Lo stile. La voce della tua identità

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Opera di Kristina Korobko per Istituto Italiano Design

Il termine “identità” si riferisce a significati ed ambiti differenti; si parla di identità in chiave psicologica, ma anche sociale, culturale, politica e matematica!

L’ “identità” è anche associata alla moda, non solo in riferimento al DNA di un brand o di abbigliamento tipico di una determinata subcultura, ma perché espressione del modo di essere dei singoli individui e base per quello che viene definito “stile”.

La moda può essere utilizzata come strumento per l’espressione della propria identità o per la scoperta della stessa. Attraverso abiti ed accessori comunichiamo chi siamo, chi vorremmo essere, in che modo ci distinguiamo dagli altri, cosa ci rende unici e diversi. Elementi che contraddistinguono uno stile, una persona dall’altra.

Per comprendere meglio questi concetti è utile approfondirne la definizione.

Iris Apfel ha detto: “se non conosci te stesso non potrai mai avere un grande stile. Non sarai mai veramente vivo. Per me il peggior falso nella moda è quello di guardarsi allo specchio e non riconoscersi”

L’identità è la concezione che una persona ha di se stessa, nell’individuale e nella società, l’insieme di caratteristiche che la rende unica, diversa dagli altri e quindi distinguibile. 

Non è statica, immutabile, ma evolve, si trasforma, con la crescita e in seguito a cambiamenti sociali e culturali. 

Si definisce nel tempo attraverso la percezione soggettiva di se stessi (a differenza del carattere e della personalità che sono apprezzamenti oggettivi), il modo di presentarsi agli altri, di conoscere e farsi conoscere. 

Dipende dalla capacità di riflettere su di se, di selezionare i tratti che appartengono ed allontanare, scindere, quelli che sono distinti dal se reale. 

Ognuno di noi lima la propria identità categorizzandosi, attribuendosi etichette, identificandosi con persone, ambienti e gruppi sociali, rivestendo e riconoscendo i ruoli che ha nella vita di tutti i giorni.

Lo STILE è definito come “peculiarità, caratteristica personale o di un gruppo, che viene riconosciuto come distinto  e particolare”.

Gli abiti sono dunque una forma privilegiata per parlare di noi, della  nostra identità, di chi possiamo essere e di tutti gli aspetti che ci caratterizzano e che ci distinguono.

Spesso invece si riscontra una forte confusione di identità, dovuta in parte anche al carattere invasivo dei social. 

Le foto ad alto tasso di filtri su Instagram, le immagini in tv e sulle riviste, i canoni inculcati dalla società, aumentano tale percezione di confusione. 

Non si riesce a decidere chi si è, chi si vuol essere; a stento ci si riconosce allo specchio, soddisfatti più dell’immagine ottenuta rimuovendo difetti e imperfezioni attraverso app che non di quella reale. 

Uno dei rischi è non accettarsi, pensare di essere sbagliati, rinunciare al vero se ed adeguarsi ai diktat imposti, a quel Sè imperativo che anche qui tuona severo. 

Si finisce con il far prevalere la volontà altrui, diventare come ci si aspetta, essere come gli altri desiderano, per piacere di più e per essere amati, rinunciando così agli aspetti più puri, peculiari e distintivi del sé; omologandosi e rinunciando allo stile. 

Tutto questo per paura del giudizio: evitiamo qualcosa che ci piace o che ci attira per il terrore di essere considerati diversi dalla massa. 

La paura di sbagliare prende il nome di amartofobia. La società che stiamo creando, in cui prevale l’uniformità e la rinuncia invece a scelte che potrebbero essere a noi più congeniali e distintive, può essere definita una società amartofobica (per approfondire si rimanda all’articolo I nuovi “falsi” maestri).

In questo senso anche la moda viene usata come maschera, corazza, difesa del sé, per mostrare quello che gli altri vorrebbero vedere e nascondere ciò che si è realmente.

Rinunciare a parti di sé, al proprio pensiero, perché ci si sente “follower di” piuttosto che “io sono”, si ripercuote anche sulla nostra immagine. 

A lungo andare provoca la rinuncia al sé, l’accettazione passiva di modelli di essere preconfezionati e frustrazione. L’essere “follower di” diventa più descrittivo del “Io sono”. 

Tutto ciò si riflette all’esterno, con un appiattimento dello stile, dell’espressione, con l’omologazione: un esercito di followers in divisa passivamente conformati ad una realtà irreale costruita a tavolino.

Ideale è invece una moda che permetta di esprimere e dar voce alle singole identità; da questo deriva lo stile, il contributo personale che ognuno di noi dà al sistema moda, interpretando un capo, un look, che diventa così unico e inimitabile. Proprio perché unica e diversa è la persona che lo indossa e i valori che veicola mediante i suoi outfit.

Fondamento e superficie dell’identità è il nostro corpo, per cui l’accettazione del corpo diventa fondamentale ai fini della definizione della propria identità. 

Carl Gustav Jung parlava di corpo come casa. Il corpo infatti è la superficie che ci contiene, che protegge il nostro Io, i nostri contenuti mentali; gli abiti sono il mezzo attraverso cui rendere la nostra identità visibile agli altri.

Far pace con il proprio corpo, accettare i propri difetti (che io preferisco chiamare particolarità), guardare ad essi non come ad elementi negativi ma sfumature uniche e che ci distinguono da altre milioni di persone, aiuta a prendere maggior coscienza di chi si è, del proprio spazio fisico nel mondo. Aiuta a venire concretamente in contatto con il proprio io più intimo e, finalmente, a conoscersi e valorizzarsi.

Sempre Irsi Apfel ha affermato “per avere stile devi sapere chi sei”.

Prendi coscienza del tuo corpo, di chi sei, dei ruoli che ricopri, di come vorresti essere tu, non come pensi ti dovresti presentare per piacere più agli altri. Prendi coscienza di TE. 

Solo allora il tuo rapporto con te stesso e con la moda diventerà libero, mezzo  creativo e di espressione, non di omologazione e repressione.

È a questo punto che riuscirai a costruire il tuo stile, a distinguerti, ad utilizzare l’abbigliamento in modo creativo ed assertivo. 

Sarai tu padrone del gioco: tu a dare un senso agli abiti, a reinterpretare i look secondo la tua identità, ad usare l’armadio in maniera funzionale e strumentale; non più addicted ma indipendent.

Il tuo stile è la voce della tua identità. Non aver paura di mostrarlo e di mostrarti.

Per approfondimenti:

Dott.ssa Paola Pizza (2020), Vestire l’inconscio, e-book

Dott.ssa Anastasia Giangrande (2020), https://www.prettypsychothings.com

Dott.ssa Anastasia Giangrande

Riceve online e su appuntamento a Milano

Email: anastasia.giangrande@gmail.com

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