Quanto rumore c’è in un’ eco?
Il corpo tra forma e dissolvenza

Movement of Vaulted Charmbers, Paul Klee 1915

“Quando le parole muoiono, i corpi parlano” (Tom Wooldridge)

Nelle metamorfosi di Ovidio, opera letteraria di grande fama e ispirazione, l’autore a proposito del mito di Narciso introduce la figura di una ninfa, Eco, costretta a ripetere quanto detto dagli altri per via di una maledizione; Eco si esprime mediante una voce priva di spontaneità e intenzionalità. Rinchiusa in un suono senza inclinazioni e forma, quando incontra Narciso, se ne innamora perdutamente, senza riuscire però a comunicargli i suoi sentimenti. Narciso, infastidito dalle parole ridondanti di Eco, la allontana e quest’ultima ferita dal rifiuto dell’amato crolla in un pianto inconsolabile sottraendosi agli impulsi vitali e lasciandosi quindi morire. La ninfa si dissolve, delegando alle valli il compito di propagare la sua voce intrappolata per sempre.

Tale mito con una realistica brutalità dimostra quanto una voce non ascoltata a volte richieda come ultimo sacrificio quello del corpo. Quest’ultimo viene chiamato in causa come portatore di memorie arcaiche espresse mediante le percezioni con l’obiettivo di riscattare qualcosa che si è giocato in un tempo lontano. Spesso durante l’adolescenza, momento della vita largamente sottoposto alle trasformazioni corporee, l’individuo si scontra con la forma di un legame che affonda le sue radici nella dimensione intrauterina. Nelle acque materne infatti l’individuo si sviluppa grazie al nutrimento materno e al quale si aggrappa in virtù di una forte interdipendenza. Ed é proprio alla ricerca di quella prima forma di nutrimento che l’individuo, in un processo inconscio, desidera risalire. Le comunicazioni primarie tra madre e bambino nel periodo della gestazione hanno luogo grazie agli scambi vitali; si tratta di messaggi senza voce, ma carichi di risonanza. Il legame nascente si determina quindi attraverso un processo di echi; in quei momenti si prefigura una partita che ha il rumore dei battiti, ma il peso di una vita intera. Se qualcosa interrompe questo flusso si possono verificare asincronie, la cui causa può essere ricercata incessantemente attraverso la riproduzione di forme che mai corrispondono a quella aspirata. In questo senso il nostro corpo diventa anche il ricettacolo della vita di chi ci ha preceduto; il rapporto con il cibo diviene espressione non solo del bisogno di nutrimento del bambino, ma anche della madre, del suo rapporto con sé stessa e con esso. Il corpo della madre in questi momenti può essere coinvolto da sensazioni vissute come difficili da contenere, troppo pressanti o troppo invadenti.

 Questo intreccio di bisogni diviene caposaldo di una storia che non può considerarsi disancorata dallo strutturarsi primario di un’identità.

 Freud diceva che l’Io è prima di tutto corporeo, attraverso questo abitiamo ed esploriamo il mondo e proprio per questo la matrice corporea racchiude il patrimonio di qualcosa di difficile da mettere in parola ma così echeggiante. Durante l’adolescenza il corpo torna ad essere un elemento primario, una forma di ancoraggio nel percorso identitario. A proposito della forma Paul Klee, nel 1956, scriveva “la forma non è quindi mai e poi mai da considerarsi conclusione, risultato, bensì genesi, divenire, essenza..”, attraverso questa talvolta si cerca una trasformazione esistenziale.

Quando parliamo di disturbi del comportamento alimentare e ci confrontiamo con dei corpi vibranti di un dolore che distrugge la forma, e nel caso dell’anoressia/ bulimia nervosa, chiedendo quasi l’assoluzione attraverso la dissolvenza.  La ricerca di una nuova forma diventa espressione di una ricerca identitaria, che ha lo scopo di riconsiderare le tracce di sviluppo precedenti e di ridefinirne una traiettoria.

