Il boomerang delle emozioni. Viverle o evitarle.

Il bacio, Hayez 1859 – Pinacoteca di Brera

Antonino Ferro spiega come l’evitamento delle emozioni sia un’attività principale delle nostre menti, sia di quelle patologiche che di quelle ben funzionanti. Egli parla di proto-emozioni, ovvero primitivi dati sensoriali che in alcuni casi vengono raccolti, contenuti e trasformati in emozione, in altri casi, essendo in esubero, vengono evacuati. Secondo Ferro, però, quando una modalità di evacuazione prevale nettamente sulle altre diventa un sintomo. Per fare alcuni esempi: vi sono meccanismi evacuativi di proiezione all’esterno che danno vita a fenomeni come paranoia, schizofrenie e allucinazioni; meccanismi di evacuazione nel corpo che danno vita a malattie psicosomatiche. Se la strategia è quella dell’evitamento degli stati proto-emotivi si ha l’ossessività; se la strategia è il controllo, l’ipocondria. Insomma, vi è tutta una serie di attività evacuative della nostra mente che sono vitali e la differenza fra funzionalità e patologia risiede nella modalità e nell’intensità con cui questo processo viene affrontato. Alcune persone non vivono passioni brucianti e si spengono nella routine, nella ripetitività, nella noia, pur di tenere un basso profilo di emozioni circolanti. Le emozioni non vissute possono generare in seguito paura, insicurezza e persecuzione. Se è vero però che un’attività della nostra mente è quella di difenderci dalle emozioni, è anche vero che vi è un’altra funzione che cerca di ricontattare quanto viene espulso, segregato o comunque messo a distanza.

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Disturbo Schizoide di Personalità

Guardando il mondo da un oblò: Quella lente che protegge

E’ stato come un lampo: mi trovavo nel bagno di casa mia, spazzolino in mano pronto all’uso, tutta intenta a riflettere sulla personalità schizoide. In una parola, stavo provando a  figurarmela nella sua essenza.  D’ un tratto, a fare capolino fra i miei pensieri si fa prepotente un’ immagine, che mi appare subito come molto nitida: quello “che vedo” è un oblò. Penso che forse è appartenente ad una nave di grandi dimensioni che in quel momento sta viaggiando indisturbata in mezzo al mare, tant’ è che oltre l’oblò ciò che si scorge è solo uno sconfinato tappeto d’acqua blu. Un istante dopo, quel che ho pensato di riflesso è stato che, evidentemente , mi ero già abbondantemente calata nel panorama schizoide, presa com’ero stata da quella semplice immagine mentale così insistente, e da cui tutta la mia fantasia si era sentita alimentata, prendendo così sempre più forma.

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Transessualismo. Rinascere me stesso

Quando si parla di sessualità, identità di genere e orientamenti sessuali è molto comune imbattersi in discorsi confusionari, dati dalla scarsa conoscenza dell’argomento o della tendenza insita nell’uomo nel classificare e cercare di incasellare ogni cosa, anche i vissuti umani, in schemi prestabiliti. Se per una persona estranea ai fatti, tutti questi vissuti possono sembrare troppo caotici, immaginiamoci allora cosa potrà provare un bambino di 5 anni che scopre di avere degli attributi sessuali discordanti dalle proprie sensazioni. Nonostante le varie pressioni sociali che un bambino possa subire fin da piccolo, per cui l’azzurro e le macchinine sono per i bambini e il rosa e le bambole per le bambine, un infante scopre spontaneamente intorno ai 3 anni la differenza dei sessi, e di appartenere ad uno dei due. Talvolta può però capitare che il bambino non si riconosca con l’identità che il suo corpo ha deciso per lui, provocando un disagio psichico notevole nel bambino che aumenterà sempre di più con la maturazione sessuale e  l’adolescenza. 

