La pazza gioia
Amicizia e sanità mentale
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“Ogni uomo aspira a strappare al fluire del tempo le componenti più preziose della propria effimera esistenza, a estrinsecarle e a renderle in qualche modo eterne… Nell’amicizia si realizza questo desiderio fondamentale “ (S. Kracauer).
Beatrice e Donatella non potrebbero essere più diverse. La prima millanta amicizie potenti, veste come se fosse appena tornata da un cocktail party al Rotary Club e rappresenta perfettamente quello che nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali è definito disturbo istrionico di personalità. Donatella invece è cupa, il suo corpo muscoloso e sottopeso è pieno di tatuaggi, che raccontano fin troppo del suo turbolento passato, più di quanto lei vorrebbe dire di se stessa. Per creare il suo personaggio, il regista Paolo Virzì (Ovosodo; La prima cosa bella), si è ispirato alle opere di Egon Schiele, regalando agli spettatori un ritratto femminile profondo e intenso. Queste due donne così diverse sono unite dal vivere all’interno di una comunità psichiatrica, dalla quale fuggiranno per assaporare la libertà del “manicomio a cielo aperto” del mondo dei sani. Il film “La pazza gioia” è stato presentato il 14 maggio nella sezione Quinzaine des Réalisateurs del festival di Cannes e arriverà nelle nostre sale il 17 maggio. Il film racconta il disagio mentale – aggiunge Virzì – una cosa che riguarda tutti ma che spesso si vuole tenere distante da noi per paura. Io credo che non si debba temere la pazzia, ma si debba aver paura di chi ha paura della pazzia”. Virzì racconta con poetica maestria un’amicizia profonda e fuori dalle convenzioni sociali del mondo dei cosiddetti sani di mente.
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