“A volte un sigaro è solo un sigaro, ma qualche volta è qualcos’altro” 

affermava Sigmund Freud, padre della psicoanalisi.



Questa espressione permise a Freud di sottolineare come, talvolta, un oggetto reale rappresenti il simbolo di vissuti interni e dinamiche inconsce.

In realtà, il sigaro era per Sigmund un piacevole vizio che lo accompagnava nella vita di tutti i giorni e da cui traeva, secondo necessità, sicurezza e serenità per affrontare dubbi ed incertezze sullo studio della psiche, non solo nell’ambiente accademico e clinico, ma anche nella vita quotidiana.

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IL SIGARO DI FREUD nasce dall’idea di un gruppo di psicologi, di accompagnare i lettori verso una genuina conoscenza della psicologia, raccontando, con onestà intellettuale ed un linguaggio fruibile, spaccati di vita quotidiana, facendo chiarezza su alcuni temi ambigui, sollevando sempre una riflessione critica sul lettore interessato e attento.

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Moda e salute. Quando l’estetica si fa pericolosa

di Anastasia Giangrande

Sentirsi a disagio con un abito o mettere a rischio la propria salute non dovrebbe essere considerato una “moda”. Il clamore riguardo all’abito corsetto di Schiaparelli indossato da Dua Lipa ai Golden Globes, che non le permetteva di sedersi correttamente o di stare comoda durante la cerimonia, o quello di Versace indossato da Anne Hathaway durante l’ultima fashion week, fa riflettere sul lato oscuro della moda, che dall’epoca vittoriana ancora non cenna ad andarsene. 

CORSETTI E ARSENICO

In passato le donne indossavano il corsetto per l’intera giornata al fine di modellare la loro figura. Gli effetti di questa pratica giornaliera potevano essere mortali, in quanto il corpetto premeva il fegato contro le costole e spingeva verso il basso l’intestino, danneggiando anche gli altri organi. Inoltre impediva ai polmoni di ricevere sufficiente ossigeno, predisponendo le donne a contrarre malattie respiratorie. 

CI sono stati addirittura casi di donne con costole rotte a causa del corsetto vittoriano.

Un’altra delle “mode” più letali è stata quella dell’arsenico. C’era l’idea che avere la pelle pallida e trasparente fosse sinonimo di aristocrazia, a differenza di una carnagione più scura o abbronzata, che rivelava l’appartenenza a una classe lavoratrice costretta a lavorare all’aperto per guadagnarsi da vivere. La soluzione per indossare questa tendenza fu l’arsenico. La credenza diffusa era che questo metalloide, estremamente tossico e cancerogeno, rendesse la pelle più luminosa e bianca. Così molte donne cominciarono ad utilizzarlo in lozioni e saponi, senza sapere che questa pratica di skincare le stava uccidendo lentamente

TAGLIA ZERO E VITA BASSA

Ancora oggi la moda impone trend che fanno male al corpo e alla mente. Moda per il malessere, non per il benessere. Oltre ai diktat limitanti continuamente comunicati, ci sono mode che destrutturano il corpo e provocano disfunzioni come dismorfismo corporeo e possono condurre allo sviluppo di DCA

Una di queste è la low whist, la vita bassa. Pantaloni e gonne a vita bassa sono progettati per poggiare più in basso sui fianchi piuttosto che alla vita. Usarla di frequente abbassa la linea dei fianchi; a lungo andare può segnare una linea marcata tra fianchi e coscia creando un effetto fianchi a palloncino. Altera così la conformazione corporea e la percezione che abbiamo del nostro fisico.

Ha effetti sulla postura e può causare una condizione descritta sul Canadian Medical Association Journal definita meralgia parestetica, caratterizzata da intorpidimento o formicolio alle cosce pizzicando un nervo situato nell’area. Se non trattato l’intorpidimento può diventare permanente

Per potersi “permettere” di indossare la vita bassa (avere ventre piatto e fianchi asciutti) molte persone si costringono a regimi alimentari estremi fino allo sviluppo di dismorfismo e dca.

I brand più potenti, come Miu Miu che ha rilanciato ultimamente questo trend,  hanno una responsabilità nel veicolare le mode e dovrebbero usare nelle loro collezioni capi studiati per aumentare il benessere delle persone non per danneggiarle.  

A prescindere dai trend, ricordiamosempre di usare la moda per il nostro benessere, per vederci, comprenderai, prendere forma, relazionarci con l’esterno. L’abbigliamento può essere un grande alleato per il nostro benessere non solo estetico ma anche mentale; anche qui dobbiamo imparare a discernere cosa è buono per noi e cosa non lo è affatto.

Il desiderio sessuale femminile. Complessità e unicità

di Chiara Moriglia

Il desiderio sessuale femminile è stato spesso poco considerato, oscurato dalle ombre di una cultura fallocentrica che, retorica a parte, ha sempre dominato la nostra società. 