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Stereotipi e Pregiudizi. Una Rosa se non si chiamasse Rosa

Blind

Il bancone della frutta e della verdura del mercato è un tripudio di colori in primavera: il rosso delle ciliegie insaporite dal sole, gli invitanti semi gialli dell’esotico frutto della passione, i peperoni verdi rossi e gialli, l’intenso rosa dell’anguria che sa di dissetante. In questo panorama di stimoli colorati e profumati una mamma ed il suo bambino passeggiano e fanno acquisti. Il bambino ha gli occhi sgranati, i canali sensoriali spalancati, merito di tutti quei colori, quegli odori, di tutte le parole nuove che sente. Continuamente chiede: “Cosa è quello? Che colore è questo? Cosa è un etto? Come si mangia quest’altro?” e la mamma pazientemente lo introduce al nome della frutta e degli ortaggi, alle unità di misura, ai nomi dei colori ed a tutti quei segni convenzionali che noi assegniamo alla realtà circostante attraverso il linguaggio.

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L’abuso sessuale nel mondo dei minori. L’abisso dell’abuso

Ma la notizia si fa forse ancora più perturbante quando questi eventi riguardano ragazze e ragazzi, minori che possono rivestire sia il ruolo di vittima che di carnefice. E il vero problema è quando si verifica quest’ultima eventualità. L’abuso perpetrato dall’adulto a danno di un minore ci fa inorridire e sappiamo bene quale nome dargli: pedofilia. Nel caso invece che l’abuso di un minore sia messo in atto da un altro minore la situazione diventa più complicata. Le sensazioni di disgusto e rabbia rimangono, ma non sempre riusciamo, come nel caso del carnefice adulto, a dare un nome agli eventi, a capire bene di cosa si tratta. C’è il ragazzo quindicenne che ad una festa in discoteca dopo aver bevuto troppo abusa sessualmente di un ragazza non consenziente. C’è anche quello che poi chiama gli amici, anche loro ubriachi, e gli chiede di partecipare.

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Anoressia. Tra narcisismo e conflitti interiori

Maria è una ragazza di 16 anni, frequenta un prestigioso liceo, i voti sono alti, pretende molto da se stessa, in realtà non le piace studiare, ma il possibile fallimento le procura un’ansia incontrollabile che la spinge a fare sempre di più. Quando finisce la scuola viene accompagnata, spesso, dalla madre a fare danza classica, apparentemente molto amata da Maria, ma in realtà con delle regole così “rigide” per la sua mentalità, che è costretta a vivere una vita che non gli appartiene fino in fondo. Ed è proprio nella palestra dove pratica danza, che Maria trascorre la maggior parte del suo tempo: si allena con costanza quasi ogni giorno, è uno sport affascinante, ma la costringe ad un alimentazione povera, molti cibi non sono permessi e il controllo della fame è fondamentale per mantenere la forma. Non ha molti amici, al di fuori di una o due compagne di classe che conosce da parecchi anni, non frequenta praticamente nessuno: ogni relazione apparentemente amicale si trasforma in competizione, ha enormi difficoltà nel fidarsi sia degli adulti che dei coetanei. 

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Lo sviluppo della Mentalizzazione. Comprendere la Mente

Nighthawks – Edward Hopper

Molto spesso mi è capitato di vedere questa scena: una mamma che chiacchiera con le amiche, mentre il bimbo corre e gioca. Ad un certo punto però il bambino inciampa e cade per terra. In realtà non si è fatto nulla, ma la sua prima reazione è quella di voltarsi e guardare la mamma, la quale prontamente corre verso di lui per assicurarsi che tutto va bene. Solo allora quando gli occhi dei due si incontrano, e il bambino scorge la preoccupazione negli occhi della mamma, scoppia in lacrime. Quasi come se tra di loro fosse avvenuta una conversazione in pochi istanti che nessun altro ha potuto ascoltare, dove il bambino le ha chiesto:” Mamma mi devo preoccupare?” e la risposta implicita è stata “Sì”. Nessuno di noi nasce già con la capacità di regolare le proprie emozioni: questa abilità evolve gradualmente attraverso la comprensione e le risposte del caregiver ai segnali di cambiamento dello stato del neonato. La capacità della madre di pensare alla mente del proprio figlio mind-mindeness sembra associata allo sviluppo di una buona mentalizzazione del bambino.

