Glossario LGBT. La lingua del rispetto

L’idea di questo glossario nasce dalla profonda convinzione che il rispetto nasca anche dalla conoscenza dei termini che caratterizzano la nostra sessualità e quella del nostro prossimo perché le differenze non ci dividono ma ci arricchiscono!!

Quante volte ti è capitato di incontrare termini che non conosci? Ecco a voi un breve glossario di alcune parole con le relative definizioni sul tema della sessualità. Con questa seconda parte concludiamo il capitolo dedicato al mondo LGBT.

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La funzione deI gioco. La costruzione dell’autostima fin da piccoli

L’autostima è qualcosa di prezioso per tutti noi che, se ben consolidata, ci permette di affrontare le situazioni, le relazioni e le difficoltà piccole e grandi che incontriamo quotidianamente nel nostro mondo sociale. Essa è strettamente collegata al processo di costruzione della personalità che prende avvio delle prime relazioni affettive ed emotive con i propri genitori.

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Elogio della tristezza. Ciò che la felicità non dice

“Non si può essere profondamente sensibili in questo mondo senza essere molto spesso tristi.
(Erich Fromm)”

Immagini, post, condivisioni, hashtag e tweet! La frenesia dei nostri tempi mira ad esaltare il godimento e la felicità perenne, almeno apparentemente, della persona di turno, allontanando il più possibile l’insoddisfazione e il profondo senso di vuoto. Difficilmente sui social potremo trovare post o commenti che descrivono emozioni profonde, a meno che, anch’esse, non conservano un aspetto esibizionistico.

La ricerca e l’ostentazione della felicità perenne è il fil rouge di ogni intenzione, ed ecco dunque nascere percorsi per trovare la propria felicità, strategie per allontanare pensieri negativi, fino ad arrivare a pratiche per indursi la risata, con l’idea che illudendo il corpo si possano illudere i propri pensieri.

In realtà la ricerca di una felicità soltanto immaginata e mai provata, nasconde la ricerca illusoria di qualcuno diverso da se stessi, diventare qualcuno di migliore, che non possa mai soffrire, disancorandosi dalle proprie consapevolezze psicocorporee.

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Il Gioco D’Azzardo
L’illusione di Controllare il Destino

Giocare.

Un verbo semplice che ha il potere di riportarci alla mente ricordi d’infanzia. Quei giochi bramati, attesi, pretesi come momenti di svago, come opportunità di crescita.

Nel gioco ogni bambino ha l’occasione di trasportarsi in un mondo alternativo e divertente fatto di  regole e di fantasia. Attraverso le regole ha l’opportunità di sperimentare i propri limiti e riconoscersi e, attraverso la fantasia, di cedere ai desideri onnipotenti e infantili di sovraumanità, potendo controllare la realtà alternativa nell’illusione di controllare il reale  (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo Il ruolo del gioco nello sviluppo- da 0 a 99 anni”). “Esiste TUTTO nella fantasia”, ripeteva mia madre quando ero piccola.

Il gioco è un bisogno primordiale che non appartiene solo ai bambini: è un’occasione desiderata e ricercata nell’intero arco di vita perché crea una rottura all’abitudine, sollecita pensieri nuovi, gratifica e sa di libertà. Dona l’opportunità – anche agli adulti – di rientrare in contatto con quei pensieri onnipotenti infantili che nella realtà-reale rimangono (nei più) sopiti, scontrandosi con troppi fattori incontrollabili.

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L’angoscia. L’ansia che genera ansia

Sara è alle prese con la preparazione dell’esame di terza media, è una studentessa brillante che nel corso degli anni ha sempre ottenuto ottimi voti. La preparazione per l’esame finale è andata bene, la costanza nello studio le ha permesso di arrivare al giorno dell’esame sicura e di sé e delle proprie capacità. Il fatidico giorno è arrivato e Sara inizia ad avere paura, quella mattina si è svegliata particolarmente agitata, cuore a mille, pensieri negativi, sudorazione alle mani, paura di non farcela, il suo corpo sembra come bloccato. Sara si trova in uno stato di agitazione e ansia che la paralizzano in un modo che sembra impossibile affrontare. Con l’aiuto dei suo genitori trova il modo per calmarsi e per tornare alla realtà, piena delle sue capacità e grazie alla sua preparazione riesce comunque ad affrontare l’esame nel migliore dei modi.

