Il padre. Un’identità evaporata in questo nostro tempo
Un figlio, un padre. Quel figlio si rivolge al padre chiamandolo ripetutamente per nome, proprio come stesse parlando ad un amico, e lo fa lasciando intendere che quella che io vedo compiersi sotto i miei occhi, sia in realtà una consuetudine ormai consolidata nel loro rapporto. Il ragazzo non tradisce alcun ipotetico o voluto tono giocoso del momento a spiegazione di quella che io, dall’esterno, reputo un’attitudine piuttosto insolita.
E mi viene in mente che in un tempo decisamente lontanissimo dal nostro, quello stesso figlio si sarebbe rivolto al proprio padre dandogli del “Voi”, senza dubbio in nome di un timore reverenziale in cui il rispetto verso il proprio genitore era tutto intriso di paura e che in fondo la diceva lunga su quanto distanti si fosse allora dalla possibilità di creare una qualche forma di intimità relazionale anche solo accennata, cosa che normalmente finiva invece col cedere il passo ad algide e formali comunicazioni.
Di certo, quello appena tracciato è un esempio che svela usanze e tendenze fortunatamente ormai del tutto scomparse ed in cui, in un’epoca di assoluta estremizzazione della norma, la facoltà di decidere della vita così come della morte dei suoi discendenti, era un’esclusiva riservata al vecchio padre di famiglia. Ma ci si potrebbe domandare: In un’era come la nostra dominata invece da una cultura che esalta l’edonismo più sfrenato, che fine ha fatto la legge del padre? Quella a cui fa riferimento Massimo Recalcati è però l’unica legge imperversante nel tempo edipico (per un approfondimento si rimanda all’articolo Il complesso di Edipo – All’alba della legge del padre sulla rivista di Settembre 2015).