Transessualismo. Rinascere me stesso

Quando si parla di sessualità, identità di genere e orientamenti sessuali è molto comune imbattersi in discorsi confusionari, dati dalla scarsa conoscenza dell’argomento o della tendenza insita nell’uomo nel classificare e cercare di incasellare ogni cosa, anche i vissuti umani, in schemi prestabiliti. Se per una persona estranea ai fatti, tutti questi vissuti possono sembrare troppo caotici, immaginiamoci allora cosa potrà provare un bambino di 5 anni che scopre di avere degli attributi sessuali discordanti dalle proprie sensazioni. Nonostante le varie pressioni sociali che un bambino possa subire fin da piccolo, per cui l’azzurro e le macchinine sono per i bambini e il rosa e le bambole per le bambine, un infante scopre spontaneamente intorno ai 3 anni la differenza dei sessi, e di appartenere ad uno dei due. Talvolta può però capitare che il bambino non si riconosca con l’identità che il suo corpo ha deciso per lui, provocando un disagio psichico notevole nel bambino che aumenterà sempre di più con la maturazione sessuale e  l’adolescenza. 

Tale “patologia” viene definita “Disturbo d’Identità di Genere” e, qualora diagnostica, viene proposto (anche se nella maggior parte dei casi è il paziente stesso che lo richiede) il cambio di sesso, in quanto di patologico c’è il forte disagio psichico che si prova per la discordanza tra l’identità di genere percepita e quella del corpo: esattamente come un tumore che deve essere asportato nonostante sia parte integrante del malato.  

Una persona con un disturbo d’identità di genere dovrà attraversare tre d’identità:

  • Quella attuale, dove non accetta il proprio corpo, in quanto distante dalla propria identità sessuale;
  • Quella del transessualismo, ossia una fase di passaggio dove l’individuo mette in atto il cambiamento fisico;
  • Quella del cambio di sesso definitivo con il riconoscimento dell’identità desiderata: un uomo che cambia sesso, dopo una fase di transessualismo, potrà definirsi donna (e non transessuale per tutta la vita come si crede) e viceversa per le donne.

Da ciò si desume che il transessualismo e l’omosessualità sono simili tra loro soltanto per la discriminazione subita dalla società, ma è bene specificare che un transessuale non è un omosessuale che decide di cambiare sesso, bensì una persona, ad esempio maschile, che, poiché si sente di essere donna è ovviamente attratta dagli uomini, a differenza dell’omosessuale uomo che è attratto da altri uomini e si sente di appartenere al genere maschile.

Vari studi sono ormai arrivati alla conclusione che, nonostante la presenza di fattori psicosociali che possono contribuire allo sviluppo di tale disturbo, vi sia una forte componente biologioca – genetica. Ciò permette alla persona che desidera cambiare sesso di tutelarsi dai tentativi di terapia volte al fine di “convincere l’individuo ad accettare l’identità sessuale del proprio corpo”. Il reale scopo della psicoterapia, obbligatoria per chiunque decida di cambiare sesso, è, invece, accompagnare la persona nell’affrontare le modificazioni corporee invasive che dovrà subire e sostenerlo nel conseguente cambio di identità psichica. Quest’ultimo è un momento molto delicato, poiché come ogni fase di passaggio, è opportuno che la persona accetti le nuove parti di sé volta per volta sia a livello fisico che psichico, prima di accedere ad un ulteriore cambiamento.

Un individuo che cambia sesso nasce due volte e nonostante le discriminazioni sociali e le difficoltà famigliari che insorgono per tale esigenza, la propria rinascita gli permetterà di farsi accettare dall’unica persona realmente importante: se stessa.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti
(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per approfondire:

Mazzara B. (1997) “Stereotipi e Pregiudizi”

Izzo M. (2012) ” Oltre le gabbie dei generi”

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