo il percorso di vita. Dunque il senso di ambiguità può essere riscontrato nelle relazioni intime. 

In linea con questo pensiero la scelta del partner sarà rappresentata da una raffinata e schematica selezione per cui si sceglieranno partner che continueranno a colmare quei vuoti con l’onnipresente ambiguità in modo tale da riproporre quella sensazione di irraggiungibilità dell’oggetto d’amore nell’illusione che l’altro/a si assuma la responsabilità di rompere lo stesso schema che non è altro che un rivivere la relazione genitoriale attraverso un simile al fine di rispettare un senso di onnipotenza che non ha trovato riscontro nella vita infantile dunque ancora in vivo per non dover affrontare il dolore di scendere a patti con il mondo e con noi stessi. 

Si finisce comunque a dover realizzare che ci senta soli perché così soliti sentirsi nella pretesa narcisistica che non sia possibile consciamente essere gli artefici del proprio cambiamento quindi ci si affida all’atro ma solo nell’idea di potersi affidare in quanto il reale desiderio di viversi una relazione è negato e nascosto. L’accessibilità al desiderio di vivere e viversi nella relazione è impedita dalla sintomatologia che si manifesta attraverso il rapporto con il cibo che è altalenante, disorganizzato e di amore e odio alla stregua di una esclusività di piacere iper-investito nel cibo per evitare la relazione umana e di un aggressività verso la suddetta fonte di piacere che si evita (attraverso le restrizioni tipiche dell’anoressia) oppure si divora con veemenza come nel caso dell’obesità o della bulimia spesso accompagnata dal rilascio del cibo ingerito come modo per rigettare immediatamente il senso di colpa scaturito dall’atto istintivo che non si può controllare. 

Il controllo emotivo corrisponde all’impedimento di entrare in relazione con l’altro per la mancanza di una sperimentazione affettiva sana. Se da una parte si pensa di poter creare intorno a sé, quindi al proprio corpo una corazza epidermica per disporre esasperatamente dei confini tra sé e l’altro come nel caso dell’obesità, per ciò che concerne l’anoressia vi è una tendenza a cercare di essere trasparente per confermare il vissuto di vuoto e non considerazione da parte dell’altro non disponibile affettivamente. 

Dal punto di vista psicoanalitico le diverse forme di psicopatologia alimentare sono riconducibili a “fissazioni” alla fase orale. Freud riteneva che nelle forme di anoressia fosse presente una rimozione dell’erotismo orale e da tale teoria si può affermare quanto vi sia una resistenza nel cedere al desiderio sessuale quindi affettivo per la paura del rifiuto e dell’abbandono dato come una cosa certa. 

Il trattamento psicoterapico consiste nel proporre l’esperienza di una relazione non ambigua dunque sana che possa, all’interno di uno spazio di libertà e confinato, concedere al/alla paziente la possibilità di accedere al desiderio dell’altro diverso da sé e alternativo rispetto ai meccanismi relazionali reiterati. 

Dott.ssa Ilaria Pellegrini

Riceve su appuntamento a Pomezia e Roma zona Piramide

(+39) 3897972535

ilariapellegrini85@gmail.com

Per approfondire:

Winnicott, D (1975). Dalla pediatria alla psicoanalisi

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