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Confini personali e relazioni. I bisogni come guida

Riuscite a immaginare come sarebbe camminare all’interno di un’illusione ottica?

Pensate a un’ampia stanza vuota dalle pareti bianche che si trasforma in uno spazio senza confini, grazie a linee e grafiche che modificano la prospettiva e gli elementi architettonici che le ospitano.

È quello che accade nelle opere di Peter Kogler, artista viennese che combina architettura e grafica e che, ridisegnando completamente le pareti, i pavimenti e i soffitti con intricate linee ondulatorie, verticali e orizzontali, ridefinisce gli ambienti e li trasforma in luoghi illusori.

Il sistema percettivo va in crash e lo spettatore si trova disorientato, con una sensazione di immersione in uno spazio senza limiti, incapace di trovare con facilità stabilità e punti fermi.

Se nell’arte un’esperienza simile è sorprendente e divertente, diverso è quando accade nelle relazioni o nella vita di tutti i giorni. Ragionavo, infatti, sull’utilità dei confini e a come definiscono il limite tra noi stessi e il resto, facendoci sentire solidi e al sicuro.

Sulla natura dei confini

I confini costituiscono dei limiti, reali o immaginari, fisici, emotivi, metaforici. Rappresentando allo stesso tempo una linea di chiusura e una linea di contatto, risultano essenziali nel delimitare gli spazi soggettivi e oggettivi e assumono un grandissimo valore di protezione per se stessi e di equilibrio nelle relazioni.

I Confini possono essere:

  • Fisici: quando riguardano lo spazio ma anche il corpo e il contatto somatico
  • Temporali: quando riguardano la quantità ma anche la qualità dello spazio temporale dedicato a un evento e situazione
  • Emotivi: se riguardano le emozioni sperimentate e la possibilità di condividerle e viverle con intensità adeguata
  • Relazionali: quando regolano le relazioni, le dinamiche, il grado di impegno e di intimità con l’altro

Ogni Confine è necessario per definire la nostra individualità e lo stare in relazione con il mondo e con gli altri. Stabilirli non solo infonde un senso di sicurezza ma rafforza il nostro valore e crea buone relazioni personali e lavorative. Infatti il Confine sancisce, al tempo stesso, sia il senso di appartenenza cioè l’essere parte di qualcosa (famiglia, coppia, squadra, gruppo di colleghi), che quello di differenziazione, vale a dire il distinguersi da qualcosa o qualcun altro.

Minuchin, un importante terapeuta familiare, ha messo a punto un Modello Strutturale all’interno della sua Teoria Sistemica (1979) e ha parlato dei confini come regole che riescono a descrivere e definire le relazioni tra le persone di uno stesso sistema. Tali limiti, a seconda della loro permeabilità, vengono descritti come chiari, diffusi o rigidi.

Questa distinzione, semplificando un po’, ha a che fare con la capacità di definire bene i propri bisogni, i propri spazi e la propria identità. Se i confini sono diffusi, si può sperimentare, ad esempio, una sensazione di invasione e di poca libertà; quando i confini, al contrario sono rigidi, si sperimenta l’impossibilità di entrare in contatto e di comunicare con fluidità, così come di ridefinire la natura dei rapporti. Quando i confini invece, sono chiari, la sensazione che si percepisce è di vedere rispettate le proprie emozioni e la propria individualità.

La terapia sistemico relazionale parla dei confini principalmente come regolamentatori delle relazioni all’interno della famiglia ma, in fin dei conti, la qualità dei nostri confini può essere applicata a tutte le sfere della vita. In che modo? Vediamolo insieme…

I confini nella vita quotidiana

Avete presente quando avete cercato di incastrare più appuntamenti per fare felici tutti? Quando il capo vi ha attribuito una nuova mansione ma ancora dovevate finire le precedenti? Quando una persona cara vi chiede una gentilezza e, anche se avete grandi difficoltà, vi fate in quattro per aiutarla?

O ancora quando vi siete sentit* rattristat* o offes* da qualcuno ma avete lasciato correre? O avete ceduto a una richiesta del partner per non farl* rimanere male? O avevate una necessità o un desiderio ma lo avete ignorato, posticipato, annullato?

