Quando parliamo di trauma, la nostra mente va alle grandi catastrofi naturali (uragani, tsunami, terremoti) o artificiali (incidenti), agli abusi o ad altre esperienze che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. Questi sono quelli che gli addetti ai lavori chiamano Traumi con la “T” grande.
Bisogna, alle cose,lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione che viene dal loro interno e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce
…Maturare come un alberoche non forza i suoi succhi e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.
Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente e vive come se davanti avesse l’eternità,spensierato, tranquillo e aperto
Bisogna avere pazienza verso le irresolutezze del cuore e cercare di amare le domande stesse come stanze chiuse a chiave e come libri che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.
Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,forse, piano piano, si finisce,senza accorgersene,col vivere dentro alle risposte
Kerberng fu il primo, negli anni ’70, a parlare di organizzazione borderline di personalità (“…Questi pazienti al limite tra psicosi e nevrosi hanno una organizzazione patologica specifica e stabile nel tempo, e non fluttuante tra psicosi e nevrosi),I sintomi dell’organizzazione borderline vengono da Kernberg assimilati a quelli delle nevrosi e dei disordini caratteriali, ma con la presenza di episodi psicotici transitori. l concetto di Kernberg di organizzazione di personalità si distingue dalla caratterizzazione fenomenologica attuale, poiché comprende molti e diversi disturbi della personalità. Secondo l’autore, infatti, i pazienti con disturbo di personalità narcisistico, antisociale, schizoide, paranoide, infantile e ciclotimico sono tutti caratterizzati da una sottostante organizzazione di personalità borderline..Secondo il DSM, il DBP, insieme ai disturbi istrionico e narcisistico, è inserito nel cluster B e viene definito come una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, nell’immagine di sé, dell’umore e da una marcata impulsività.
Si è soliti dire che il diritto attiene al “dover essere” mentre la psicologia riguarda “L’essere”. Le due discipline tuttavia, occupandosi in generale dei comportamenti umani, si intrecciano spesso e si nutrono a vicenda.
Nel processo penale, la testimonianza è un mezzo di prova fondamentale per portare all’attenzione del giudice quegli elementi conoscitivi che gli serviranno per fondare una valutazione di innocenza o colpevolezza dell’imputato. Molto spesso, infatti, la ricostruzione in giudizio di un fatto è possibile solo grazie alle dichiarazioni delle persone che erano presenti al momento dell’accaduto.
“Sai un giorno, mentre soccorrevo una bambina, l ho associata a mia nipote, e questo mi ha limitato, quasi bloccato nelle procedure da mettere in pratica”. Questa frase mi è stata riferita da un medico, dopo che avevo fatto un intervento sulla gestione delle emergenze durante un convegno. Mi ha colpita molto perché in maniera sottile c’è stato il riconoscimento della componente emotiva, che spesso dai medici viene separata dall’aspetto prettamente corporeo. Le emozioni hanno influito, seppur in maniera silenziosa, sull’azione e quindi sull’intervento di questo medico. “Hai trovato uno spazio congruo per rielaborare o quanto meno per dare un significato a tutto questo?”, ho domandato al medico. Mi ha risposto che no, non c’è stata una finestra spazio-temporale per poter rimettere insieme i pezzi dell’evento, seppure il suo livello di consapevolezza rispetto a questo si è rivelato piuttosto elevato, riuscendo a gestire il post-emergenza anche da un punto di vista psicologico. Purtroppo ciò che è accaduto al giovane medico è molto frequente: dopo situazioni di emergenza in cui il medico deve fare i conti con catastrofi naturali o uccisioni non ci sono spazi in cui ci si prenda cura del vissuto emotivo, superstite ferito e malandato. Questo è importante sia per le vittime dell’evento in questione ma anche per i soccorritori stessi, anch’essi portatori e sperimentatori di vissuti emotivi.
Un tema molto dibattuto nel sociale negli ultimi mesi è sicuramente quello del “Dopo di noi”, ovvero quella porzione di vita che una persona con una disabilità deve affrontare senza il sostegno dei propri familiari, perchè deceduti o impossibilitati nel fornirlo. Con questo articolo cerchiamo di rendere un po’ più chiaro di cosa si tratta.
Fu Freud, in una lettera del 1909, destinata a Jung, a definire per la prima volta il concetto di controtransfert, in tedesco “Gegenübertragung”. Questo complesso fenomeno venne descritto come una controtraslazione, che insorge nel clinico su influsso del paziente, sui suoi sentimenti inconsci. Secondo Freud l’origine del controtransfert era rintracciabile in conflitti inconsci non risolti. In sostanza una zona grigia, non elaborata nel corso della terapia personale del clinico. Quindi qualcosa di scomodo, dannoso ai fini del lavoro analitico. Soltanto dagli anni cinquanta in poi, con il lavoro clinico e teorico di autori quali Paula Heimann, e Heinrich Racker, il controtransfert assume una funzione utile e inevitabile nel lavoro clinico. Emerge l’importanza di non difendersi dai sentimenti provati nei confronti dei pazienti. (Per approfondire si rimanda all’articolo “Transfert e Controtransfert – Microcosmi di proiezioni” e “Nella stanza d’analisi – La svolta di un agito”della rivista).
“Questo corpo moderno, più lo si esibisce, meno esso esiste. Annullato, in misura direttamente proporzionale alla sua esposizione”.
Daniel Pennac, Storia di un corpo
Viviamo in una società in cui il sentimento di sé si sta espandendo oltre i confini che ci erano già noti: questo sconfinamento alimenta un bisogno di visibilità sociale che porta spesso a forme di esibizionismo mediatico che favoriscono una sopravvalutazione del proprio essere persona. Per soddisfare questa aspirazione di visibilità, il singolo individuo ricorre ai social media e diffonde attraverso Internet i propri contenuti di testo, le proprie immagini o video. Il Web è diventato per tutti un amplificatore gratuito di contenuti personali e uno strumento per guadagnare notorietà a buon mercato.
“La principessa Merida è tutta suo padre e poco sua madre. Coraggiosa, audace e insofferente alle regole di corte preferisce cavalcare e tirare con l’arco piuttosto che sedere a tavola composta o curare i suoi immensi capelli rossi. Costretta a sposare uno tra i pretendenti che si scontrano per la sua mano decide di sovvertire le regole: la principessa decide di combattere e scontrarsi in duello con gli altri principi per ottenere la propria mano. Decidendo di rinnegare la tradizioni scatena e subisce la conseguente ira materna.
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”. -Arthur Schopenhauer-
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