Pronto soccorso psicologico. Defusing e Debriefing

“Sai un giorno, mentre soccorrevo una bambina, l ho associata a mia nipote, e questo mi ha limitato, quasi bloccato nelle procedure da mettere in pratica”. Questa frase mi è stata riferita da un medico, dopo che avevo fatto un intervento sulla gestione delle emergenze durante un convegno. Mi ha colpita molto perché in maniera sottile c’è stato il riconoscimento della componente emotiva, che spesso dai medici viene separata dall’aspetto prettamente corporeo. Le emozioni hanno influito, seppur in maniera silenziosa, sull’azione e quindi sull’intervento di questo medico. “Hai trovato uno spazio congruo per rielaborare o quanto meno per dare un significato a tutto questo?”, ho domandato al medico. Mi ha risposto che no, non c’è stata una finestra spazio-temporale per poter rimettere insieme i pezzi dell’evento, seppure il suo livello di consapevolezza rispetto a questo si è rivelato piuttosto elevato, riuscendo a gestire il post-emergenza anche da un punto di vista psicologico. Purtroppo ciò che è accaduto al giovane medico è molto frequente: dopo situazioni di emergenza in cui il medico deve fare i conti con catastrofi naturali o uccisioni non ci sono spazi in cui ci si prenda cura del vissuto emotivo, superstite ferito e malandato. Questo è importante sia per le vittime dell’evento in questione ma anche per i soccorritori stessi, anch’essi portatori e sperimentatori di vissuti emotivi.

Dopo qualsiasi situazione d’emergenza è indispensabile aprire la finestra emotiva, per vedere il panorama nella sua interezza, non solo un frammento parziale di esso. Gli spazi di defusing e debriefing servono proprio a questo: a rimettere insieme i tanti e frammentati tasselli emozionali con quelli spazio-temporali. Inoltre sono utili per creare legami tra chi ha vissuto l’evento: condividere sentimenti analoghi con coloro che hanno sperimentato lo stesso trauma previene l’isolamento e identificare insieme risorse e strategie utili per fronteggiare eventuali fattori stressogeni. Come si è soliti dire “mal comune mezzo gaudio”. 

Ma cosa sono il defusing e il debriefing?

Il defusing, che letteralmente significa disinnescare, è un intervento che si svolge subito dopo la situazione d’emergenza, dunque viene chiamato “intervento emotivo a caldo”. Viene strutturato coinvolgendo piccoli gruppi di persone (circa 10) e ha una durata circa 20-40 minuti. Il defusing non richiede la conduzione da parte di un esperto (in questo caso lo psicologo-psicoterapeuta) ma in genere viene condotto dal capo-team del gruppo (in caso di un assetto sanitario che soccorre potrebbe essere il medico o l’infermiere) o da una figura che viene riconosciuta come leader. Gli obiettivi di questo tipo di intervento sono quelli di fornire rassicurazione, sostegno e informazione, attraverso il rafforzamento dei legami gruppali e la normalizzazione del carico emotivo. Infatti i partecipanti vengono avviati ad un percorso di comprensione delle proprie sensazioni e sentimenti legandoli all’aspetto temporale dell’esperienza in questione. Tramite il defusing, possono essere individuate persone destabilizzate in maniera importante per le quali questa tipologia di pronto soccorso non basta ma che necessitano di essere rimandate a ulteriori interventi. 

Uno di questi è appunto chiamato debriefing. Questo, come il defusing, ha come obiettivo di integrare la componente cognitiva con quella emozionale ed ha una strutturazione diversa, rispetto al defusing, da un punto di vista temporale e organizzativo. Viene infatti chiamato “intervento emotivo a freddo”, viene organizzato dopo circa 24-48 ore dall’esposizione all’evento e ha una durata di non più di 12 settimane. L’intervento è condotto da uno psicologo e/o psicoterapeuta. Se al termine dell’intervento dovessero esserci ancora segni di destabilizzazione, può essere fatto un rinvio a percorsi più strutturati, contattando, previo consenso della persona coinvolta, eventuali professionisti e organizzazioni specializzate sul territorio.  

L’obiettivo finale di questi due tipi di intervento, del cosiddetto “pronto soccorso emotivo”, è quello di favorire una integrazione tra le componenti cognitiva, emotiva e spazio-temporale dell’evento. In questo modo i pezzi del puzzle, prima scomposti e frammentati, potranno trovare una loro collocazione e fornire un’immagine chiara e completa.

Dott. Chiara Moriglia

Riceve su appuntamento a Perugia

(+39) 346 7294890

chiara.moriglia@gmail.com

Per Approfondire 

Trabucco, Bonocore (2007) Il pronto soccorso triage. Accoglienza, rassicurazione, cura, aspettative, vissuti psicologici, bisogni. Cortina Editore

Debriefing, Defusing, Psicologia dell'emergenza, soccorso psicologico

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