Sarà capitato a tutti almeno una volta ma può rappresentare un problema se si ha una ripetizione di tale comportamento.

Ma come ci accorgiamo se abbiamo la tendenza a non porre o non far rispettare confini che siano giusti per noi stessi?

Ci vengono in aiuto le nostre reazioni emotive: sul momento proviamo rabbia, frustrazione, confusione e, talvolta, senso di oppressione. Le conseguenze, a lungo termine, si manifestano con sensazione di perdita di controllo, stress e relazioni vissute come insoddisfacenti.

I nostri bisogni, infatti, sono indispensabili e imprescindibili e non dovrebbero essere messi in secondo piano. A volte possiamo posticiparli, rivalutarli ma, tendenzialmente, se emergono, hanno senso di esistere in quel momento.

Quando mettiamo confini chiari e flessibili abbiamo la sensazione di poter gestire le cose, di poter respirare, di essere visti e validati nei nostri bisogni. Al contrario non mettere i giusti paletti può farci sentire non rispettati, invisibili o invasi nel nostro spazio, fisico o emotivo che sia.

Un curioso paradosso

Ma come mai accade di non dare sufficiente ascolto ai nostri bisogni?

Entrano in gioco caratteristiche personali come altruismo, empatia e capacità di provare compassione. Si tratta di aspetti della personalità di grande valore ma, se ci spingono a sottostimare le nostre necessità, forse, andrebbero ricalibrati.

Similmente possono entrare in gioco aspetti contestuali, come la nostra società particolarmente performativa o ambienti particolarmente richiestivi in cui richieste soggettive potrebbero essere scoraggiate se non sono esattamente in linea con la produttività attesa.

E ancora, esperienze o modelli familiari potrebbero averci insegnato a non dare sufficiente ascolto alle nostre richieste. Se i bisogni emotivi sono stati spesso negati, sminuiti, svalutati potremmo aver imparato che le nostre necessità non sono poi così rilevanti e degne di attenzione e, di conseguenza, potrebbe essere molto difficile farle valere.

Ma c’è un paradosso: se decidiamo di ascoltarci e definirci pur non essendone “abituati/e”, potremmo provare disagio e persino sofferenza. Questi stati d’animo, tuttavia, non sono necessariamente il segnale che stiamo facendo qualcosa di sbagliato, piuttosto nascono dalla sensazione di andare contro i propri schemi di sempre.

In questo caso, ad esempio, può succedere che, per sperimentare meno disagio, si mettano in atto comportamenti di compensazione. Qualche esempio?

  1. Ci si giustifica: la tendenza a spiegare il perché e il per come del nostro bisogno, con l’idea di renderlo maggiormente accettabile agli occhi altrui
  2. Si prova senso di colpa come se non si avesse diritto di avanzare richieste
  3. Si ritratta: le sensazioni di disagio sono talmente forti che si fa un passo indietro 

Ma quindi come si fa a settare i propri confini? Ecco alcune strategie utili:

Nelle relazioni

  1. Riconosci e comunica ciò di cui hai bisogno
  2. Rispetta la tua intimità 
  3. Impara a dire “no” 
  4. Sentiti liber* di scegliere con chi e come passare il tuo tempo
  5. Circondati di persone che sono d’ispirazione e con cui ti senti a tuo agio.
  6. Costruisci rapporti in cui le intenzioni dell’altro sono ben chiare. Meriti chiarezza e non confusione
  7. Stabilisci cosa è adeguato per te e cosa non lo è e impara a prendere le distanze se necessario

Nel lavoro

  1. Definisci le tue priorità e dosa la tua energia
  2. Dai valore alla tua opinione
  3. Lascia un tempo adeguato per il riposo e non lavorare fuori dall’orario di lavoro
  4. Non rispondere a chiamate o mail di lavoro dopo una certa ora
  5. Non lavorare mentre mangi
  6. Sii realistico con le tue risorse

Attraverso la tecnologia

  1. Non rispondere immediatamente ai messaggi se non necessario
  2. Datti un tempo limite per stare sui social
  3. Evita lo scrolling incontrollato
  4. Seleziona accuratamente i profili da seguire (scegli quelli che sono di ispirazione e corrispondono ai tuoi interessi)

In conclusione, saper riconoscere i propri bisogni, rispettarli, comunicarli e farli valere grazie a dei buoni confini personali può non essere sempre semplicissimo ma, la buona notizia, è che si può imparare a farlo.

