In psicologia l’emozione è definita come un stato complesso di sentimenti che si traducono in reazioni fisiche e psicologiche che, a loro volta, influiscono su pensiero e comportamento.
Il termine “emozione” deriva dal latino “emovère” ossia “muovere fuori, smuovere”.
Metti un viaggio tra amic* che si conoscono poco, fra conoscenti o sconosciut* riunit* da un affetto o da una passione comune. Proponi di creare insieme prima della partenza una playlist, una colonna sonora del viaggio, utilizzando un App come Spotify, attraverso cui ognun* possa offrire un contributo, condividere i propri gusti e parti di sé col gruppo. E osserva cosa succede.
“Sai mantenere un segreto? Sto organizzando un’evasione da un carcere. Mi serve, diciamo, un complice. Prima dobbiamo andarcene da questo bar, poi dall’albergo, dalla città e infine dal paese. Ci stai o non ci stai?” (Lost in Translation
“E come se stessi leggendo un libro… è un libro che amo con tutta me stessa, ma lo leggo lentamente ora, le parole sono distanti tra loro gli spazi tra le parole sono quasi infiniti. Riesco ancora a sentire te e le parole della nostra storia, ma è in questo spazio infinito tra le parole che sto trovando me stessa ora. È un posto che non appartiene al mondo fisico, dove ci sono cose che neanche sapevo esistessero. Ti amo tantissimo. Ma ora sono qui, e ora sono questa, e devi lasciarmi andare, per quanto io lo voglia, non posso più vivere nel tuo libro.”
Questo discorso è tratto dal film Her di Spike Jonze del 2013. A parlare è Samantha, intelligenza artificiale, di cui si innamora il protagonista Theodore. Nel film queste parole coincidono con un addio, ma non è questo l’aspetto, in fin dei conti non determinante, sul quale vorrei soffermarmi. La vera forza di queste parole sta nella consapevolezza che Samantha acquisisce di se stessa, lo scoprire un proprio nuovo modo di essere, di desiderare. Si riconosce come una “persona” nuova, con caratteristiche diverse emerse durante e grazie la relazione, non conosciute fin dall’inizio. Questo, inequivocabilmente, genera una crisi, una frattura, un’inevitabile frustrazione che per essere accolta, generando un cambiamento, ha bisogno di essere lasciata andare. Questo è il punto che più mi piace del discorso: lasciare andare la frustrazione.
L’immaginario comune associato alla rabbia è ricco di significati negativi. Quest’emozione viene spesso collegata alla sua espressione comportamentale più diffusa o che in generale desta più scalpore, assumendo le forme dell’aggressione e della violenza. Quando la rabbia prende queste forme “perdiamo la testa”, agiamo in maniera istintiva, e sollecitiamo una parte di noi più viscerale, avvicinandoci nelle sembianze e nei comportamenti al mondo animale. Prima di essere rappresentata con l’omino rosso col fumo che esce dalle orecchie del film d’animazione “Inside out” della Pixar, nei convegni e nei training sulle emozioni la rabbia veniva rappresentata con la celebre foto dell’uomo che spalanca le fauci assomigliando al leone che aggredisce la preda. Infatti la rabbia è un’emozione che ci prepara all’attacco, per difendere il proprio territorio (ad esempio, la nostra autostima), perché ci sentiamo minacciati, o ancora perché i nostri bisogni sono stati frustrati. Si potrebbe quindi dire che rabbia è un’emozione che ci porta all’autotutela.
Le emozioni sono processi costanti e vigili di risposta immediata, percepibili tramite il sentire e riconoscibili in espressioni e comportamenti. Sono la conseguenza di meccanismi a dotazione biologica, ciclici e molto rapidi che si attivano quando un individuo entra in contatto con una situazione rilevante. Dalla prima risposta sensoriale, si susseguono un insieme di rapidi processi emotivi il cui risultato consiste in modificazioni a livello fisiologico, dell’esperienza soggettiva e del comportamento.
È un sabato sera con amici; sei casual ed elegante perché la serata lo permette. Ti senti in gran forma, bevi, mangi, ridi, scherzi.. fin quando ti sbilanci un po’ troppo dalla sedia su cui ti stai dondolando in quel pub alla moda e così pieno di gente.. perdi l’ equilibrio e in un attimo ti ritrovi a terra con gli occhi dei tuoi amici e di tutto il locale puntati addosso e il brusio di qualche risatina.
Possiamo immaginare di trovarci in una simile situazione e percepire una pervadente sensazione di imbarazzo accompagnata dal desiderio di diventare invisibile.. “Come ho fatto ad essere così scemo? Cosa penseranno ora gli altri (di negativo) su di me? Come ne esco da questo imbarazzo?”, sono le possibili domande che prenderebbero forma in noi in tale situazione, in maniera consapevole o meno.
L’imbarazzo è un’esperienza comune e, come vedremo, anche molto positiva a livello sociale, ma può presentarsi come più o meno faticosa da gestire in base ai differenti tratti di personalità che ci caratterizzano.
Le principali abilità emotive necessarie per interagire e relazionarsi socialmente sono tre: il riconoscimento, l’espressione e la regolazione delle emozioni.
Il riconoscimento delle emozioni, indica la capacità di etichettare e attribuire ad altri il vissuto di sensazioni emotive; esprimere un’emozione permette, invece, di trasmette un messaggio emotivo proprio in una modalità socialmente condivisa e accettabile (Si rimanda all’articolo Alessitimia- quando il corpo mette in scena le emozioni della rivista del mese di Dicembre 2014, per chi fosse interessato alle difficoltà associate a tali competenze).
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