Relazioni terapeutiche. Riflessioni su un caso di buona separazione

Mi ero domandata più volte come sarebbe stato, provando a immaginare cosa e come lo avremmo vissuto tanto io quanto loro; un complesso di pensieri sottesi che divenne via via sempre più tangibile man mano che il momento della separazione dai miei pazienti si approssimava. Tutta una serie d’importanti accadimenti mi aveva portato ad interrogarmi nel profondo sull’opportunità o meno di continuare a seguirli in quel contesto, viste le non poche difficoltà logistiche e, in special modo, tutto ciò che da quelle era derivato. Fintanto che, un giorno di non molto tempo fa, a malincuore ma al contempo anche come “sollevata” dall’aver fatto finalmente chiarezza, mi accorsi di avere maturato la decisione di terminare, e di lasciare che i miei pazienti fossero così riassegnati e seguiti dai miei validi colleghi, geograficamente più vicini. Chiaramente, prima d’ora non avevo mai sperimentato su di me l’esperienza del distacco dai miei pazienti, e nonostante nei mesi precedenti mi fossi in qualche modo “allenata” psichicamente per quell’accadimento venturo, nei fatti, poi, la cosa si rivelò assai diversa da come me l’ero figurata, stupendomi positivamente.  E’ il giorno del nostro congedo e la mia paziente, una volta occupato comodamente il suo posto, con un sorriso velatamente malinconico mi confida di avermi portato un piccolo pensiero: in un attimo prende da sotto al tavolo una busta a tema natalizio – di cui evidentemente, al momento di accoglierla, non mi ero affatto accorta – e da lì estrae una bottiglia di olio purissimo, ricavato dai rigogliosi alberi d’ulivo della sua campagna.

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L’attacco di panico. Il terrore nel divenire

Ognuno di noi, ogni essere umano, nell’arco della propria vita percorre determinate tappe, importanti per il proprio sviluppo. In un ottica culturale cristiana, il battesimo rappresenta allora la nascita nella società, la comunione rappresenta una nuova nascita, come individuo attivo, delineando il termine della “prima infanzia” e la cresima rappresenta la fine dell’infanzia verso l’adolescenza (in passato corrispondeva al passaggio nell’età adulta), il matrimonio rappresenta il passaggio dalla propria famiglia d’origine verso una famiglia costituita (e molto probabilmente le lacrime perse dai genitori durante questo rito sono anche di tristezza rispetto alla perdita del proprio\a figlio\a); e così, proseguendo, il battesimo del primo figlio rappresenta, per il genitore, la testimonianza alla società (e quindi a Dio) di essere madre\padre. Infine, l’estrema unzione, simboleggia il tentativo, della società, di arginare le angosce di morte della persona deceduta. 
Ci verrebbe da credere che la religione cristiana sia troppo rigida, piena di ritualità insensate, che non permette all’essere umano di esprimersi.

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Il Gender. Questo frainteso

Mi preme fare una breve premessa a questo articolo, che tratta una questione spinosa, dibattuta ed attualissima. Le considerazioni che seguono sono frutto certamente dello studio e dell’approfondimento dal punto di vista teorico e scientifico, ma ancor prima di una riflessione autentica sulla libertà dell’essere umano, che dovrebbe essere (a mio parere) scevra dai condizionamenti di correnti di pensiero che si arrogano il diritto di dare una definizione rigida e bidimensionale a ciò che continuamente si muove, evolve e cambia.

La genetica è una scienza ansiosa che vorrebbe una definizione limpida ed univoca per tutti. Ci dota infatti del cosiddetto sesso biologico, che definisce la nostra identità sessuale, ovvero genitali esterni, gonadi, quadro ormonale e caratteri sessuali secondari (che si svilupperanno durante la pubertà), in maniera dicotomica: o sei A o sei B. Cromosomi XX definiscono il femminile, cromosomi XY definiscono il maschile.

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La Regolazione delle Emozioni
Il regalo poco gradito

Le principali abilità emotive necessarie per interagire e relazionarsi socialmente sono tre: il riconoscimento, l’espressione e la regolazione delle emozioni.

Il riconoscimento delle emozioni, indica la capacità di etichettare e attribuire ad altri il vissuto di sensazioni emotive; esprimere un’emozione permette, invece, di trasmette un messaggio emotivo proprio in una modalità socialmente condivisa e accettabile (Si rimanda all’articolo Alessitimia- quando il corpo mette in scena le emozioni della rivista del mese di Dicembre 2014, per chi fosse interessato alle difficoltà associate a tali competenze).

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Lo psicologo a scuola. Una risorsa fondamentale per un intervento tempestivo in adolescenza

Cosa succede quando in una scuola arriva uno psicologo?

Come viene accolto? O forse prima bisogna chiedersi…viene accolto? La sua presenza sarà considerata come un possibile valore aggiunto? Oppure come un corpo estraneo infiltrato nel sistema scolastico da tenere a bada?

Non è più così raro che gli studenti, all’interno dell’ambiente scolastico, possano fare una “chiacchierata” con uno psicologo oppure che, invece di fare lezione, partecipino ad un incontro con degli specialisti per parlare delle problematiche tipiche della loro età.

Queste attività vengono organizzate e promosse dai C.I.C., Centri di Informazione e Consulenza, che all’interno delle scuole si occupano di promuovere il benessere psicologico dei ragazzi. Ma come?

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Formazione dell’Identità. Un processo senza Fine

        “  Nasciamo stranieri al mondo, in un mondo che ci è estraneo.”