In terapia, ad esempio, è uno degli step più importanti. In un percorso terapeutico, infatti, si impara a prendere contatto con i propri bisogni e i propri schemi di sempre, si riscopre il proprio valore personale e si gettano le basi per relazioni affettive, lavorative più soddisfacenti e più in linea con se stess*.

Bibliografia:

Liotti, G., Farina B. (2011). Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Milano: Cortina Editore.

Minuchin, S., (1974). Famiglie e Terapia della Famiglia. Edizioni Astrolabio Ubaldini 1977

Sara Raffaele. Psicologa Clinica e dello Sport

+393801252796

Riceve a Roma e a Viterbo

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La mentalizzazione
Un dispositivo che aiuta il corpo a pensarsi

Spesso si parla dei disturbi psicosomatici come esito di un mancato dialogo tra il corpo e la mente.  Ma cosa permette questo dialogo? E soprattutto come riesce il corpo a pensarsi?

Tale competenza sembra affondare le sue radici in un processo esordiente della nostra vita, che chiama in causa le figure primarie, il rispecchiamento.

Nel momento in cui il bambino “scopre se stesso negli occhi della madre”, questo diviene consapevole dei suoi stati emotivi, riflessi e pensati dall’Altro. In questo modo il bambino sviluppa quella capacità, denominata mentalizzazione, che consente di comprendere le intenzioni e il pensiero sottostanti il comportamento proprio e altrui. Questo costrutto sembra essere direttamente chiamato in causa nella comprensione dei segnali sprigionati dal corpo.

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It’s a match!
L’amore ai tempi dell’argoritmo

“Quando si effettua una scelta, si cambia il futuro” – Deepak Chopra

Ragazza sola al bancone del bar, il barista le porge un drink indicando uno sconosciuto, i due si sorridono, un brindisi a distanza, lo sconosciuto si avvicina, i due iniziano a conversare. Tipica scena hollywoodiana di un incontro casuale che potrebbe anche rivelarsi l’inizio di una frequentazione. Qui non siamo a Hollywood ma le cose non accadono poi diversamente… eppure negli ultimi anni qualcosa è cambiato, al di là e al di qua dell’oceano.

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Madri che uccidono: l’infanticidio in nomine matris
Psicologia forense, criminologia, natalità

Una madre darebbe la sua stessa vita per il proprio bambino”. Spesso si ascolta questa frase giudicandola così veritiera e certa che non si chiedono, a differenza di altri presunti assiomi, spiegazioni e prove in merito. Giusto così, proprio perché ciò che è naturale pare ovvio, le dimostrazioni così ricche e presenti da risultare inutili. Innumerevoli esempi nella storia, nella letteratura, nella cronaca quotidiana hanno permesso di instillare una granitica certezza: una madre può solo amare il proprio bambino e morire con lui e per lui.

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La Regina Carlotta
L’amore che supera la follia

Una serie tv da record.

In poche settimane ha raggiunto la vetta della classifica dei prodotti più visti al mondo sulla piattaforma Netflix. La Regina Carlotta – Una storia di Bridgerton, prodotta da Shonda Rhimes e liberamente ispirata alle vicende della monarchia inglese di fine ‘700, racconta in sei puntate l’ascesa della regina Carlotta a fianco di Re Giorgio III e la nascita di un intenso legame d’amore oltre i confini della follia.

L’universo televisivo Bridgerton, tratto dai romanzi di Julia Quinn, ci aveva abituati a dichiarazioni d’amore appassionate, intrighi e attrazioni fatali, ma lo spin-off  sulla vita dei reali apre le porte alla sensibilità e al rispetto nelle relazioni, mostra il lato autentico dell’umanità sotto la corona e include la sofferenza psicologica e gli effetti nella coppia delle fragilità della malattia mentale.  

