Mese: Maggio 2016

Psicodinamica degli Amori Impossibili
Relazioni di coppia tra realtà e immaginario

“Gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre

(dal film Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek)

Gli amori impossibili sono amori rari, imperfetti, tormentati, struggenti, passionali, folli.

Sono amori indimenticabili fatti di sentimenti ambivalenti; crescono e diventano colmanti in un alternarsi di scariche di adrenalina e sofferenze. Anche chi non li ha vissuti, conosce i sentimenti che accompagnano l’esperienza di un amore impossibile: sa riconoscere l’ingiustizia come conseguenza di una scelta altrui (dell’amante o del contesto), identificarsi nella sofferenza di non poter vivere un sentimento forte e devastante e sperimentare l’illusione  di “ciò che poteva essere, ma non è stato”. In un amore impossibile possiamo sentirci vivi come mai prima e contemporaneamente fare i conti con una sempre lontana felicità,  sperimentando la sofferenza dell’irraggiungibilità di un amore sicuro (per maggiori approfondimenti si rimanda all’ articolo Reazioni patologiche e Doppi Legami – “Di relazioni ci si ammala, di relazione si guarisce”).

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L’identità sessuale
L’incontro tra emozioni, erotismo e cultura

La sessualità è l’ambito più complesso del genere umano e coinvolge dimensioni profondamente connesse con il nostro sé. Da una parte ci sono tutti gli aspetti relativi alla finalità riproduttiva ma la sessualità investe aspetti legati alla psicologia, all’erotismo, alla percezione di noi stessi e alla cultura. Il nostro vivere la sessualità quindi ci mette nella condizione di connetterci all’aspetto più insito del nostro essere che coinvolge emozioni, percezioni, sensazioni e sentimenti.

É proprio da qui che nasce il significato più profondo che noi stessi diamo al vivere la sessualità.

Ma cos’è la sessualità?
 

Esiste una definizione?

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La Diagnosi
Come dare un nome alle cose

Una volta si chiamavano matti, direbbe un vecchio. Una volta si chiamavano vivaci e capricciosi, direbbe ancora un vecchio.

E a me verrebbe da rispondere che ora si potrebbe parlare di persone affette da schizofrenia e di bambini iperattivi.

Le parole cambiano il senso delle cose, producono delle conseguenze sulle opinioni (per un approfondimento si rimanda all’articolo “Stereotipi e pregiudizi – una rosa se non si chiamasse rosa” della rivista del mese di Giugno 2015). Forse anche la parola schizofrenico incute un senso di timore e incomprensibilità, ma è lontana dall’alone di giudizio e credenze popolari che circondano invece la parola matto.

Nel vocabolario online Treccani alla voce “matto” troviamo scritto “stupido, stolto, privo di discernimento”. Ma anche “persona bizzarra, stravagante o spensieratamente allegra”.

È una definizione abbastanza vaga, che potrebbe indicare in realtà diverse tipologie di persone.

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Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Vivere nel corpo di un altro

Luca è un bambino che frequenta il secondo anno delle scuole medie del suo quartiere. Ha sempre avuto problemi nell’apprendimento e nell’affrontare le principali tappe dello sviluppo. Poco dopo il suono della campanella che segna l’inizio delle lezioni, Luca sembra mostrare strani comportamenti, non riesce a stare seduto sulla sedia, ha bisogno di alzarsi, di muoversi, non riesce a non parlare e involontariamente disturba il normale svolgimento delle lezioni. Didatticamente parlando ha delle carenze, ha difficoltà nell’apprendere concetti anche semplici e, ultimamente, sembra rifiutare qualsiasi aiuto esterno. La sua autostima peggiora ogni giorno di più. Quando i compagni o l’insegnante si rivolgono a lui sembra non ascoltare e in questo modo anche le relazioni sociali diventano difficili da gestire perché sembra non avere gli strumenti adeguati. I compiti a casa vengono affrontati con fatica e solo raramente riesce a portare a termine tutto ciò che è stato assegnato dall’insegnante.

I professori hanno notato un ulteriore comportamento bizzarro…anche quando non viene interpellato Luca parla senza sosta, ripete sempre le stesse frasi, sembra quasi che parli tanto per parlare e quando deve mostrare le sue emozioni sembra farlo senza nessuna inibizione.

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La pazza gioia
Amicizia e sanità mentale

“Ogni uomo aspira a strappare al fluire del tempo le componenti più preziose della propria effimera esistenza, a estrinsecarle e a renderle in qualche modo eterne… Nell’amicizia si realizza questo desiderio fondamentale “ (S. Kracauer).

Beatrice e Donatella non potrebbero essere più diverse. La prima millanta amicizie potenti, veste come se fosse appena tornata da un cocktail party al Rotary Club e rappresenta perfettamente quello che nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali è definito disturbo istrionico di personalità. Donatella invece è cupa, il suo corpo muscoloso e sottopeso è pieno di tatuaggi, che raccontano fin troppo del suo turbolento passato, più di quanto lei vorrebbe dire di se stessa. Per creare il suo personaggio, il regista Paolo Virzì (Ovosodo; La prima cosa bella), si è ispirato alle opere di Egon Schiele, regalando agli spettatori un ritratto femminile profondo e intenso. Queste due donne così diverse sono unite dal vivere all’interno di una comunità psichiatrica, dalla quale fuggiranno per assaporare la libertà del “manicomio a cielo aperto” del mondo dei sani. Il film “La pazza gioia” è stato presentato il 14 maggio nella sezione Quinzaine des Réalisateurs del festival di Cannes e arriverà nelle nostre sale il 17 maggio. Il film racconta il disagio mentale – aggiunge Virzì – una cosa che riguarda tutti ma che spesso si vuole tenere distante da noi per paura. Io credo che non si debba temere la pazzia, ma si debba aver paura di chi ha paura della pazzia”. Virzì racconta con poetica maestria un’amicizia profonda e fuori dalle convenzioni sociali del mondo dei cosiddetti sani di mente.

