Studi hanno dimostrato l’importanza del teatro a livello educativo, sociale e psicologico. Quando si pensa al teatro si è soliti collegarlo ad attori, professionisti, ai dramma, a Shakespeare. E se invece gli attori fossero dei pensionati, dei nonni? Il beneficio che questi potrebbero avere da un’esperienza come il teatro è sorprendente e merita un’analisi.
“L’estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi” – Ovidio (in Metamorfosi)
“Protagonista è la danza, con il suo potere ancestrale di trasfigurare i corpi nella trance, nella vivida coscienza collettiva di un’intima interconnessione, come in un respiro cosmico” – Vincenzo Bellia
Accattivat* da questo titolo? Effettivamente la parola “drugs” che somiglia molto all’italiano “droghe” suscita numerose fantasie in ciascun* di noi. Eppure il “drugs” anglosassone è una macro categoria che contiene due termini che in Italia ci guardiamo bene dall’integrare: la categoria di quelli che chiamiamo farmaci e la categoria delle droghe.
Sarà possibile rivelare lo stato psicofisico attraverso l’utilizzo di sensori?
La convergenza di vari avanzamenti tecnologici nella miniaturizzazione dei microprocessori, nella diffusione capillare della connessione internet e nella scienza dei materiali ha reso possibile e di grande interesse lo sviluppo di sensori indossabili. Un sensore è un dispositivo in grado di misurare un parametro fisico o chimico e convertirlo in tempo reale in un segnale elettrico che viene acquisito da un’opportuna elettronica di lettura.
La premessa, c’è sempre almeno una piccola premessa.
Questo articolo è stato pensato e scritto parallelamente allo sviluppo di un piccolo progetto di Danza movimento terapia a favore di donne vittime (anche se a noi piace parlare di SOPRAVVISSUTE) di violenza ospitate da centri antiviolenza residenziali facenti parte della rete di LiberamenteDonna. Il progetto è in corso d’opera, quindi, questo articolo farà da apripista ad un secondo, dove, si spera a progetto concluso, si potrà parlare dell’esperienza vera e propria.
Copyright immagine: Trattato di anatomia emozionale dagli studi di Melanio da Colia
“Le nuvole bianche sopra di me si fermano e il mandorlo fiorisce nel mio cuore”
“Mi sento ancorata al centro del mio corpo, c’è molta calma dentro e intorno tutto scorre senza travolgermi”
“ Posso accorgermi del momento in cui una foglia si stacca lieve dal ramo e silenziosamente ondeggia verso terra. Posandosi, produce un frastuono dentro al petto. Come si può non udire?”
“Dottoressa oggi lo ha portato il pos?” La mia risposta, laconica, è stata “No.”
Con la nuova legge finanziaria le prestazioni sanitarie devono essere pagate in modo tracciabile. Per tale ragione nello spazio della terapia è entrato questo oggetto, il cui acronimo rappresenta le parole anglosassoni Point Of Sale, punto di vendita, che rischia di tramutare il campo analitico in un non-luogo di consumo. Vale la pena recuperare la definizione di “non luogo” di Marc Augé, dal suo libro “Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité” del 1992, per designare le strutture necessarie alla circolazione delle persone e degli oggetti, come centri commerciali, aeroporti, e mezzi di trasporto. Si tratta di zone in cui gli individui si incrociano senza entrare in relazione gli uni con gli altri, per consumare o andare altrove. Luogi senza tempo, né storia o cultura relazionale, in cui si è destinati ad essere soltanto clienti. Elementi di passaggio senza identità.
Si è soliti dire che il diritto attiene al “dover essere” mentre la psicologia riguarda “L’essere”. Le due discipline tuttavia, occupandosi in generale dei comportamenti umani, si intrecciano spesso e si nutrono a vicenda.
Nel processo penale, la testimonianza è un mezzo di prova fondamentale per portare all’attenzione del giudice quegli elementi conoscitivi che gli serviranno per fondare una valutazione di innocenza o colpevolezza dell’imputato. Molto spesso, infatti, la ricostruzione in giudizio di un fatto è possibile solo grazie alle dichiarazioni delle persone che erano presenti al momento dell’accaduto.
“Sai un giorno, mentre soccorrevo una bambina, l ho associata a mia nipote, e questo mi ha limitato, quasi bloccato nelle procedure da mettere in pratica”. Questa frase mi è stata riferita da un medico, dopo che avevo fatto un intervento sulla gestione delle emergenze durante un convegno. Mi ha colpita molto perché in maniera sottile c’è stato il riconoscimento della componente emotiva, che spesso dai medici viene separata dall’aspetto prettamente corporeo. Le emozioni hanno influito, seppur in maniera silenziosa, sull’azione e quindi sull’intervento di questo medico. “Hai trovato uno spazio congruo per rielaborare o quanto meno per dare un significato a tutto questo?”, ho domandato al medico. Mi ha risposto che no, non c’è stata una finestra spazio-temporale per poter rimettere insieme i pezzi dell’evento, seppure il suo livello di consapevolezza rispetto a questo si è rivelato piuttosto elevato, riuscendo a gestire il post-emergenza anche da un punto di vista psicologico. Purtroppo ciò che è accaduto al giovane medico è molto frequente: dopo situazioni di emergenza in cui il medico deve fare i conti con catastrofi naturali o uccisioni non ci sono spazi in cui ci si prenda cura del vissuto emotivo, superstite ferito e malandato. Questo è importante sia per le vittime dell’evento in questione ma anche per i soccorritori stessi, anch’essi portatori e sperimentatori di vissuti emotivi.
Questo articolo nasce da una riflessione, a sua volta scaturita dalla lettura del commento di un utente del sito a un altro articolo che ho pubblicato precedentemente. Questo veniva definito interessante, ma, “come al solito”, troppo lungo.
Il commento mi ha portato a riflettere su una questione non di poco conto: la complessità. Cosa si intende per complessità?
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