                                              (Rossella Pozzi)

È così che comincia la nostra avventura, che procede lungo un percorso di appropriazione e investimento del proprio essere e del proprio divenire nel mondo. L’identità umana, concetto apparentemente semplice, ma non unitario in psicologia, secondo l’ottica psicoanalitica è riconducibile ad un lavoro senza fine di formazione, costruzione e ricostruzione del proprio Sé. Durante il corso della nostra vita veniamo sottoposti a turbolenze emotive in seguito all’incontro con l’altro e il Sé si trasforma in continuazione attraverso una sintesi personale e non ripetibile di fattori psicofisici, sociali e storici. Ma quali sono le tappe cruciali della vita attraverso le quali il Sé prende forma?

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“Quel fantastico peggior anno della mia vita”

L’adolescenza: un duello epico tra la vita e la morte psichica

Me & Earl & the Dying Girl – 2015 Indian Paintbrush, distribuzione 20th Century Fox
Image courtesy of 20th Century Fox

Greg ha un sogno. Passare inosservato e indenne attraverso gli anni del liceo. Al college non vuole andare, perché lì dovrebbe difendersi dalle prese in giro dei compagni di corso per ventiquattr’ore al giorno e non reggerebbe lo stress. Galleggia sulla superficie delle cose, senza stringere veri rapporti con nessuno. Anche il suo migliore amico, Earl, Greg lo definisce un collega, perché condivide con lui la passione per il cinema d’essai, a cui fanno il verso nelle loro parodie cinematografiche. Ma poi Greg frequenta Rachel. È sua madre a costringerlo a farlo, perché Rachel ha il cancro, una forma acuta di leucemia. È per questo che il ragazzo inizia ad andare a casa sua ogni pomeriggio. E continuerà a farlo per un anno intero. Un anno in cui Greg sarà costretto ad entrare in rapporto con Rachel, e con se stesso. Il confronto tra la sua vita, ancora da cominciare, e quella della ragazza, che potrebbe dover finire, lo costringono a prendere una decisione, una direzione e ad esistere una volta per tutte.

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Nella stanza d’analisi. La svolta di un agito

Beatrice si presenta per il primo colloquio con diversi minuti d’anticipo. Bussa tutt’a un tratto ed io sono come presa di soprassalto, faccio per alzarmi, così da accoglierla sulla porta, ma non ne ho il tempo. La paziente è già entrata. Sono un po’ spiazzata, ma chiaramente mi accingo a darle la mano e a presentarmi prima di chiudere la porta alla mie spalle: lei si è già accomodata sulla sedia senza neppure ricambiare il mio tentativo di saluto. Il tutto senza avermi mai guardata negli occhi. Mi scruta da dietro i suoi grandi occhiali scuri, Beatrice, quegli occhiali che terrà per l’intera durata del primo colloquio e che immediatamente richiamano alla mia memoria quelli della Mondaini, ma i suoi sono solo timidi e frammentari accenni di uno sguardo che stenta a concedermi. La paziente è rigida, come avvolta dentro ad un guscio protettivo, addosso avverto tutta quella sua chiusura mista ad un senso di vergogna che ancora non so “dove” collocare.

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La gastrite psicosomatica. Il dolore delle emozioni indigeribili

Nel 1500, il medico naturalista e filosofo Paracelso paragonò lo stomaco ad un laboratorio alchemico, ossia un forno che permette di elaborare e trasformare gli elementi grezzi in sostanze nutritive ed essenziali per l’organismo fisico e dell’anima, attraverso un fuoco interiore. Lo psicoanalista Wilfred Bion, a distanza di secoli, paragonò l’apparato digerente a quello psichico, evidenziando un processo comune ai due meccanismi: l’introiettare dall’ambiente esterno un’esperienza grezza per poi elaborarla e trasformarla in elementi digeribili, emotivi, perlopiù funzionali all’organismo psicosomatico. D’altronde, nei primi anni di vita, il neonato inizierà a relazionarsi con la realtà attraverso l’esperienza del nutrimento, caricando di forti cariche emotive il cibo introiettato (si rimanda agli articoli: Obesità – L’imbottitura dell’anima  e Anoressia – Tra narcisismo e conflitti interiori) , ed associando la sensazione di fame a forti sentimenti di angoscia di morte e destrutturazione, il momento del nutrimento a un forte appagamento dei suoi desideri di vita e il sentimento di sazietà ad un momento di sicurezza.

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La condizione della donna. Una violenta quotidianità

Ogni volta in cui si avvicina il mio turno di scrivere un articolo per Il Sigaro di Freud, tantissime idee si affollano e si aggrovigliano nella mia mente, così da creare il cosiddetto “blocco dello scrittore” (non che abbia la presunzione di definirmi tale), per cui rimango ore, giorni a guardare un foglio bianco, a scrivere poche parole per poi cancellarle, ed infine avere un fortunato insight (si rimanda all’articolo “L’insight – Di come il caos diventa ordine”) e sbloccarmi o, nei casi sfortunati, pubblicare un articolo di cui non sono affatto soddisfatta e che eviterò in ogni modo di rileggere in seguito. Ebbene, questa volta l’insight è arrivato guardando il calendario e la data in cui sarebbe dovuto uscire il mio articolo: l’articolo uscirà il 23 Novembre ed il 25 Novembre sarà la Giornata Internazionale contro la Violenza sulla Donna. In qualità di donna in primis, di psicologa e di operatrice presso i Centri Antiviolenza poi, è da tempo che vorrei trattare la questione da un punto di vista femminile (per un punto di vista maschile, si rimanda all’articolo “La violenza sulle donne – “Il sesso debole”, invenzione di una società patriarcale”), ma evidentemente alcune resistenze mi avevano frenata dal farlo, fino a quando non è stato il calendario a suggerirmi che fosse arrivato il momento giusto.

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