Organizzazione Borderline di Personalità
Alla ricerca disperata di un legame d’amore

Il concetto di organizzazione borderline di personalità è ormai da tempo entrato nella quotidianità di ognuno di noi, ammaliati e affascinati da queste personalità tragiche, esplosive e costantemente straripanti. Otto Kernberg individua per la prima volta il concetto di organizzazione borderline, collocandola nel mezzo di un continuum di sviluppo mentale che vede contrapposti da un lato un’organizzazione psicotica (la più primitiva) e all’esatto opposto l’organizzazione nevrotica (la più evoluta, che struttura anche la personalità delle persone definite “sane”). All’interno dell’organizzazione borderline Kernberg vi colloca tutti i disturbi di personalità, compreso il disturbo borderline di personalità (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Disturbo Borderline di Personalità – L’arte del funambolismo“).

Senza entrare, dunque, nello specifico del disturbo borderline, l’organizzazione di personalità borderline è possibile riconoscerla proprio dalla sua tragicità nel viversi qualsiasi esperienza emotiva, vissuta come una delle esperienze più importanti della propria vita, e coinvolgendo ogni persona che lo circonda come attore di questa esperienza.

Osservare una persona borderline che tenta di gestire le proprie angosce e i propri vissuti emotivi è come osservare un uomo che tenta di gettare via l’acqua con un secchio da una barca che sta iniziando ad affondare: osserviamo i suoi mille sconfinamenti  riconducibili al mancato sviluppo psichico di sé. Dobbiamo intendere il sé come un contenitore, che si costituisce nei primi anni di vita grazie ai preziosi legami d’amore con i propri genitori e che ci permette di contenere tutti i nostri vissuti angoscianti  e le nostre esperienze non ancora metabolizzate e tentare di elaborarle attraverso un processo di trasformazione da percetto reale a elemento emotivo e psichico ( tale processo è il sognare), in modo tale da poterlo reinserire nel nostro apparato mentale, utile per la nostra crescita psichica. La personalità borderline, invece, avendo percepito  poco amore dai propri genitori, non è riuscito a costituirsi un sé coeso, a causa del suo massiccio utilizzo di meccanismi di difesa primitivi, come la scissione, che provocano, dunque, la creazione di un contenitore poco strutturato, non è in grado di contenere angosce troppo destrutturanti, venendo immediatamente evacuate attraverso comportamenti non pensati, come ad esempio un vissuto di rabbia che si trasforma immediatamente in una rissa, piuttosto che essere veicolata con un litigio verbale. La natura delle emozioni, non sufficientemente elaborate, spinge questi pazienti a ricorrere spesso a comportamenti distruttivi non valutandone adeguatamente il pericolo. Poiché l’azione sostituisce il pensiero, essi vi ricorrono frequentemente perché reca loro un allentamento delle forti tensioni affettive: l’agire sostituisce il pensare, perché la carenza di elaborazione lascia gli stati affettivi in una condizione priva di gestione.

La fase di sviluppo psichico a cui il borderline rimane bloccato è la fase di separazione/individuazione che si colloca dal 16° al 30° mese di vita. In questa fase la relazione madre/bambino è di tipo dipendente, ossia il bambino per poter percepire ed elaborare la realtà circostante necessita delle rassicurazioni e delle espressioni emotive della madre che vengono introiettate dal bambino. In questa fase, se la madre è riuscita a creare un legame d’amore incondizionato con il bambino, riuscendo ad entrare in sintonia con i suoi bisogni fisici ed emotivi, il bambino potrà iniziare a concepire l’idea di esplorare il mondo esterno e, dunque, porre le basi per strutturare un sé separato e autonomo rispetto a quello materno (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Funzione riflessiva e Sviluppo del sé – L’importanza di un banale riflesso“. Tale processo di individuazione può attuarlo soltanto se, in caso di pericolo dell’esplorazione dell’ignoto, potrà sempre far ritorno a quella base amorevole sicura, che continuerà ad amarlo anche se si separerà da lui. Nel futuro borderline, invece, la madre infantile o narcisista, che necessità della presenza del figlio per colmare dei propri vuoti interiori, veicola unicamente un amore condizionato in cui il bambino si sentirà amato soltanto se attuerà una condotta dipendente, regressiva e sottomessa, mentre verrà minacciato di abbandono nel caso attui condotte di crescita e separazione. Non potendo, dunque, introiettare una base sicura d’amore su cui poter contare sempre, temendo che al primo errore o tentativo di crescita questo legame d’amore possa distruggersi, il bambino non riuscirà ad esplorare in maniera serena l’ignoto e dunque, non potrà strutturare un sé separato dalla diade materna, strutturato e coeso. In questa dinamica madre/bambino, il padre è generalmente debole o assente, non riuscendo a colmare le carenze affettive della madre. Entrambi i genitori sono persone che si percepiscono ancora figli dei propri genitori e che non sono stati in grado, ancora, di accettare le responsabilità di genitore nell’accogliere un’altra vita nella propria, accogliere la natura di un altro essere vivente senza inquinarla con la propria identità.

