Pronto soccorso psicologico. Defusing e Debriefing

“Sai un giorno, mentre soccorrevo una bambina, l ho associata a mia nipote, e questo mi ha limitato, quasi bloccato nelle procedure da mettere in pratica”. Questa frase mi è stata riferita da un medico, dopo che avevo fatto un intervento sulla gestione delle emergenze durante un convegno. Mi ha colpita molto perché in maniera sottile c’è stato il riconoscimento della componente emotiva, che spesso dai medici viene separata dall’aspetto prettamente corporeo. Le emozioni hanno influito, seppur in maniera silenziosa, sull’azione e quindi sull’intervento di questo medico. “Hai trovato uno spazio congruo per rielaborare o quanto meno per dare un significato a tutto questo?”, ho domandato al medico. Mi ha risposto che no, non c’è stata una finestra spazio-temporale per poter rimettere insieme i pezzi dell’evento, seppure il suo livello di consapevolezza rispetto a questo si è rivelato piuttosto elevato, riuscendo a gestire il post-emergenza anche da un punto di vista psicologico. Purtroppo ciò che è accaduto al giovane medico è molto frequente: dopo situazioni di emergenza in cui il medico deve fare i conti con catastrofi naturali o uccisioni non ci sono spazi in cui ci si prenda cura del vissuto emotivo, superstite ferito e malandato. Questo è importante sia per le vittime dell’evento in questione ma anche per i soccorritori stessi, anch’essi portatori e sperimentatori di vissuti emotivi.

Debriefing, Defusing, Psicologia dell'emergenza, soccorso psicologico

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“Questo articolo è troppo lungo”
Il problema della complessità

 

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Questo articolo nasce da una riflessione, a sua volta scaturita dalla lettura del commento di un utente del sito a un altro articolo che ho pubblicato precedentemente. Questo veniva definito interessante, ma, “come al solito”, troppo lungo.

Il commento mi ha portato a riflettere su una questione non di poco conto: la complessità. Cosa si intende per complessità?

approfondimento, complessità, noia

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L’origine dell’arte dalle pitture rupestri di Lascaux a oggi

image courtesy of www.lascaux.fr

“Gli uomini di Cro-Magnon che quindicimila anni fa dipingevano le grotte di Altamira e di Lascaux siamo noi, e uno sguardo all’incredibile ricchezza e bellezza di quest’opera ci convince, nel modo più istintivo e viscerale, che Picasso non aveva un vantaggio, quanto a raffinatezza mentale, su quegli antenati con cervelli identici ai nostri.”

arte, Lascaux, pittura, preistoria

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Pet therapy. Terapia a quattro zampe

Sempre più spesso nell’ambito degli interventi psicologici si sente parlare di Pet Therapy. Ma cosa s’intende effettivamente quando si utilizza questo termine? La Pet Therapyè un intervento, frequentemente utilizzato all’interno di un progetto terapeutico più ampio, caratterizzato dalla presenza di un terapeuta, di un animale con un suo conduttore e di un paziente. Spesso si prediligono i cani, ma anche altri animali vengono scelti in quest’ambito, come per esempio i cavalli. 

La nascita di questo tipo di intervento si fa risalire agli anni ’50, quando lo psicoterapeuta Levinson ebbe modo di osservare casualmente che la presenza di un animale domestico in stanza di terapia poteva avere degli effetti positivi sul lavoro terapeutico. Più nello specifico, Levinson raccontò di avere in cura da tempo un bambino con autismo che presentava particolari resistenze al lavoro e che un giorno il piccolo s’imbatté nel suo cane. Quest’incontro si rivelò prezioso: non solo il suo paziente iniziò a venire più volentieri in terapia, ma la presenza del cane durante le sedute migliorò l’andamento della terapia stessa. Levinson introdusse così l’idea che l’animale poteva avere una funzione di co-terapeuta, riconoscendogli un ruolo particolarmente importante. 

