Tag: relazioni

Workaholism
Quando il lavoro diventa dipendenza

Il lavoro è un elemento che caratterizza e influenza maggiormente le nostre vite, le nostre relazioni

e la nostra salute, fisica e mentale.

Dagli anni ’90, la “famiglia” delle dipendenze si è allargata in quanto è stato inserito il Workaholism

ovverola dipendenza da lavoro; il nome nacque proprio dall’unione delle parole “work” (lavoro) e

“alcholism” (alcolismo) proprio per evidenziare la natura dipendente del disturbo.

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Incedere tra le separazioni
Nuovi luoghi per trovarsi

 Prima di mettersi in cammino si allacciano le scarpe, capita poi che lungo il tragitto ci siano dei nodi più resistenti e alcuni invece troppo lenti. Per poter continuare il viaggio spesso siamo portati a riannodare i lacci, con la speranza che almeno per quel tragitto reggano, a volte succede, a volte si slacciano nuovamente. Questi nodi metaforicamente possono considerarsi alla stregua di tutti quei legami che nel corso della vita si intessono, alcuni durano il tempo di qualche passo, altri il tempo di una maratona. Ciò che però risulta imprescindibile è il bisogno di ciascuno di noi di riannodare quei due lembi di stoffa per prevenire l’inciampo e per continuare nel nostro percorso.

 Ogni giorno ciascuno di noi si confronta con il tema della separazione che vede quei due lacci divisi, dopo un pezzo di strada insieme. Ci si separa dai genitori, dagli amici, dai partner, ma anche dai colleghi o dal cassiere al supermercato. Il terapeuta e il paziente si separano tra una seduta e l’altra, come per la pausa estiva o per la chiusura di un percorso.

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Famiglia o scuola?
Il ping pong delle responsabilità educative

Sempre di più in questo ultimo periodo, in merito a vari argomenti ed eventi di cronaca, si va palesando una divisione in schieramenti opposti: trincerate dietro questioni educative divisive, la scuola da una parte e la famiglia dall’altra, si “fanno la guerra” nelle parole di insegnanti, genitori, studiosi e tecnici.
Qualche mese fa, Giuseppe Lavenia scriveva su Repubblica un articolo che, partendo da una riflessione sul femminicidio, sollecitava i genitori a “svegliarsi” rispetto all’educazione emotiva e sentimentale delle figlie e dei figli, senza pretendere che questa sia compito soltanto della scuola.

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Il fragore della durata
Che cos’è l’eiaculazione precoce

“Il canto della durata è una poesia d’amore. (..) E questo amore ha la sua durata non in qualche atto, ma piuttosto in un prima e in un dopo, dove per il diverso senso del tempo di quando si ama, il prima era anche un dopo e il dopo anche un prima”

Che significato diamo alla parola “durata”? Peter Handke sosterrebbe che dietro a questo termine si nasconda la “sensazione di vivere”; altri, invece, si potrebbero nascondere dietro a questo tema riportando il loro disagio, la loro vergogna, la loro ansia ed il loro dolore.

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RI- Educare alla vita affettiva e sessuale
Emozioni, intimità e rispetto

Negli ultimi cinque anni ho avuto il grande privilegio di lavorare nei licei, a stretto contatto con ragazz* adolescenti e con i/le loro docenti.

Gli interventi che mi sono rimasti più in mente, sono stati quelli in cui si apriva uno scambio sulla natura delle relazioni sentimentali e in cui emergeva un gran desiderio di confrontarsi sui temi più caldi della vita adolescenziale: gli affetti, gli amori, il sesso, i vissuti di gratificazione e di imbarazzo, le prime espe­rienze e i bisogni di relazione.

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I Sette Vizi Capitali
L’Invidia

Il vizio capitale che tratteremo oggi è, probabilmente, il peccato più temuto nella storia dell’essere umano e quello più insito e negato dentro ognuno di noi. Sto parlando dell’invidia. 

Nel folklore culturale di molte popolazioni del mondo, dal passato sino ad oggi, si associa alla persona invidiosa il potere di inviare la sfortuna sul malcapitato invidiato, provocandogli il famoso “malocchio” ossia “sguardo malevolo”. L’invidia, nella mente collettiva ha il potere addirittura di deviare la sorte di un essere umano, e ovviamente, si necessita di svariati rituali tramandati di generazione per togliere il malocchio o l’invidia subita. 

Ma tutto questo, cosa ci fa pensare? 

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Confini personali e relazioni
I bisogni come guida

Riuscite a immaginare come sarebbe camminare all’interno di un’illusione ottica?

Pensate a un’ampia stanza vuota dalle pareti bianche che si trasforma in uno spazio senza confini, grazie a linee e grafiche che modificano la prospettiva e gli elementi architettonici che le ospitano.

È quello che accade nelle opere di Peter Kogler, artista viennese che combina architettura e grafica e che, ridisegnando completamente le pareti, i pavimenti e i soffitti con intricate linee ondulatorie, verticali e orizzontali, ridefinisce gli ambienti e li trasforma in luoghi illusori.

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La mentalizzazione
Un dispositivo che aiuta il corpo a pensarsi

Spesso si parla dei disturbi psicosomatici come esito di un mancato dialogo tra il corpo e la mente.  Ma cosa permette questo dialogo? E soprattutto come riesce il corpo a pensarsi?

Tale competenza sembra affondare le sue radici in un processo esordiente della nostra vita, che chiama in causa le figure primarie, il rispecchiamento.

Nel momento in cui il bambino “scopre se stesso negli occhi della madre”, questo diviene consapevole dei suoi stati emotivi, riflessi e pensati dall’Altro. In questo modo il bambino sviluppa quella capacità, denominata mentalizzazione, che consente di comprendere le intenzioni e il pensiero sottostanti il comportamento proprio e altrui. Questo costrutto sembra essere direttamente chiamato in causa nella comprensione dei segnali sprigionati dal corpo.

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It’s a match!
L’amore ai tempi dell’argoritmo

“Quando si effettua una scelta, si cambia il futuro” – Deepak Chopra

Ragazza sola al bancone del bar, il barista le porge un drink indicando uno sconosciuto, i due si sorridono, un brindisi a distanza, lo sconosciuto si avvicina, i due iniziano a conversare. Tipica scena hollywoodiana di un incontro casuale che potrebbe anche rivelarsi l’inizio di una frequentazione. Qui non siamo a Hollywood ma le cose non accadono poi diversamente… eppure negli ultimi anni qualcosa è cambiato, al di là e al di qua dell’oceano.

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Madri che uccidono: l’infanticidio in nomine matris
Psicologia forense, criminologia, natalità

Una madre darebbe la sua stessa vita per il proprio bambino”. Spesso si ascolta questa frase giudicandola così veritiera e certa che non si chiedono, a differenza di altri presunti assiomi, spiegazioni e prove in merito. Giusto così, proprio perché ciò che è naturale pare ovvio, le dimostrazioni così ricche e presenti da risultare inutili. Innumerevoli esempi nella storia, nella letteratura, nella cronaca quotidiana hanno permesso di instillare una granitica certezza: una madre può solo amare il proprio bambino e morire con lui e per lui.

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