 A volte sostare in una dimensione di indefinitezza permette all’individuo di potersi sentire, di potersi vivere dall’interno mediante le sensazioni. Spesso è all’ interno del processo di narrazione di tali sensazioni la possibilità di una nuova forma, fatta di un’affettività scoperta e viva. Il corpo in questo senso può essere mentalizzato in un dialogo tra emisfero destro, emotivo ed intuitivo e quello sinistro, linguistico e analitico, allo scopo di trovare una risinificazione di memorie sensoriali e relazionali all’interno di una storia raccontata.

Il questo senso corpo e mente hanno l’opportunità di scoprire un nuovo dialogo, fatto di comunicazioni primordiali, le stesse che hanno permesso all’Io di percepirsi in primo luogo, come corporeo.

L’ apertura ad un ascolto del corpo diviene il luogo di incontri relazionali, sottoposti a scomposizioni e ridefinizioni, oltre che occasione di nuove regolazioni. Non a caso nell’ambito dei DCA spesso sono chiamate in causa differenti figure professionali con contenitori e focus diversi, che accompagnano il paziente e il contesto familiare nella ridefinizione di una nuova forma. La stessa si può creare attraverso una polifonia risignificata dove la voce del paziente diviene la prima voce nel raccontare affetti vivi e non più un’ eco intrappolato.

Dott.ssa Valentina Merola

Psicologa, riceve a Roma in zona Ostiense e Cipro

email: vale.merola@hotmail.it

Per approfondire:

Lingiardi, V. (2024) Corpo, umano. Einaudi. Torino

Rinaldi, L. (2021) Sul cibo, sul corpo e sul divenire della forma. Anoressia, bulimia e molto altro. Franco Angeli, Milano.

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Nascere Genitori
“L’albero delle noci” di Brunori Sas

16.02.2025 – Si è appena conclusa la 75° edizione del Festival di Sanremo. Come ogni anno, non mi attivano le polemiche da circo mediatico, ma i temi culturali, sociali e psicologici che su quel palco di consueto vengono raccontati – o intenzionalmente offuscati – nei discorsi e nelle canzoni. Mi scuote perlopiù la presenza o l’assenza della buona musica e delle parole necessarie.

Non volendo puntare il binocolone su ciò che questo Festival non è stato in termini di progresso e di inclusività (è un’amarezza da digerire), all’alba dell’ultimo sole della settimana santa sanremese, scelgo di raccontare un momento magico di questi giorni e necessario per me: sentire viva nella musica e nelle parole di un grande artista l’emozione di nascere genitore.

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Tatuaggi
Le identità sulla pelle

Negli ultimi decenni, il consumo di tatuaggi è aumentato notevolmente e abbiamo assistito a un cambiamento relativo al target sociale coinvolto in questa pratica: da motociclisti, membri di bande e criminali di ieri ad appassionati, artisti e professionisti perlopiù appartenenti alla middle class di oggi (DeMello 2000).  La crescente accettabilità sociale della body art ha stimolato l’industria del tatuaggio e attualmente si stima venga aperto almeno un nuovo studio di tatuaggi al giorno!

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Il ruolo dei fratelli nell’Autismo
Ragazzi in “ombra”

Le paure che si celano dietro ad un ritardo nel linguaggio, a uno sguardo sfuggente, quel desiderio di contatto che lascia i genitori sempre più delusi ed impotenti dinanzi a qualcosa di così grande, fuori controllo, il tutto sfocia in una diagnosi composta da una parola sola: autismo e quando arriva colpisce in modo simile a uno schiaffo.

Qualsiasi diagnosi di disabilità rappresenta per la famiglia un’esperienza drammatica, paragonabile ad un lutto, poiché l’idea del figlio che si era creata durante la gravidanza viene sgretolata dai primi campanelli d’allarme che insinuano il dubbio della presenza di un problema. In un primo momento c’è la speranza di un errore, che tutto possa sistemarsi, ma poi quando arriva la diagnosi, spesso in modo troppo diretto da non lasciare spazio al pensiero, alla rielaborazione di quel turbinio di sentimenti che colpisce e travolge, ci si sente confusi, soli ed arrabbiati.

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L’accettazione dell’imperfezione
Nuovi spiragli tra le crepe

Quest’anno tra le tracce di maturità è stato proposta la celebre opera autobiografica di Rita Levi Montalcini “Elogio dell’imperfezione” , dove la scienziata racconta quanto gli inciampi e i limiti abbiano rappresentato per la sua carriera e vita personale delle opportunità di crescita e scoperta uniche.