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Organizzazione Borderline di Personalità
Alla ricerca disperata di un legame d’amore

Il concetto di organizzazione borderline di personalità è ormai da tempo entrato nella quotidianità di ognuno di noi, ammaliati e affascinati da queste personalità tragiche, esplosive e costantemente straripanti. Otto Kernberg individua per la prima volta il concetto di organizzazione borderline, collocandola nel mezzo di un continuum di sviluppo mentale che vede contrapposti da un lato un’organizzazione psicotica (la più primitiva) e all’esatto opposto l’organizzazione nevrotica (la più evoluta, che struttura anche la personalità delle persone definite “sane”). All’interno dell’organizzazione borderline Kernberg vi colloca tutti i disturbi di personalità, compreso il disturbo borderline di personalità (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Disturbo Borderline di Personalità – L’arte del funambolismo“).

Senza entrare, dunque, nello specifico del disturbo borderline, l’organizzazione di personalità borderline è possibile riconoscerla proprio dalla sua tragicità nel viversi qualsiasi esperienza emotiva, vissuta come una delle esperienze più importanti della propria vita, e coinvolgendo ogni persona che lo circonda come attore di questa esperienza.

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Sensation Seeking. Sento quindi sono

“Quando mi arrampico non penso a nient’altro. Nella mia mente c’è lo spazio subito intorno a me, visualizzo il prossimo appoggio per il piede, l’appiglio che la mano deve afferrare nei secondi successivi. Lassù non esiste ieri né tantomeno domani: devi rimanere ancorato all’istante presente. Altrimenti sei spacciato!”.
 

Questo pensiero di un anonimo scalatore è rappresentativo delle esperienze flow: esperienze “fluide”, di fusione con l’attività che si sta praticando, dove non c’è spazio che per ciò su cui ci sta concentrando.

Csikszentmihalyi nel 1975 ha scoperto e descritto le esperienze flow appunto negli scalatori. La loro percezione del tempo passato si contrae al massimo ai trenta secondi precedenti e la loro pianificazione non supera i cinque minuti. Non esiste assolutamente nulla oltre all’azione che stanno ora svolgendo: tutto è chiaro e limitato all’arrampicarsi. La vita con la sua complessità in questi momenti non esiste.

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Genitorialità pretermine. Nato all’improvvisio: i vissuti traumatici delle mamme e dei papà pretermine

Una particolare attenzione nei confronti dei bambini nati prematuri infatti rientra nei doveri

di una società attenta a tutti, e in particolar modo ai più deboli.

E al contrario il convincimento di alcuni che la loro vita non debba essere soccorsa per il timore di una eventuale disabilità futura può portare verso nuove e pericolose disuguaglianze,

verso un mondo diviso fra chi è “fit” e “unfit”, adatto o inadatto ad esistere.

Nell’affrontare questo delicato tema non dobbiamo però dimenticare i genitori. A loro, in un momento di  difficoltà e ansia estreme come quello di cui parliamo, deve essere garantito tutto l’aiuto e il supporto possibile ,perché possano sentirsi sostenuti nell’accoglienza e nell’amore verso il loro bambino”.

(Manifesto dei Diritti del Bambino Nato Prematuro, Ministero della Salute)

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Disturbo Istrionico di Personalità
Una vita, un palcoscenico

Io sono un istrione a cui la scena dà la giusta dimensione (..) Io sono un istrione ed ho scelto ormai la vita che farò (..) Con il mio viso ben truccato con la maschera che ho sono enfatico e discreto versi e prosa vi dirò (..) Con tenerezza o con furore e mentre agli altri mentirò fino a che sembri verità fino a che io ci crederò.

Charles Aznavour, “Io sono un istrione” (Le Cabotin) 1971  

A primo impatto Ilaria racchiude in sé la piena essenza contenuta nel suo nome: è una donna gioiosa, ìlare, aperta, vitale. Immaginate però, che il tutto sia elevato all’ennesima potenza. Esasperato. La sua è una bellezza rara e delicata, capace di suscitare invidie anche feroci, cosa che tuttavia, evidentemente, non le basta a sostenere un Io dai risvolti così labili. Di fatti, da lì a poco mi confesserà di ricorrere periodicamente ad infiltrazioni di acido ialuronico alternate al botulino, ma “solo per ridurre le rughe d’espressione attorno agli occhi, ringiovanire lo sguardo, marcare gli zigomi, sollevare un po’ l’attaccatura delle sopracciglia e mettere in risalto quelle labbra, per lei a suo tempo fin troppo scarne”. Ci tiene a specificarmi che trattasi d’interventi di medicina estetica, non di chirurgia plastica. Mi chiedo che bisogno abbia di rendere via via sempre più artefatta una bellezza di cui Madre Natura le ha già fatto abbondante dono e nel pensarlo mi accorgo di nutrire per lei una certa tenerezza. Un giorno decide di mostrarmi alcune fra le sue ultime immagini: auto – scatti che la ritraggono in ogni dove ed in tutte le salse.

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