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Le donne “Roki”. Nascere senza utero e senza vagina

Le donne “Roki” – nascere con senza utero e senza vagina

La sindrome di Rokitansky Mayer Küster Hauser è anche conosciuta come agenesia Mülleriana. Essere affette da questa sindrome significa nascere senza vagina e avere un utero rudimentale o completamente assente. Questa condizione è stata osservata per la prima volta già da Ippocrate; nel libro “Natura della donna” descrive un’ostruzione membranosa del canale vaginale. Successivamente il barone Karl von Rokitansky la scoprì contemporaneamente a Mayer, mentre anni dopo Kuster osservò che le donne con questa sindrome hanno spesso anche difetti urologici.

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Venuti al mondo. Procreazione medicalmente assistita

“The Handsmaid’s Tale” è il titolo di una serie basata sul romanzo “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood e distribuita da Netflix, che racconta di un futuro non lontano in cui, a causa dell’inquinamento e di fattori ambientali, crolla negli Stati Uniti il tasso di fertilità.

Il panorama attuale non è tanto diverso dal racconto della Atwood: se nel 1973 gli uomini potevano contare su 99 milioni di spermatozoi per millilitro, nel 2011 secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Human reproduction update”, sono scesi a 47,1 milioni. Il numero si è ridotto del 59,3% in meno di 40 anni. Non è diminuita solo la quantità degli spermatozoi: uno studio pubblicato dal Giornale Europeo di Urologia correla le radiazioni dello smartphone alla diminuzione della motilità degli spermatozoi. Tenere lo smartphone in tasca diventa quindi un fattore di rischio, così come l’inquinamento, il fumo di sigaretta e altri fattori ambientali, come la plastica e i pesticidi che respiriamo nell’aria.

Parlare di infertilità oggi significa affrontare un tema complesso, carico di emotività ed estremamente comune. Infatti, oggi una coppia su cinque ha difficoltà a procreare per vie naturali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le cause dell’infertilità sono mediamente attribuibili per il 40% all’uomo, per il 40% alla donna e per il 20% alla coppia. Come si può porre rimedio?

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Transfert e Controtransfert. Microcosmi di proiezioni

Sai … a volte penso che permetti ai tuoi pazienti di coinvolgerti davvero troppo.” “E’ l’unico modo che conosco per guarirli”

(Dal film “Prendimi l’anima”, 2002)

Cosa avviene in quella stanza? Ci sarà il lettino?  Sarà simpatico/a? Accogliente? E’ meglio scegliere un uomo o una donna?” Queste sono le domande, le perplessità, le fantasie più comuni che possono balenare nella mente dei futuri pazienti di fronte alla scelta del terapeuta o semplicemente prima della seduta iniziale, forse la prima di un lungo percorso.

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La fiaba di Barbablù. La libertà di decidere

“Un uomo burbero e dalla lunga barba color blu cerca moglie. Decide di corteggiare tre sorelle: due lo rifiutano per via del suo aspetto fisico, mentre la terza, nonostante sia diffidente, si lascia convincere dalle ricchezze e dall’apparente gentilezza dell’uomo. Accetta dunque di sposarlo diventando padrona del suo immenso castello e dei suoi tesori.

Prima di partire per un viaggio, Barbablù lascia alla moglie un enorme mazzo di chiavi esortandola a godere di tutte le bellezze presenti nel castello di cui lei è regina. Le dice che può visitare ogni stanza della casa tranne una, dalla quale deve tenersi lontana e dove non può assolutamente entrare. La moglie, dopo aver invitato le sorelle, incuriosita dal divieto posto dal marito, decide di mettersi alla ricerca della stanza proibita e di aprirla. Al suo interno trova le precedenti mogli di Barbablù morte. Come lei avevano disubbidito all’ordine del marito e per questo erano state uccise.Le tre sorelle richiudono immediatamente la porta cercando di mantenere il segreto ma, in quel momento, la chiave che era servita ad aprire la stanza, inizia a sanguinare senza smettere. Al suo ritorno, Barbablù scopre subito l’accaduto e si prepara a uccidere la giovane moglie disubbidiente. Ella, però, riesce a prendere tempo con la scusa di un’ultima preghiera durante la quale, telepaticamente, fa accorrere i fratelli. Una volta arrivati riescono a salvare la sorella uccidendo Barbablù.”

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Elogio della lentezza. Rallentare come atto rivoluzionario e benfico

Viviamo in una società che ci propina giochi televisivi dove anche cucinare un piatto diventa una lotta contro il tempo; una società che ci invita a mettere da parte i sentimenti, o perlomeno che non ci permette di dedicargli il giusto tempo; una società dove i “piu bravi” sono quelli che irrefrenabilmente producono.