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Amore e odio. Bambino, oggetto e spinta alla riparazione

Pablo Picasso – La bambina con la colomba – 1901

Per il bambino, il primo oggetto indiscusso d’amore è rappresentato dalla madre, sulla quale si concentra la totalità dei sentimenti, con tutte le ambivalenze e il variopinto  ventaglio di sfumature che essi contemplano: ogni elemento è qui espresso su di lei alla massima potenza. Un fluido gioco di alternanze, fatto d’amore e d’odio, in quanto la madre può essere ora rispondente ai suoi bisogni, gratificandolo tempestivamente, e un momento dopo “assentarsi” nonostante le sue pressanti impellenze,  che in lei non  trovano quella soddisfazione tanto ricercata: è a quel punto che lo scenario psichico dell’infante cambia radicalmente, scandendo così pensieri aggressivi diretti proprio verso la madre.  Gli impulsi e i sentimenti sperimentati dal bambino  sono come affiancati da una attività proto-mentale, una sorta di pensiero immaginativo, in cui a  primeggiare è  l’ elaborazione fantastica:  nella mente del piccolo, il suo pensiero ha una traduzione diretta nel mondo esterno, cioè, “pensare” equivale letteralmente a “fare”; pertanto, i suoi pensieri o fantasie distruttive, hanno davvero  la capacità di distruggere l’oggetto, quello da lui  maggiormente investito e più amato.

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Psicopatologia della società moderna. Figli del materialismo

Concretismo, materialismo e razionalizzazione.

Le tre parole che caratterizzano la nostra società occidentale, che non è altro che l’evoluzione incontrollata del pensiero illuminista del passato.

Viviamo in nome della scienza, dunque di causa ed effetto, del visibile. Tutto ciò che non è visibile all’occhio umano non è più contemplato come reale, vero: Scientifico.

È il più profondo terrore della maggior parte degli psicologi, sentirsi dire che la loro tecnica non è supportata da basi scientifiche. Ed ecco dunque che quest’ultimi divengono il fanalino di coda di psichiatri e neurologi, tentando invano di essere riconosciuti come medici e non cartomanti: “Vedete, la depressione esiste, c’è uno scompenso della melatonina!”.

Se da un lato cercare risposte scientifiche ad un metodo psicologico o psicoterapeutico può fornire ai lavoratori della psiche uno strumento in più per tutelarsi dai miscredenti, dall’altro l’utilizzo di internet e di notizie scritte a metà, estrapolando unicamente i contenuti più convenienti, porta la società a convincersi che se la depressione è uno scompenso della melatonina, dunque conviene curarla unicamente con farmaci. 

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Il dismorfismo corporeo. Il peso di uno sguardo

“Se rendo più scure le mie ciglia e gli occhi più lucenti e le labbra più rosse o se chiedo, di specchio in specchio, se tutto va bene, non è per sfoggio di vanità: io cerco il volto che avevo prima che il mondo fosse creato”. W. B. Yeats, 1875 

Ho scelto questi intensi versi di Yeats a introduzione del mio articolo perchè a mio avviso capaci  di cogliere perfettamente il senso di ciò che oggi proverò a raccontarvi. Di quella sensazione primordiale che ciascuno di noi ha sperimentato su di se una volta venuto alla luce. Prima che il mondo fosse creato, appunto. Inizialmente, il bambino possiede un volto e un corpo che si collocano in un certo senso lontano dall’altro. L’infante detiene il tacito convincimento che tutto ciò che possiede e che lo circonda sia semplicemente il frutto di una sua magica creazione. Sposando una visione evidentemente onnipotente delle cose, il volto del suo Io è qui incontaminato. Basta a se stesso. Tuttavia, sentirà ben presto di doversi affidare proprio all’alterità e a quegli occhi riflettenti, così da avere una chiara conferma della propria corporeità ( per un approfondimento si rimanda all’articolo “Funzione Riflessiva e sviluppo del sè-l’importanza di un banale riflesso” nella rivista di Dicembre 2014 ). Quante volte accade che il bambino, intento com’è nel maneggiare e scoprire per la prima volta il nuovo gioco appena ricevuto in dono dai nonni, esclami insistente ed entusiastico: “Mammaaa… guardamiii !”. 

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