Negli anni, diversi studiosi hanno cercato di dare una spiegazione agli effetti benèfici che si possono osservare in alcuni casi in seguito a un percorso di Pet Therapy: la relazioneche s’instaura tra il paziente e l’animale sembra essere la variabile vincente. Dietro la parola relazione si nasconde un mondo, nel senso che questo termine va inteso come la possibilità che ha il paziente di conoscere e di esplorare parti di sé con l’altro in modo unico, in quanto ogni relazione è a sé, anche quella con un amico a quattro zampe! 

La presenza stabile dell’animale per il paziente può restituire un senso di sicurezza e di contenimento emotivo utile per la formazione dell’alleanza terapeutica inizialmente e in seguito per il sostegno nell’esplorazione delle aree più fragili del sé. Nella relazione con un animale si scoprono anche i vissuti legati all’accudimento e quindi si stimola la capacità di comprendere le esigenze dell’altro e l’empatia. Donare calore all’altro può restituire un senso positivo di sé e abbassare il vissuto di stati ansiosi e depressivi. Anche il gioco è una dimensione della relazione con l’animale che spesso si esplora. In particolare con i cani vi è la possibilità di stabilire insieme delle regole e di giocare muovendosi nello spazio e stimolando complessi processi cognitivi e creativi. 

Inoltre, con i pazienti più piccoli s’innesca spesso un meccanismo di identificazione con l’animale che permette al bambino di parlare di alcuni vissuti attraverso la figura del cane, utilizzando anche delle favole. Questo meccanismo è di enorme importanza in quanto in alcuni casi per il bambino è importante riuscire a mettere in campo il proprio vissuto e a simbolizzarlo. 

Più in generale, la fisicità caratterizzante la relazione con un animale riporta a una dimensione fondamentale del rapporto, quella del contatto e del calore a partire dal corpo che ha un linguaggio unico per ogni specie animale, ma che nella cerchia dei mammiferi ha degli aspetti comuni tra tutti gli esemplari. La possibilità di stare con un mammifero di un’altra specie spinge a riscoprire il linguaggio non verbale e quindi a stare in contatto con le proprie emozioni. La possibilità di stare con l’altro senza l’utilizzo del linguaggio verbale può avere un potenziale enorme slegando il soggetto da sovrastrutture legate alla parola in grado di innescare velocemente stati difensivi. 

Stare con l’altro è l’evento più naturale e complesso del mondo e la relazione è lo strumento più potente che abbiamo per rivoluzionare chi siamo. In questo senso gli animali sanno cambiare le nostre vite. 

Dott. Clarissa Cavallina

Riceve su appuntamento a  Roma

+39 333 2492898

Per approfondire

CIRULLI, F. Animali terapeuti: Manuale introduttivo agli Interventi Assistiti con gli Animali. Carocci Editore, Roma, 2013

Vedere la musica. Kandinskij e la sinestesia

image courtesy of www.artnoise.it

“Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita.”

Vasilij Vasil’evič Kandinskij descrisse con queste parole il fenomeno che gli ha permesso di tradurre la musica in colori. Per alcuni studiosi dell’arte la sinestesia di Kandinskij era soltanto una particolare sensibilità di spirito, una peculiare capacità che gli consentiva, il giorno dopo aver assistito al concerto di Arnold Schönberg a Monaco, di dipingerlo. Riconosciuto come il padre dell’arte astratta, autore del fondamentale volume “Lo spirituale nell’arte” pubblicato nel 1912, in cui presagiva, alla stregua di un profeta laico, che l’arte veicola contenuti spirituali, e che ciò avrebbe portato a prescindere dalla raffigurazione.

