La Proiezione. Quando l’altro rappresenta se stessi

Immaginiamo di avere in mano un diamante dalle mille sfaccettature e di farlo girare sotto i raggi del sole. Potremo subito notare i colori diversi che esso riflette e che si posano sugli oggetti circostanti… 

Ma ora proviamo ad immaginare che quel diamante rappresenti la nostra personalità, le parti di noi stessi più profonde, nascoste e che i colori che si impressionano su un muro, ad esempio, siano espressioni di queste parti di noi. 

Spesso però non conosciamo quelle nostre sfaccettature e dunque non riconosciamo  quei colori come provenienti da noi stessi.

Bene, quelle parti, quelle luci, saranno visibili ai nostri occhi tramite coloro che incontriamo, gli “oggetti” intorno a noi. A volte proiettiamo sugli altri le nostre luci colorate e piacevoli, ma spesso, tramite questo meccanismo inconscio chiamato proprio proiezione, mettiamo sull’altro quelle parti di noi che

rifiutiamo o che non vogliamo riconoscere perché troppo difficili da accettare. In questo modo, ci sbarazziamo momentaneamente di quel sentimento, quell’emozione o quella caratteristica e la attribuiamo all’altro.

Tramite il meccanismo della proiezione possiamo trasferire molti contenuti psichici in maniera involontaria, inconsapevole ed immediata.

Grazie a questo meccanismo difensivo ci liberiamo di quelle parti inaccettabili trasferendole su un altra persona e ciò ci permette di credere che quelle qualità appartengano realmente ad altre persone proteggendo così, l’immagine che noi abbiamo di noi stessi ed evitando di guardarci dentro. 

E così, possiamo vedere nell’oggetto, in una persona, qualcosa che non c’è, o  che c’è solo in piccola parte. In alcuni casi infatti è possibile che nell’oggetto su cui si posa la proiezione non ci sia nessun elemento che abbia a che fare con la proiezione stessa.

Tuttavia bisogna tenere a mente che  non sono soltanto le qualità negative di una persona ad essere proiettate all’esterno in questo modo, ma anche quelle positive. Ad esempio pensiamo a situazioni come un innamoramento o a ciò che può accadere nella relazione genitore/figlio… (Per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo “Proiezioni narcisistiche dei genitori sui figli. Dillo con parole mie” ).

Dunque si rende perfettamente credibile quel detto che dice che ciò che vediamo negli altri è ciò che noi stessi siamo.

Ma come ci accorgiamo che stiamo mettendo in atto una proiezione?

Possiamo riconoscere aspetti negativi nelle altre persone, ma non sempre questo vuol dire che stiamo proiettando. In effetti il campanello d’allarme si accende quando questi aspetti ci provocano sentimenti forti di repulsione. Ad esempio, è possibile che, quando sentiamo che qualcosa ci sta turbando, stiamo proiettando delle parti di noi stessi e dunque che quel sentimento negativo sia derivi da una non accettazione di parti di sé. 

È come essere allo specchio e vedere qualcosa di brutto che ci appartiene: nella proiezione, razionalmente lo attribuiamo all’altro, ma l’emozione profonda è connessa ad una consapevolezza inconscia che quelle sono parti di sé da cui proteggersi.

Tutti noi facciamo esperienza di questo straordinario meccanismo di difesa, può manifestarsi anche durante la visione di un film ad esempio. In questo modo possiamo attribuire ai personaggi qualità, emozioni e sentimenti che non sempre vengono condivisi dagli altri spettatori. Si spostano così sul personaggio, parti di sé, caratteristiche o desideri che in generale vengono rifiutati e che dunque difficilmente vengono riconosciuti come propri.

Nei primi anni di vita, durante la prima infanzia, il meccanismo di difesa della proiezione  svolge un ruolo fondamentale in quanto tramite esso il bambino può attribuire ad altre persone, ad animali ma anche ad oggetti, i sentimenti, le emozioni e le reazioni che egli stesso prova ma che non riesce a percepirli come propri. 

Anche in età adulta le persone fanno spesso ricorso alla proiezione come mezzo difensivo, il rischio però è quello di avere una percezione della realtà completamente distorta dal gioco delle proiezioni e la capacità di prendere in esame la realtà circostante risulta indebolita.

Probabilmente, se diventassimo sempre più capaci di guardarci dentro, un pò per volta, con il coraggio di affrontare anche quelle parti di noi che proprio non vorremmo vedere, allora potremmo godere di una realtà più limpida, alleggerita dalle nostre proiezioni. 

Forse non riusciremo mai a conoscere tutte le sfaccettature da cui è composto il nostro “diamante”, ma guardare meglio dentro noi stessi, sicuramente, ci permetterà di conoscere nuove sfaccettature e di cominciare ad accettare quelle che temiamo di più.

Per approfondire: 

McWilliams, N., Schimmenti, A., & Caretti, V. (2012). La diagnosi psicoanalitica. Astrolabio  

Thomas H. Ogden. La identificazione proiettiva e la tecnica psicoterapeutica. Astrolabio

Dott.ssa Emanuela Sonsini

Riceve su appuntamento a Chieti

(+39) 3703389579

emanuela.sonsini@gmail.com

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