E se invece tornassimo a godere della bellezza del preparare un piatto con il giusto tempo, se ci dedicassimo alle relazioni con la giusta intensità, se ci prendessimo il tempo che serve per pensare, per costruire, per progettare; se rallentassimo, verremmo considerati dei rivoluzionari?

Decidendo di raggiungere un determinato luogo a piedi, rinunciando alla comodità, alla velocità e all’immediatezza di uno spostamento con la macchina o con altri mezzi, quantomeno verremmo considerati “strani”. Ma quanto il nostro corpo e la nostra mente gioverebbero di questa scelta?

Avremmo molte più possibilità di sviluppare la nostra socialità, il nostro fisico riscoprirebbe un’attività ormai quasi andata perduta e i nostri pensieri sarebbero maggiormente liberi di fluire.

Avevo ormai percorso quasi 700 km ed ero a pochi giorni da Santiago; erano state tre settimane fantastiche, mi sentivo vivo come non mai. Pensai di continuare il mio cammino fino all’Oceano, ma sapevo che per farlo avrei dovuto rispettare determinati ritmi, in modo da essere di ritorno a Santiago in tempo per il volo che mi avrebbe riportato a casa. Arrivò una forte perturbazione metereologica che mi costrinse ad accorciare una tappa prima, e a dimezzarne una il giorno seguente a causa della grandine. Il senso di benessere che mi aveva accompagnato per tutti quei giorni era svanito,mi sentivo agitato e nervoso, non accettavo l’idea di dover rinunciare al programma che mi ero prefissato. Il giorno seguente, camminando, probabilmente con un passo più lento del solito, capii che tutto il giovamento di cui avevo goduto fino a quel momento era stato proprio dovuto al fatto che avevo vissuto ogni istante ed ogni cosa con il giusto tempo, senza forzature o imposizioni di ritmi frenetici. In quegli ultimi giorni rallentai, assaporai ancora meglio tutto quello che mi circondava; capii che quella mia voglia di accellerare e arrivare era soltanto voglia di scappare via il prima possibile dalla tristezza che la fine di quell’esperienza avrebbe inevitabilmente portato. Rallentai, imparai ad affrontare quel sentimento che tanto volevo evitare e di cui tanto avevo paura. Arrivai a Santiago felice, vivo nel senso più ampio del termine; mi tolsi le scarpe e capii che dovevo arrivare li in quel momento.

                                                                                                                                                  Un pellegrino della via francese per Santiago

A volte accettiamo gli attuali ritmi frenetici proprio per sfuggire a problemi o pensieri che ci perseguitano; preferiamo intasare le nostre agende piuttosto che rallentare ed affrontare le nostre vere preoccupazioni. Un po’ questi ritmi esagerati ci fanno comodo!

“In questo viaggio che è iniziato quando ho voluto avere un nome ho imparato tante cose. Ho imparato l’importanza della lentezza e, adesso, ho imparato che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi”.

                                                                                                                                                                                          Luis Sepulveda

Lo scrittore cileno Sepulveda, nella sua favola per adulti e bambini, “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”, ci invita a pensare quanto conformarsi automaticamente ai canoni e ai ritmi societari possa portare all’apatia, alla “morte cerebrale” e non solo.

Ogni cosa ha un suo tempo, un tempo stabilito che permette che questa stessa cosa riesca nel modo giusto. E questo vale per tutto, sia che si parli di produzione materiale, sia che si parli di costruire relazioni o di elaborazione di emozioni e pensieri.

Pensiamo a quante volte abbiamo gettato oggetti, anche solo con qualche leggera imperfezione, semplicemente perchè è più sbrigativo comprarne altri, piuttosto che spendere tempo per riparare quelli già utilizzati; oppure a quante volte abbiamo perso l’occasione di vivere una relazione perchè non avevamo abbastanza tempo da dedicare all’altro, eravamo troppo presi dal nostro correre.

Ogni cosa ha bisogno del suo tempo, e noi spesso non glielo concediamo, non ce lo concediamo.

Anche Piero Pelù, famoso cantautore fiorentino, cofondatore del gruppo rock “Litfiba” in passato ha dedicato una canzone alla lentezza.

E puoi volare, su questo mare

Su un guscio di noce, che è la tua fragilità

Lo puoi capire

Fallo senza fretta
E prenditi il tempo perché la tua lentezza
È l’equilibrio per restare in piedi

Lento
Tempo

 

In questa parte di testo mi ha colpito molto l’associazione tra la lentezza, intesa come proprio ritmo personale, e l’equilibrio.