Kandinskij, musica, sinestesia

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La psicologia del male. da Mindhunter a Manhunt

Mindhunter 2017 – Denver and Delilah, Jen X Productions, Panic Pictures / No. 13, Netflix. Image courtesy of Netflix

Il filone dello “psychological thriller” cinematografico è in auge da decenni, e può trovare un suo capostipite in Alfred Hitchcock, e i suoi ritratti, più o meno disturbati, del “male” nascosto nella mente di personaggi apparentemente irreprensibili come Marnie, una algida e sfuggente segretaria che in realtà è una ladra compulsiva a causa di un trauma subito da bambina; o come Norman Bates, apparentemente innocuo e insignificante gestore di un motel fatiscente di proprietà della madre, in uno svincolo autostradale ormai deviato, che in realtà è un omicida seriale, il quale ha cominciato la sua attività criminale proprio avvelenando la madre e il suo nuovo compagno.

male, psicologia, serie, tv

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Psicologia in Musica
Destinazione Paradiso di Gianluca Grignani

“Destinazione Paradiso” è la lettera di un dolore struggente, il dolore della perdita improvvisa di una compagna e dei sogni condivisi insieme. Racconta dell’insostenibile sofferenza di chi rimane in vita, di un vuoto doloroso, dei pensieri ricchi di solitudine e della fatica di vivere, continuare a vivere in assenza dell’altro. Le parole, la musica e l’interpretazione permettono di entrare in risonanza con il comune senso di disorientamento e confusione conseguente la morte di una persona cara.  C’è rabbia, disperazione, solitudine e senso di colpa nella progettazione di un viaggio oltre la vita per riconquistare un amore volato via troppo presto.

In questo girotondo d’anime

chi si volta è perso e resta qua

lo so per certo amico

mi son voltato anch’io

e per raggiungerti ho dovuto correre

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Arteterapia. Portare equilibrio nelle dissonanze psichiche

“L’arte crea una zona di vita simbolica che permette di trascendere il conflitto e di creare ordine nel caos, e infine, di dare piacere.” Edith Kramer scrisse queste parole nel 1971, ed è al suo lavoro e a quello di Margareth Naumburg che si deve la definizione teorica dell’arteterapia come metodo clinico psicologico. Secondo queste autrici i sentimenti inconsci di un individuo possono essere riconosciuti più facilmente in un immagine, che non nelle parole. In queste immagini vengono proiettate emozioni, vissuti, conflitti. Queste immagini quindi, alla stregua di materiale onirico, possono essere analizzate attraverso la cornice teorica della psicoanalisi o della psicoterapia dinamicamente orientata. Come l’interpretazione del sogno in psicoanalisi, lo svelamento dei significati inconsci rappresentati nell’opera artistica vengono esplicitati e resi quindi comprensibili a chi li ha prodotti, grazie alla comunicazione verbale tra paziente e terapeuta.

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Il potere magico della musica
Dal mito all’uomo moderno

Donne e Violino, n.177, cm. 75 x 101 semi-gloss su tela

Il rapporto tra la musica e la cura dell’anima, del corpo e della psiche è da sempre esistito. Nella mitologia spessissimo la musica è considerata magica e portatrice di grandi poteri. Orfeo, semidio prediletto di Apollo (in alcune versioni presentato come suo figlio), riceve in dono da lui l’arte della musica. Orfeo così, diventa padrone di un potere musicale ed è in grado di stravolgere con la sua musica il normale corso degli eventi: smuove le pietre, persuade le fiere rendendole docili,  induce gli alberi a seguirlo ed è in grado di curare il corpo e l’animo dei malati e di richiamare alla vita i morti. Grazie a questa straordinaria potenza magica della musica riesce a ristabilire un equilibrio con le forze oscure che trattengono Euridice, la sua amata, negli inferi e a riportarla in vita, ma ad un patto: non dovrà né guardarla né toccarla finché non avrà raggiunto la luce del sole e se si volterà la perderà  per sempre. Orfeo non resiste alla tentazione ed Euridice torna negli inferi.

Questo mito esprime chiaramente il potere insito nella musica, paragonando i musicisti a entità vicine al divino e ci permette di comprendere quanto con la musica possiamo prenderci cura di noi stessi.

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