Lasciar andare per vivere meglio
La mania di controllo sul banco d’accusa

Avete presente cosa significa desiderare ardentemente qualcosa, attivarsi per raggiungerla con tutte le proprie forze, incontrare ostacoli non superabili e accettare quindi ciò che non si può cambiare? No? Beh, benvenut3 nel club.

In questa nostra “società della performance” (Colamedici e Cangitano, 2019) ci siamo abituat3 a trovare un modo per oltrepassare gli ostacoli, evitarli, girargli intorno, talvolta con un fare quasi da ueber-mensh (superuomini e superdonne), insomma a forzare le situazioni che non possono essere… che abbiamo dimenticato cosa significa fermarsi, realizzare che una situazione non può essere cambiata, accettarla.

La nostra mania di controllo ci ha portato a sviluppare delle soluzioni straordinariamente creative, a spingere il pedale dell’acceleratore al massimo sulle nostre capacità di problem solving, a non concepire la parola impossibile nel nostro personalissimo vocabolario. Ma questo, ha un prezzo. 

Un esempio che certamente riguarda tutt3 può essere rappresentato dal Covid che ci ha fatto mettere in discussione tutti i sistemi che prima governavano la nostra quotidianità, fermando tutto, mettendo al primo posto l’incolumità delle persone. Questo ha ovviamente avuto delle conseguenze disastrose sui nostri sistemi di consumo e produzione che si alimentano grazie al lavoro ininterrotto (e sfruttato) di macchine ed umani. Ma ci ha lanciato un messaggio grandissimo: ci si può fermare, se si deve. Io aggiungerei: se si vuole. 

Volere è potere come ci insegna la nostra società della performance. E in questo articolo Io vorrei che provassimo a mettere in discussione questo abusatissimo slogan.

Desiderare qualcosa è l’atto che più di tutti ci fa tendere all’infinito, ci fa assomigliare agli dei. Credo che il desiderio sia uno dei fattori più strettamente collegati al senso che ognuno di noi trova nella propria vita. Ciò su cui però vorrei soffermarmi non è tanto il desiderare, quanto lo “hybris” di cui noi esseri umani pecchiamo quando non ci fermiamo quando è ora di fermarsi. Hybris è un topos (tema ricorrente) della tragedia e della letteratura greca, che indica personalità estremamente orgogliose e sicure di sé, tanto da risultare arroganti, che compiono azioni ingiuste o empie, imitando gli dei, con il risultato di produrre conseguenze tragiche o catastrofiche nel prossimo futuro. 

Come ogni topos della tradizione greca, richiama esperienze comuni a molte persone e in questo caso suggerisce che forzare le cose ad andare contro il loro corso è foriero di sventure. 

Applicandolo alla nostra vita quotidiana, forse l’apprendimento che possiamo trarne è che a volte, davanti ad ostacoli che risultano insormontabili, vale la pena prendere in considerazione l’opzione di lasciare andare, che in un’ottica più ampia significa accettare che quel qualcosa che noi stiamo desiderando così ardentemente e che ci sta richiedendo un grande sforzo, forse non è per noi. Lasciare andare significa accettare, lasciar fluire le cose perché facciano il loro corso, senza interferire onnipotentemente.

Accettare non significa però rassegnarsi, né tantomeno dover sopportare ogni cosa passivamente. Tutt’altro: accettare significa comprendere che ciò su cui ci stiamo fissando, non rientra nell’orizzonte del possibile e pertanto ci succhierà moltissime energie, per poi, ormai prosciugat3, costringerci ad accettare ciò che non può essere. Tanto vale migliorare il nostro tempismo nel meccanismo di accettazione.

Ma perché è così difficile accettare?

Come detto sopra, la nostra società della performance ama le sfide, il problem solving, rendere possibile l’impossibile, insomma: sfidare gli dei, come sostenevano i greci.

L’essere umano per sua natura rifugge l’ignoto foriero d’angoscia, cercando sempre di controllare i piccoli frammenti che compongono la nostra realtà.

La realtà (fortunatamente) ci insegna che è im-possibile controllarla. E forse questo è l’aspetto che può essere guardato con altri occhi.

Avere tutto ciò che desideriamo ci apre ad una vita totalmente controllata, prevedibile… A lungo andare, noiosa. Accettare di non poter controllare, accettare e lasciare andare, apre ad un altro filone: quello del mistero e della meraviglia.

I saggi popolari dicevano che quando si chiude una porta si apre un portone. Io credo che quando ci concediamo di lasciarci meravigliare, la meraviglia arriva nelle nostre vite.

Vi ho convint3? Siamo pront3 a lasciare spazio per l’im-previsto?

Dott.a Giulia Radi

Psicologa Psicoterapeuta a Perugia e Roma

mail. giulia.radi@hotmail.it – tel. 349.5887485

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