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E tu, quando metti su famiglia?
Come nasce un’aspettativa sociale

Alexander Pope

“Beato chi non si aspetta nulla dagli altri, perché non resterà mai deluso”

E tu, quando metti su famiglia?

Questa domanda spesso è seguita, nell’arco della vita, da altre fantastiche domande come: quando vi sposate? Non è ora di avere dei figli? Altre volte invece è preceduta da: quando ti laurei? Non è ora di trovarti un lavoro stabile?

Possiamo dire che più o meno a tutti e tutte è capitato di sentirsi rivolgere queste domande, provenienti da quelle aspettative sociali secondo le quali a ogni età corrisponde parallelamente uno status relazionale e/o formativo/lavorativo, ma da dove vengono queste aspettative?

: E tu, quando metti su famiglia?
Come nasce un’aspettativa sociale

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Responsabilità e Fiducia
A proposito di Cura E Vulnerabilità

Un incontro intenso, ricco di emozioni, sensazioni e connessioni. Dopo due anni di “distanziamento sociale” riscoprire la potenza catartica di un abbraccio ci ha permesso di riprendere contatto con le nostre parti più intime e inconsce: il corpo.

Domenica 19 giugno 2022  il Sigaro di Freud ha organizzato un 𝗲𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼 gratuito 𝗱𝗶 𝗣𝗦𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗔 𝗲… 𝗧𝗔𝗡𝗚𝗢 a Roma, presso il Monk, per l’iniziativa del progetto #APProdo vincitore del bando #VitaminaG nell’ambito del programma Generazionigiovani.it finanziato dalle Politiche Giovanili della Regione Lazio con il sostegno del Dipartimento per la Gioventù

Abbiamo sperimentato le tematiche di 𝗥𝗘𝗦𝗣𝗢𝗡𝗦𝗔𝗕𝗜𝗟𝗜𝗧𝗔’ 𝗘 𝗙𝗜𝗗𝗨𝗖𝗜𝗔 con Diego Bonifazi e Dario Maggipinto, assistente sociale e psicologo del Sigaro di Freud, e Michele di Conzo e Giusy Volver tangueri e maestr* di tango.

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Essere onlife
Alla ricerca della propria realtà

Il termine onlife coniato dal professor Floridi, filosofo e docente all’Università di Oxford, descrive un fenomeno che più o meno ampiamente interessa la vita di ciascuno di noi. Questa espressione delinea il vivere in una dimensione tra la realtà virtuale e quella materiale, i cui confini stanno diventando ormai molto labili. Ma cosa succede se tali confini si dissolvono? Quando arriviamo in un posto nuovo o stiamo partecipando ad un momento di festa, spesso, tra i primi pensieri che sfiorano la nostra mente c’è il voler condividere sui social quanto stiamo vivendo.

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La Terza Età e il Teatro
Attori da ri-scoprire

Studi hanno dimostrato l’importanza del teatro a livello educativo, sociale e psicologico.
Quando si pensa al teatro si è soliti collegarlo ad attori, professionisti, ai dramma, a Shakespeare. E se invece gli attori fossero dei pensionati, dei nonni?
Il beneficio che questi potrebbero avere da un’esperienza come il teatro è sorprendente e merita un’analisi.

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Dal merito all’umiliazione
Il nuovo terrificante orizzonte del “crescere”

Come ormai tutti sanno il nuovo Governo ha cambiato, come spesso fanno i nuovi Governi, alcune denominazioni di altrettanti Ministeri. Uno dei cambiamenti che più ha destato scalpore è stato quello del Ministero dell’Istruzione, che è diventato il Ministero dell’Istruzione e del merito.

Ora, Il dl 173/2022 non modifica i compiti del Ministero dell’istruzione, ma, come dichiarato dal ministro Valditara, specifica la funzione di promozione del merito; ovvero aiutare i meritevoli a raggiungere i più alti gradi dell’istruzione.

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