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Il corpo
Tra simbolo e parola

Donna con mani incrociate, vista di schiena- Egon Schiele

Egon Schiele, pittore austriaco vissuto agli inizi del Novecento, racconta la poetica sottesa alle proprie opere attraverso la rappresentazione del corpo; dipinto come torbido, caotico, espressione di desiderio e di caducità della vita. Attraverso forme scomposte e incerte descrive il movimento dinamico di un corpo, contenitore di un’interiorità tormentata, la cui unica pretesa risulta essere l’esistere. Un’ esistenza senza spazio e senza tempo, le ambientazioni sfumano, l’età dei soggetti appare secondaria. Il corpo in questo senso sembra essere il veicolo di qualcosa di inespresso, che trova difficilmente rivelazione mediante la parola.  Ciò però non lo rende privo del significato più profondo che custodisce; nel coacervo di emozioni e sensazioni, che tali raffigurazioni suggestionano nello spettatore, domina il senso di ineffabilità circa un nucleo emotivo magmatico. La rappresentazione del corpo in tale paradigma artistico, può rimandare a quello che nel campo psicologico risulta essere un corpo trascurato all’interno delle relazioni primarie e che si fa, per questo, emblema di tutte le sue contraddizioni affettive.

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Bambini con sviluppo atipico
Quali sono i segnali precoci?

“Dottoressa mio figlio non mi guarda negli occhi!” Una delle maggiori preoccupazioni delle neo-mamme è la crescita neuropsicologica del proprio bambino. Il raggiungimento delle tappe dello sviluppo evolutivo motorio e neurologico del bambino, nei tempi previsti dalle linee guida della SINPIA, la Società Italiana diNeuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, e dai vari manuali accreditati sull’argomento, è oggetto di grande attenzione da parte dei genitori e inevitabilmente fonte di ansia e preoccupazione spesso eccessive. La conoscenza di queste tappe e questi passaggi è molto importante, ma non ci si deve aspettare che i bambini le rispettino al millesimo di secondo.

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Il ruolo educativo dell’adulto
Tra Autonomia e Supporto

Tutti gli adulti dovrebbero continuamente tener conto del loro fondamentale ruolo nel guidare e supportare gli adolescenti nel processo di crescita, sia in famiglia che in tutti i contesti educativi allargati (scolastici/sportivi/artistici ecc…).

La responsabilità dell’Adulto è centrale nel facilitare il processo di costruzione identitaria e valoriale de* ragazz* e deve necessariamente tener conto del fatto che, in adolescenza, siamo animat* da due necessità contrastanti: l’esigenza di autonomia e il bisogno di sicurezza.

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RI- Educare alla vita affettiva e sessuale
Emozioni, intimità e rispetto

Negli ultimi cinque anni ho avuto il grande privilegio di lavorare nei licei, a stretto contatto con ragazz* adolescenti e con i/le loro docenti.

Gli interventi che mi sono rimasti più in mente, sono stati quelli in cui si apriva uno scambio sulla natura delle relazioni sentimentali e in cui emergeva un gran desiderio di confrontarsi sui temi più caldi della vita adolescenziale: gli affetti, gli amori, il sesso, i vissuti di gratificazione e di imbarazzo, le prime espe­rienze e i bisogni di relazione.

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La mentalizzazione
Un dispositivo che aiuta il corpo a pensarsi

Spesso si parla dei disturbi psicosomatici come esito di un mancato dialogo tra il corpo e la mente.  Ma cosa permette questo dialogo? E soprattutto come riesce il corpo a pensarsi?

Tale competenza sembra affondare le sue radici in un processo esordiente della nostra vita, che chiama in causa le figure primarie, il rispecchiamento.

Nel momento in cui il bambino “scopre se stesso negli occhi della madre”, questo diviene consapevole dei suoi stati emotivi, riflessi e pensati dall’Altro. In questo modo il bambino sviluppa quella capacità, denominata mentalizzazione, che consente di comprendere le intenzioni e il pensiero sottostanti il comportamento proprio e altrui. Questo costrutto sembra essere direttamente chiamato in causa nella comprensione dei segnali sprigionati dal corpo.

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