Tra le righe ci sono ovviamente i rigurgiti più o meno espliciti di un patriarcato che non tende a smussare la sua influenza, specialmente in questo aspetto della vita degli esseri umani; tradotto (perdonate la banalità ma io mi limito a citare il suddetto patriarcato) “non ce ne frega un cazzo se provi piacere o meno l’importante è che riesci a darlo, o che comunque i pargoletti/e in qualche modo li sforni”.

Questo aspetto è tangibile nei porno: come si concludono la maggior parte di questi video più o meno main stream? Esatto, avete indovinato, il sipario cala sempre dopo una degna, fantastica, stellare, interpretazione di una eiaculazione maschile (ritradotto: era comunque questa la degna fine, lo scopo, il momento centrale di tutto questo sbattimento).

La Cenerentola del piacere

Ma torniamo a noi, alla Cenerentola del piacere sessuale, quello femminile. Malgrado la cultura maschilista, eterocisnormata, figlia del patriarcato, abbia detronizzato il piacere femminile, questo è sempre stato al centro di scenari sociali, politici e culturali. Inoltre, la risposta sessuale femminile, e più specificatamente la fase dell’eccitazione, nonché del desiderio sessuale, è estremamente complessa e soggetta a numerose variabili, esse stesse non riconducibili ad assetti predeterminati.

Infatti, come avevano già dimostrato i pionieri del sesso Masters e Johnson nel 1966  (Human Sexual Response), le diverse fasi della risposta sessuale, ovvero eccitazione, plateau, orgasmo e risoluzione nelle donne non seguono quasi mai un pattern fisso, come accade invece negli uomini, ma possono avere infinite risoluzioni. Questa complessità è riscontrabile nella fase stessa del desiderio sessuale (che come nella maggior parte delle pubblicazioni scientifiche a riguardo, userò come termine ombrello, includendo anche l’arousal e quindi l’eccitazione stessa).

Infatti recenti studi (Kiesner, 2022 e Kiesner 2023) si sono soffermati sulle variazioni del desiderio sessuale femminile sia in relazione al ciclo mestruale sia in relazione ai cambiamenti dello spettro umorale facendo riferimento, in particolar modo, ad Ansia e Depressione.

Dal primo studio, che prendeva in considerazione le variazioni del desiderio sessuale in relazione a due cicli completi, è emersa una grande differenza individuale rispetto alle variazioni del desiderio sessuale; infatti in alcune partecipanti il desiderio tendeva ad aumentare nel periodo iniziale o finale del ciclo, in altre nella fase intermedia mentre alcune non hanno riportato variazioni. 

Il dato interessante è che queste variazioni, qualora riscontrate, sono state ascritte ai cambiamenti psicologici e non a quelli fisiologici relativi al ciclo mestruale.

Come cambia il desiderio femminile

Quindi non poteva mancare un ulteriore approfondimento che parte da una questione di fondo: come cambia il desiderio sessuale femminile in relazione ai cambiamenti umorali e specificatamente in relazione ad un eventuale incremento di sintomatologia afferente allo spettro ansioso e depressivo?

I risultati dello studio non fanno che conferire ancora di più complessità alla questione desiderio sessuale femminile che, a dispetto della lettura semplicistica e se vogliamo oscurantista fatta dal patriarcato, si presenta già di per sé con un’aurea tutt’altro che semplice.  

Infatti dai risultati, in linea con la letteratura presente in materia, emerge in maniera contro intuitiva,  che il desiderio sessuale potrebbe sia diminuire ma anche aumentare rispetto ad un aumento sia di una sintomatologia ansiosa che depressiva. La spiegazione di questo risiede nell’ accezione della sintomatologia stessa per la persona; infatti l’abbassamento umorale potrebbe afferire sia a tematiche lavorative (ed ecco l’aumento del desiderio) sia a tematiche affettive/ relazionali  (ed ecco l’abbassamento del desiderio). 

Inoltre, come suggerito dai citati studi, e questo a mio avviso ha una valenza clinica molto importante, l’aumento del desiderio e quindi la  probabile maggior frequenza di atti sessuali, potrebbe essere intesa come una strategia di coping per fronteggiare la situazione dolorosa che la persona sta vivendo (cfr. un anestetizzante, un calmante).

Quindi da un punto di vista clinico è utile considerare sempre le molteplici  variabili che gravitano intorno a questo aspetto e soprattutto considerarle alla luce della intersoggettività e delle singole storie personali.

E da qui, al di là della valenza clinica, è ancora forse più legittimato un invito, quasi un richiamo ad esplorarci sempre, proprio in virtù dei nostri cambiamenti fisiologici, corporali e umorali e a diventare sempre più consapevoli delle nostre evoluzioni.

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