Mese: Maggio 2024

Autodeterminazione e affermazione di sé
Disabilità ed anticipazione dei bisogni

Nella maggior parte dei casi, un’anticipazione dei bisogni prolungata nel tempo, da cui discende
una fallita separazione e l’impossibilità di stabilire confini, porta a un mancato riconoscimento del
proprio sé come unico, ad una sfiducia in sé stessi, alla difficoltà di discernimento dei propri stati
interni e ad un inefficace capacità e facoltà di attingere alle proprie risorse nei momenti di difficoltà.
Questo quadro è molto frequente nell’ambito della riabilitazione psichiatrica e della disabilità adulta
dove si riscontra un’utenza anticipata nei bisogni che non è mai riuscita a separarsi completamente,
a percepire i propri confini, i confini degli altri ed il proprio Sé come unico.
I genitori di figli con disabilità hanno la naturale tendenza all’anticipazione dei bisogni,
all’iperprotezione, alla fusione genitore-figlio e alla distorsione dei ruoli genitoriali ed è alla luce di
queste considerazione che l’operatore nell’ambito della riabilitazione deve essere in grado di
lasciare spazio di movimento, pensiero e azione all’utenza che così avrà la possibilità di sviluppare
abilità potenziali, riconoscere i propri bisogni, separarsi, affermarsi, confinarsi, percepirsi
all’interno di un contesto che contiene e che permette di sperimentarsi e sperimentare la possibilità
di fare da sé con il sostegno di una figura che lavora per il raggiungimento dell’autodeterminazione.
In conclusione, nei percorsi riabilitativi e/o terapeutici, è doveroso che psicoterapeuta e paziente
indaghino e riconoscano tutti quei meccanismi stereotipati e disfunzionali che ostacolano la
percezione di Sé, dei propri bisogni e del proprio sentito al fine di ricalibrarli e consentire la
progressione verso la consapevolezza, la scoperta di Sé e il soddisfacimento di tutti i livelli della
gerarchia dei bisogni. Si lavora al fine di interrompere tutti quei meccanismi che allontanano gli
individui dal compimento di scelte proprie e dalla possibilità di autodeterminarsi così da
raggiungere una struttura della personalità solida ed in linea con i bisogni sentiti.

Abraham Maslow nella sua opera Teoria della motivazione umana ha formulato una teoria
psicologica secondo cui i bisogni sono organizzati in modo gerarchico, da quelli più semplici ed
elementari a quelli più complessi e sofisticati. In particolare, egli ha proposto una gerarchia dei
bisogni in base alla quale le esigenze relative ad ogni livello gerarchico devono essere soddisfatte
prima che sia raggiunto il gradino successivo. Allo stadio più basso della gerarchia figurano i
bisogni fisiologici, successivamente entrano in gioco quelli di sicurezza, appartenenza, stima ed
infine, al livello superiore della scala, compare il bisogno di autorealizzazione che si esplica nella
necessità di concretizzazione del proprio potenziale per il raggiungimento di obiettivi significativi
interni ed esterni. Dunque, è possibile affermare che al centro della teoria di Maslow, come alla
base del lavoro riabilitativo e clinico, si trova il bisogno dell’individuo di realizzare il proprio
potenziale per autodeterminarsi.


L’autodeterminazione, perseguita nel lavoro riabilitativo e nella pratica clinica, è la capacità
dell’essere umano di scegliere liberamente per sé stesso attraverso l’acquisizione di una profonda
coscienza di sé, dei propri valori, delle proprie inclinazioni, dei propri limiti e delle proprie risorse.
Nella pratica clinica e soprattutto nel lavoro riabilitativo con la disabilità si riscontra
frequentemente una difficoltà nella percezione di sé e dei propri bisogni che impedisce
l’autodeterminazione e di conseguenza una soddisfacente ed ottimale qualità della vita.
Le difficoltà sopracitate, nel campo della disabilità, si evidenziano sia per le difficoltà cognitive che
i soggetti possono presentare sia per una modalità di accudimento genitoriale basata
sull’anticipazione dei bisogni.

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Guerre nel Mondo
Quali sono le Istituzioni che possono intervenire?

Negli ultimi mesi la tragica situazione in Palestina, costantemente sotto l’attacco israeliano, ma ancora prima la guerra tra Russia ed Ucraina, ci hanno messo di fronte a dichiarazioni, provvedimenti ed interventi di diversi organi internazionali.

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Il corpo, tra simbolo e parola

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Egon Schiele, pittore austriaco vissuto agli inizi del Novecento, racconta la poetica sottesa alle proprie opere attraverso la rappresentazione del corpo; dipinto come torbido, caotico, espressione di desiderio e di caducità della vita. Attraverso forme scomposte e incerte descrive il movimento dinamico di un corpo, contenitore di un’interiorità tormentata, la cui unica pretesa risulta essere l’esistere. Un’ esistenza senza spazio e senza tempo, le ambientazioni sfumano, l’età dei soggetti appare secondaria. Il corpo in questo senso sembra essere il veicolo di qualcosa di inespresso, che trova difficilmente rivelazione mediante la parola.  Ciò però non lo rende privo del significato più profondo che custodisce; nel coacervo di emozioni e sensazioni, che tali raffigurazioni suggestionano nello spettatore, domina il senso di ineffabilità circa un nucleo emotivo magmatico. La rappresentazione del corpo in tale paradigma artistico, può rimandare a quello che nel campo psicologico risulta essere un corpo trascurato all’interno delle relazioni primarie e che si fa, per questo, emblema di tutte le sue contraddizioni affettive.

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