Mese: Ottobre 2020

Casa dolce casa
Il bisogno di confini e intimità

Nessun posto è bello come casa mia”  – Il Mago di Oz

l Mago di Oz è un film della mia infanzia.

Il viaggio onirico di Dorothy e il suo Totò alla ricerca di un modo magico per esaudire il più grande desiderio mai provato: tornare a casa. Centrifugata da un tornado, persa in un luogo sconosciuto e fantastico, perseguitata da una strega cattiva e insieme a tre fantastici compagni di viaggio, Dorothy scopre che tutto ciò che cerca è semplicemente dentro di lei. La sua casa, sinonimo di famiglia, la porta sempre con sé ovunque vada. Svegliarsi con una nuova consapevolezza che profuma di affetti e, soprattutto, di costanza di affetti è il finale migliore, che supera lo stupore di qualunque magia possibile.

Ovunque tu sia, è casa mia, la mia unica casa”  – Charlotte Brontë – in Jane Eyre

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L’intelligenza artificiale

Lo spazio delle menti possibili

 ‹‹Il progresso appare sempre più grande di quanto realmente sia››

Johann Nepomuk Nestroy

“I.A.” Da tempo ormai ci confrontiamo con questa abbreviazione e, anche attraverso la cinematografia, abbiamo imparato a capirne il significato. Intelligenza Artificiale. Ma di cosa si tratta? Il “pensiero” – non a caso l’uso di questo termine come vedremo tra poco – corre immediatamente alle macchine, ai computer, ai telefoni cellulari, alle “APP” e a quant’altro collegato con la tecnologia. Ma non è così. L’intelligenza artificiale suscita un grande interesse poiché tenta di fornire una critica riguardo alcuni concetti dell’essere umano. Gran parte di studi filosofici ci hanno tramandato che l’unica mente interessante era quella dell’uomo ma, oggi, lo studio ad esempio delle menti animali l’enorme ricerca sugli studi post-umani¸ le scienze cognitive animali, ci dicono che non è così. Allora la domanda è: la mente umana è l’unica esistente?  Oppure: le menti umane e animali, sono le uniche esistenti o esistite? A quanto pare no. Pensiamo a menti che potrebbero essersi formate in angoli lontani della biologia terrestre. Lo spazio delle possibilità includerebbe anche tutte quelle forme di vita terrestri che sarebbero potute esistere e che non sono esistite. In particolare, include le menti di quegli esseri sintetici, il cui cervello è a base di silicio: le intelligenze artificiali appunto.  

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Resilienza Familiare. Oltre il dolore, la forza dei legami

“C’era una volta una conchiglia… Se ne stava in fondo al mare cullata dalle onde, sfiorata dal passaggio sinuoso di pesci colorati e cavallucci marini, fino a quando… una tempesta giunse a lei, sconvolgendole la vita.

La violenza delle onde la capovolse più e più volte facendola girare, rotolare, urtare, trasportandola lontano fino a che, ammaccata e dolorante, si fermò. Stava cercando di capire dov’era finita quando, improvvisa, una fitta allucinante la trapassò. Che stava succedendo ancora?

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Il Vampiro. Il piacere della paura

“A lungo andare, è sembrata sul punto di cedere al sonno, ma con uno sforzo si è riscossa. Lo stesso è accaduto a più riprese, ogni volta con maggior fatica da parte sua e a intervalli via via brevi. Era chiaro che non voleva dormire, e ne ho approfittato per abbordare senz’altro l’argomento. “Non volete dormire?” “No, ho paura.” “Paura di dormire! E perché mai? Il sonno è un bene al quale tutti agognamo.” “Ah, non quando si è nella mia situazione, quando il sonno è foriero di orrori.” “Foriero di orrori! Ma che cosa state dicendo?” “Non lo so, non lo so! Ed è proprio questo lo spaventoso! Questa debolezza sopravviene durante il sonno, e al solo pensiero inorridisco.” […] E, pronunciata appena la parola, eccola far udire un gran sospiro di sollievo e sprofondare nel sonno. Tutta la notte sono rimasto a vegliare. Non si è mossa neppure un istante, ma ha continuato a dormire e a dormire di un sonno profondo, tranquillo, foriero di vita e di salute. Le labbra erano semiaperte, il seno si alzava e si abbassava con la regolarità di un pendolo. E un sorriso le aleggiava sul volto, rendendo manifesto che nessun brutto sogno era venuto a turbare la pace del suo spirito […]”

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Lo stile. La voce della tua identità

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Opera di Kristina Korobko per Istituto Italiano Design

Il termine “identità” si riferisce a significati ed ambiti differenti; si parla di identità in chiave psicologica, ma anche sociale, culturale, politica e matematica!

L’ “identità” è anche associata alla moda, non solo in riferimento al DNA di un brand o di abbigliamento tipico di una determinata subcultura, ma perché espressione del modo di essere dei singoli individui e base per quello che viene definito “stile”.

La moda può essere utilizzata come strumento per l’espressione della propria identità o per la scoperta della stessa. Attraverso abiti ed accessori comunichiamo chi siamo, chi vorremmo essere, in che modo ci distinguiamo dagli altri, cosa ci rende unici e diversi. Elementi che contraddistinguono uno stile, una persona dall’altra.

Per comprendere meglio questi concetti è utile approfondirne la definizione.

Iris Apfel ha detto: “se non conosci te stesso non potrai mai avere un grande stile. Non sarai mai veramente vivo. Per me il peggior falso nella moda è quello di guardarsi allo specchio e non riconoscersi”

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L’invidia: un’emozione inconfessabile

Il bisogno di distruggere la felicità dell’altro

“Chi è insicuro tende a cercare febbrilmente un bersaglio su cui scaricare l’ansia accumulata e a ristabilire la perduta fiducia in sé stesso cercando di placare quel senso di impotenza che è offensivo, spaventoso e umiliante”.

Z. Bauman

L’invidia è un’emozione sociale molto comune, altamente stigmatizzata nella nostra cultura. Può essere definita come “un’emozione spiacevole, spesso penosa, caratterizzata da sensi di inferiorità, ostilità e risentimento, che ha origine dalla presa di coscienza che prova un soggetto quando teme che un altro possegga qualcosa di desiderabile. Il significato del termine rimanda in modo diretto agli aspetti distruttivi di questa emozione, che si traducono nel desiderio non solo di eguagliare colui che è più fortunato, ma anche di danneggiarlo e deprivarlo di quello che ha. È possibile riscontrare una forte componente di ambivalenza: al desiderio smisurato di possedere ciò di cui si percepisce la mancanza si contrappone quello di distruggere metaforicamente ciò che l’altro possiede o rappresenta.

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