Ancora sul lutto. L’indicibile esperienza della perdita
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Il lutto è la reazione affettiva alla perdita di una persona amata che sconvolge tutta la nostra vita. Chi amavamo dava un senso al nostro mondo, la sua perdita è quindi anche esperienza di perdita del senso stesso del mondo, è un vero e proprio terremoto. Per l’inconscio l’esperienza della morte non può avere un senso né può essere accettabile: “come può una persona per me importante scomparire da questo mondo senza che il mondo cambi con la sua assenza?”. Solo a partire da questa premessa è possibile addentrarsi nella comprensione delle reazioni psichiche alla morte di una persona cara.
Le risposte individuali al lutto solitamente oscillano tra il polo maniacale e quello melanconico per poi, in alcuni casi, riuscire ad attraversare l’esperienza della perdita attraverso un lavoro complesso legato alle memorie traumatiche e alla relazione con l’altro. La risposta maniacale al lutto è caratterizzata dalla centralità del meccanismo di difesa della negazione: il soggetto nega in modo ostinato il carattere indigeribile dell’evento della morte. È una risposta anestetica. Dietro questa reazione, infatti, si nasconde il terrore dell’esperienza del vuoto, negando il ricordo e il dolore attraverso un lavoro di spostamento di energie prima investite sull’oggetto perduto ora su qualcos’altro. Una realtà assoluta del lavoro sul lutto è quella della necessità della reazione di autentico dolore psichico inconsolabile per un tempo significativo. Senza l’esperienza effettiva del dolore non vi è un lavoro sul lutto, ma un dolore strozzato con conseguenze sulla vita del soggetto spesso nella direzione del corpo, legate per esempio a disturbi di somatizzazione che si manifestano anche a distanza di anni o nei casi più complessi alla manifestazione di malattie auto-immuni.