In una dinamica di coazione a ripetere, il borderline, dunque, tenterà nelle relazioni future, d’amore, ma anche amicali, di strutturare un legame di dipendenza nel tentativo di riuscire finalmente a individuare qualcuno che possa amarlo in maniera incondizionata, per poter finalmente introiettare quella base sicura che gli possa permettere di crescere e strutturarsi. Ovviamente tali relazioni dipendenti sono sempre fallimentari, poiché l’altro non viene più inteso come una persona diversa da sé da amare, ma come un contenitore delle proprie angosce che deve elaborarle al posto suo e trasformarle in vissuti d’amore (così come avrebbe dovuto fare la madre). In questa riproposizione del forte legame di dipendenza infantile nelle relazioni adulte, l’angoscia dell’abbandono è preminente, non avendo appunto una base sicura d’amore dentro di sé a cui fare riferimento qualora dovesse rimanere da solo. La caratteristica delle personalità borderline è la loro grande abilità nel manipolare il proprio ambiente, come se tentassero continuamente di esercitare un potere sugli altri, utilizzando spesso il senso di colpa. Far sperimentare la colpa agli altri è un modo per tentare direttamente di controllarli. Lo scopo principale è la gestione degli altri attraverso la minaccia, sia in modo subdolo e sottile sia in modo palese quando il rischio di abbandono è imminente( minacce di suicidio, tentativi di suicidio, autolesionismo). Chi vive con un soggetto borderline si sente spesso in colpa, arrabbiato, frustrato, annichilito ed impotente in quanto tutti i pensieri e le proprie risorse in genere vengono concentrati sulla persona che soffre del problema. Ciò che per lui assume importanza non è realmente il suicidio, ma il suo atto eclatante che gli permette di mettersi in luce in un contesto in cui si percepisce in secondo piano, diventa questo un modo per richiamare l’attenzione dell’altro che appare disinteressato. Il suicidio diventa l’unico modo per essere finalmente visti e apprezzati dalle persone che lo circondano, assume la forma della vendetta rispetto all’indifferenza o alla cattiveria degli amici e parenti, che saranno costretti a vivere tutta la loro vita portandosi dietro il peso insostenibile della colpa e del rimorso. Ma è da precisare che dietro la rabbia espressa dal soggetto, si cela una richiesta d’amore, il paziente spera di ottenere con la sua morte tutto quell’affetto e quella considerazione che non è riuscito ad ottenere da vivo.

Il tentativo di suicidio nel depresso e nel borderline, presenta una differenza sostanziale; nel primo il soggetto depresso si sente in colpa per non essere riuscito nel suo intento, in quanto egli percepisce di essere un peso per la società e per le persone che si trovano intorno a lui, il suo pensiero suicidario nasce quindi dalla voglia di togliersi di mezzo. Per l’individuo borderline invece, il suicidio viene utilizzato per manipolare e far sperimentare agli altri sentimenti di colpa e di impotenza: “ora ti faccio vedere io!”

La presenza di anedonia, intesa come l’incapacità di provare vera soddisfazione o piacere, propria della personalità borderline è caratterizzata dal non riuscire a trovare un senso alla propria esistenza, niente che appassioni o emozioni più: il soggetto si percepisce cinico, disincantato, senza più sogni, non si sente depresso, ma semplicemente vuoto e spento; si convince che a nessuno importa se lui vive o muore (e generalmente ha ragione perché riesce a crearsi terra bruciata intorno a sé), che il futuro sarà orribile come il presente o anche peggio e che la soluzione migliore è porre fine a tutto questo vissuto intollerabile.

Le angosce della personalità borderline ci permettono di comprendere quanto in realtà la nostra mente, il nostro sé e la possibilità di amare noi stessi, dipenda dall’amore che abbiamo ricevuto e che ci ha permesso di sentirci amati nel nostro percorso di crescita, a prescindere da quale esso sia. L’impulsività e i comportamenti dissacranti del borderline nei confronti della società, sono un suo tentativo mal riuscito, di far comprendere al mondo quanto l’individualismo sia solo una mera illusione, poiché senza legami saremmo ancora rintanati dentro una caverna.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti
(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per Approfondire:

Cancrini, L. L’oceano Borderline (Racconti di viaggio). Raffaello Cortina Editore, 2006.

Gabbard, GO. Psichiatria Psicodinamica. Raffaello Cortina Editore, 2007.

Pietrini, P. Il complesso Borderline, Alpes Editore, 2007

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