In effetti, se utilizzassimo un andamento troppo veloce, potremmo ad un certo punto sentirci smarriti e disorientati; se invece il nostro andare seguisse un ritmo eccessivamente basso, ci sentiremmo frustrati e ansiosi probabilmente. Soltanto rispettando noi stessi e la “nostra lentezza” potremmo sentirci in equilibrio.

Analizzando l’argomento da un punto di vista più strettamente scientifico, scopriamo che l’andamento lento e la camminata hanno comprovati benefici fisico-sociali e proprio per questo alcune Asl, inizialmente del nord Italia, ma ora anche del centro-sud, hanno iniziato ad organizzare gruppi di cammino. Questi rappresentano un’importante opportunità di salute e di socializzazione proposta alla comunità. Il camminare oggi risulta uno strumento preventivo e ricreativo di benessere, sia dal punto di vista fisico che sociale.

I gruppi si incontrano in un determinato luogo, che può essere un parco, ma anche un qualsiasi angolo del quartiere e seguono il percorso proposto dal Team leader, che inizialmente è una persona selezionata dai Servizi, ma poi può essere tranquillamente sostituita da un membro del gruppo stesso.

Questi gruppi permettono di vivere un momento al di fuori del contesto frenetico della quotidianità, lasciando ai partecipanti la possibilità di conoscere meglio loro stessi e gli altri, tenendo in attività corpo e mente.

La lentezza è una variabile del tempo. La distanza di sei chilometri, coperta in un’ora da un buon passo non è lenta, è giusta. Oggi una lentezza di apprendimento è considerata un ritardo e la contemplazione un disturbo del comportamento. “Il tempo è denaro” scrisse in un saggio l’inglese Francis Bacon, nel 1597, inaugurando l’identità a scopi commerciali. Ma il tempo non si calcola in spiccioli e spesso rimborsa largamente chi lo sta perdendo

                                                                                                                                                                                          Erri De Luca

Lamberto Maffei, ex direttore dell’Istituto di neuroscienza del Cnr, nel suo “Elogio della lentezza” ci spiega che il cervello che regola i nostri comportamenti ci è stato donato proprio come una macchina lenta, che ha bisogno dei suoi tempi e di una sequenza nella sua azione. Noi invece facciamo il contrario, e viviamo nell’incubo della lentezza che associamo alla perdita di tempo, o peggio, a una menomazione fisica e mentale.

Maffei scrive che:«Il desiderio di emulare le macchine rapide create da noi stessi, a differenza del cervello che invece è una macchina lenta, diventa fonte di angoscia e di frustrazione» – «La netta prevalenza del pensiero rapido, a partire da quello che esprimiamo attraverso l’uso degli strumenti digitali, può comportare soluzioni sbagliate, danni all’educazione e perfino al vivere civile».
Da qui la rivalutazione della lentezza come terapia contro lo stress moderno, dove tutto viene comunicato in tempi rapidissimi attraverso social, e-mail o sms; la ricerca di una comunicazione diretta, sfruttando una fila in un supermercato o ad uno sportello pubblico per fare una nuova conoscienza o per ascoltare una storia, leggere un libro, senza cedere alla frustrazione per il tempo “perso”.
Solo questo ritmo, non sottoposto alla pressione di continui strappi, porta ad una buona socialità e ad una vera ricerca di conoscenza.
 

Spesso la lentezza viene associata alla staticità, con un’accezione prevalentemente negativa, ma non sempre un andamento adagio comporta una situazione di stallo, di immobilità. La lentezza può essere estremamente dinamica e generare ciò che spesso invece consideriamo impossibile.

Rallentare non è semplice, anzi, ma abbiamo il dovere di provarci. Ci permetterebbe di riacquisire una centratezza magari persa, di elaborare pensieri e nuove idee in maniera proficua; ci permetterebbe di vivere le relazioni, di qualunque genere, in modo pieno e appagante.

Dott. Diego Bonifazi

Assistente Sociale a Roma

(+39) 3296614580

diego.bonifazi@yahoo.it

Per Approfondire:

Lamberto Maffei – Elogio della lentezza Il Mulino Editore, 2014

Luis Sepulveda – Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza Guanda Editore, 2013

Carl Honore – …E vinse la tartaruga Rizzoli Editore, 2008

Piero Pelù – Lentezza

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