I testimoni invisibili. Il dolore degli impotenti

“Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta:

ecco perché è non- umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni

in cui l’uomo è stato cosa agli occhi dell’uomo”.

Primo Levi

La famiglia è il primo contesto sociale in cui il bambino si trova ad agire, all’interno del quale dovrebbe acquisire tutti gli elementi per poter soddisfare in modo sufficientemente sicuro le prime fasi dello sviluppo, dove poter trovare protezione da un mondo esterno sconosciuto e una guida per affrontare le difficoltà e i momenti di crisi che caratterizzano il ciclo vitale. La cura, il dialogo, l’affettività sono tratti distintivi di un buon ambiente familiare. Purtroppo però a volte questo equilibrio viene a mancare e le famiglie si trasformano in luoghi insicuri dove i comportamenti violenti agiti compromettono la salute fisica e mentale del minore.

La violenza assistita è stata definita dal Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia) come “il fare esperienza da parte del bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o minori. Il bambino può farne esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo) indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti. Si include l’assistere a violenza di minori su altri minori e/o su altri membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni di animali domestici”.

Molti e complessi sono i motivi che ancora impediscono una rilevanza significativa della violenza assistita e sono principalmente legati a stereotipi e resistenze di tipo culturale connessi alla violenza domestica e di genere. Al tempo stesso agiscono meccanismi di negazione che alimentano una diffusa disattenzione e minimizzazione della violenza in particolare di quella connessa alle relazioni familiari nelle conseguenze sui minori. Un primo aspetto che influisce sul disconoscimento del fenomeno è legato alla confusione che ancora viene fatta, a livello culturale, fra il conflitto di coppia e il maltrattamento nelle sue varie forme che dal conflitto può scaturire. Quello che permette di distinguere la violenza coniugale da un semplice litigio non sono le botte o le parole offensive, bensì l’asimmetria nella relazione. In un conflitto di coppia l’identità di ciascuno è preservata, l’altro viene rispettato in quanto persona mentre questo non avviene quando lo scopo è dominare o annichilire l’altro. Un ulteriore aspetto che rende faticosa la rilevazione della violenza assistita è legato ad una grave forma di maltrattamento psicologico, particolarmente insidiosa perché poco individuabile nei segni e nei sintomi, ma in grado di provocare effetti destrutturati sullo sviluppo emotivo.  Le conseguenze della violenza assistita risultano essere molto gravi, anche perché le persone coinvolte sono i genitori, ovvero adulti che in realtà dovrebbero prendersi cura del minore: assistere alla violenza di un genitore sull’altro crea confusione nel bambino e mina il legame di attaccamento, relazione all’interno della quale si sente protetto e sicuro, si muove con fiducia e soddisfa i suoi bisogni di accudimento e dipendenza, fondamentali per la crescita. Il bambino così perde dei punti di riferimento essenziali, vede le figure di attaccamento da un lato terrorizzate, impotenti e disperate, dall’altro pericolose e minacciose. Questi bambini soffrono di un senso di autostima molto basso, hanno ridotte capacità empatiche e capacità intellettive danneggiate in quanto, alti livelli di stress e di violenza durante l’infanzia, danneggiano lo sviluppo neuro- cognitivo dei bambini. Possono sviluppare comportamenti adultizzati d’accudimento verso uno o più membri del nucleo familiare e diventare i protettori della vittima, possono coltivare continui pensieri su come prevenire la violenza e mettere in atto comportamenti volti a calmare il maltrattante, possono assumere comportamenti compiacenti imparando a servirsi di bugie o a schierarsi in base alle circostanze. Il bambino, che per lungo tempo è costretto ad assistere alla violenza domestica, può imparare erroneamente che l’uso della violenza nelle relazioni affettive significative sia normale e che esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti potrebbe scatenare reazioni violente e aggressive all’interno del nucleo familiare. Ne deriva una trasmissione intergenerazionale della violenza e un perdurare di pattern maladattivi da un punto di vista clinico e sociale. La violenza assistita è un’esperienza altamente dolorosa e sconvolgente per il bambino. Diventa importante stimolare una riflessione più approfondita su una forma di violenza che ha ricadute importanti anche su chi assiste, come semplice spettatore, ai maltrattamenti.

“I bambini non temono il pianto:

piangono con spontaneità e non sfuggono ai colpi della vita

poiché amano il colpire e affrontano il rischio di essere colpiti.

E vengono colpiti dalle mani degli adulti,

dalla loro indifferenza,

dalla loro disattenzione mascherata di pazienza,

dall’ottusità delle loro buone intenzioni.

È facile colpire i bambini.

I bambini giudicano senza mai giudicare.

Quel che somiglia ad un giudizio è per loro

Soltanto un modo per abitare la paura.

I bambini considerano i genitori degli dei:

li temono, ne invidiano l’apparente onnipotenza,

li giustificano sempre,

ne sopportano ogni debolezza.

Non fategli del male

la loro anima è l’anima del mondo”.

                                                                                           Manifesto del Movimento Bambino

                                                                                     Maria Rita Parsi

Dott.ssa Francesca Veccia

Riceve su appuntamento a Foggia

cell. (+39) 3382756190

Email: veccia.francesca@libero.it

Per Approfondire 

-Buccoliero E., Saovi G., (2018) Proteggere i bambini dalla violenza assistita. vol. I. Riconoscere le vittime. Franco Angeli, Milano

-CISMAI, (2005) Documento sui requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita e maltrattamento sulle madri

-Lieberman A. F., Van Horn P., (2007) Bambini e violenza in famiglia. L’intervento psicoterapeutico con minori testimoni di violenza, Il Mulino, Bologna

-Luberti R., Violenza assistita: un maltrattamento “dimenticato”. Caratteristiche del fenomeno e conseguenze, in Bianchi D., Moretti E. (a cura di), Vite in bilico. Indagine retrospettiva su maltrattamenti e abusi in età infantile, quadreni del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Istituto Innocenzi di Firenze, n. 40/2006

-Militerni, R. (2009). Neuropsichiatria Infantile (IV Ed.). Napoli: Idelson Gnocchi–Sorgato A. (2014) Reati endofamiliari e contro soggetti deboli. Giappichelli

-Telleri F., (1996) Essere genitori oggi, Edizioni Martina, Milano

-Fonte immagine: https://latinacorriere.it

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