Identificazione con l’aggressore. Il caso di Sonia

Cristina De Biasio – Libertà verso la luce

Sonia è una ragazza di 20 anni, ha una bimba di due anni, e momentaneamente vive in casa-famiglia. La sua storia è molto complessa, il padre alcolista e maltrattante ha ripetutamente abusato di lei e dei suoi sei fratelli. La madre invece, una donna minuta di statura e dal carattere molto tranquillo, ha avuto sempre un ruolo marginale nella famiglia, anche lei vittima delle violenze di questo uomo. Violenze corporee, sessuali ma anche psicologiche.  Per anni tutta la famiglia è vissuta nel terrore della figura paterna, Sonia a soli 14 anni è andata via da casa, consapevole del male che stava subendo, ha preso le sue poche cose ed ha cambiato città con la speranza di riuscire a lasciarsi alle spalle tutte le sofferenze subite fino a quel momento.

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Dipendenza da cibo. Il legame tra nutrimento ed emozione

Pierre-Auguste Renoir, Le déjeuner des canotiers (Il pranzo dei canottieri)(1880-82), Phillips Collection, Washington

Sei al ristorante con gli amici. Arriva il cameriere che comincia ad elencare i primi piatti e lo fa con tale maestria e minuziosità che cala il silenzio, in un tavolo in cui qualche secondo prima era impossibile comunicare persino con chi ti era seduto vicino. Anche al tavolo accanto le persone che sono arrivate dopo e non hanno ancora ordinato, smettono di parlare e origliano attirate da un particolare cibo che li ha ipnotizzati. Quando il cameriere finisce di elencare il menù sei indeciso tra 4/5 pietanze, tanto che o gli chiedi di ritornare più tardi perché hai bisogno di una pausa di riflessione, oppure parte la consultazione tra amici: “Tu che cosa prendi?”.

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Il migrante. Nei suoi panni bagnati

Piccolo principe – Kim Min Ji

Ogni giorno ascoltiamo notiziari. Alla radio, in TV, mentre facciamo la spesa…

Le notizie ci arrivano veloci, distanti. Le ascoltiamo e dopo un minuto siamo distratti dalla vita. Ma ascoltare una testimonianza è diverso. Le parole ti rimbombano nella testa, si impregnano addosso come vestiti bagnati. Hanno un peso diverso. Ascoltare di persona un racconto di vita vera ti fa capire che certe cose accadono davvero, ancora, purtroppo….

Mohamed è un ragazzo egiziano. Ha 17 anni e prima di arrivare in Italia viveva a Tanta, una paesino vicino Gharbia. Ormai è quasi un anno che Mohamed è lontano dalla sua terra, eppure la sua mente e i suoi occhi vagano costantemente verso oggetti, parole o profumi che possano ricordarla.

Il viaggio di Mohamed per sbarcare in Sicilia non è stato semplice e decide di raccontarmelo mentre aspettiamo in una sala di attesa di un ambulatorio, a causa di una dermatite sulle sue braccia che simboleggia, forse, ancora una volta la sua lotta fra confini e frontiere, come la sua pelle, quel limite tra il dentro e il fuori.

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I meccanismi di difesa. Quei garanti della sopravvivenza

I genitori di Martina, tre anni e mezzo di pura vivacità, hanno ben pensato di preparare la loro bimba all’arrivo ormai imminente della sorellina Gaia. Ed ecco che la maggiore mostra via via una premura particolarmente evidente nei confronti della piccola creatura; una premura, questa, che a tratti “preoccupa” i suoi genitori per  l’eccesso di attenzioni che possiede: Martina stringe a sé Gaia per dimostrarle tutto il suo affetto, ma lo fa un po’ troppo energicamente, dandole ripetuti pizzicotti fino a farla scoppiare in un pianto disperato; è sempre lei che con la mamma si propone prontamente d’intonarle qualche nenia per favorirne un migliore riposo.. il che, se le sue non somigliassero a delle urla incontrollate, avrebbe una sua ragion d’essere. In realtà, le manifestazioni eccessivamente amorevoli di Martina potrebbero celare dietro di sè l’esatto contrario: un “odio” nei confronti della nuova arrivata, colpevole di averla ingiustamente spodestata dal suo ruolo di figlia prediletta, circondata com’era dall’amore esclusivo di mamma e papà.

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Nel vortice della Depressione
La vita di coppia e la sessualità

Noia. Senso di vuoto. Impotenza. Bassa autostima. Apatia. Rabbia. Tristezza..

Sono solo alcuni, i più diffusi, vissuti associati alla depressione.

Qualche volta ci capita di sperimentarli sulla nostra pelle, conosciamo questi sentimenti ed anche quando siamo sereni, può capitare, leggendo i loro nomi, di sentirli vivi dentro di noi. La depressione è infatti un’esperienza molto più “nostra” e comune di quanto immaginiamo (per un approfondimento, si rimanda all’articolo “La Depressione- La crosta di una ferita interna” della rivista del mese di Gennaio 2015).

Secondo Melanie Klein, ogni individuo entra in contatto con le seguenti sensazioni nel momento di separazione primaria con la madre (“posizione depressiva normale”). Nel primo anno di vita, infatti, il bambino per la prima volta fa esperienza di quel sentimento di vulnerabilità, impotenza e tristezza che caratterizza la depressione in ogni fase di vita. È posto di fronte al dilemma di non poter bastare a se stesso, di essere dipendente da un oggetto esterno, come la mamma che ha un compito centrale nel superamento della 

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Il Tatuaggio. Storie incise sulla pelle

Blue Ruin 1, Irezumi, 1937

Il bagnasciuga in estate è una passerella dove sfila la variopinta diversità dei bagnanti: corpi armoniosi che sembrano aver passato l’inverno in preparazione di quel preciso istante si alternano ad altri che sembrano esser stati sorpresi all’improvviso dall’arrivo dell’estate; tintarelle omogenee color caramello si alternano al rosso peperone degli incauti ed al bianco che riflette la luce del sole dei non habituè; bikini all’ultima moda, retrò, sportivi, interi, comodi o improvvisati, slip o boxer secondo la propria corrente di pensiero, sono gli unici “abiti” che permettono all’uomo di coprire la sua nudità. O forse no.

L’osservatore attento potrebbe aver notato nell’ultimo decennio un cambiamento all’interno di una scena che potrebbe altrimenti essere la stessa (con le varianti della moda del momento) in una qualsiasi spiaggia italiana dai primi del novecento a questa parte.

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Identità
Come si risponde alla domanda “Chi sei?”

Eccoti lì: seduto di fronte ad un uomo distinto che ti scruta da una sedia in apparenza molto più comoda della tua. È un esperto in selezione del personale, presumibilmente uno psicologo del lavoro, mentre tu sei al secondo colloquio in questo mese. Quel posto è fatto apposta per te, hai studiato e fatto pratica in quel settore, sei pronto a rispondere ad ogni domanda teorica e tecnica su quella specifica mansione. Hai appena ribadito il tuo nome e, ostentando sicurezza, ti stai accingendo ad esporre dettagliatamente la tua carriera, quando vieni interrotto dalla fatidica richiesta: “Come si descriverebbe in 3 aggettivi?”. Probabilmente l’ultima volta che hai risposto a questa domanda stavi compilando un test su Cioè. Sorridi ed accenni un balbettio (prima fase di imbarazzo). Provi a guardarti dentro, cerchi tutte le possibili risposte sincere da dare che non siano banali, ti armi di coraggio e cinguetti qualcosa (seconda fase di imbarazzo). Il selezionatore potrà a questo punto essere soddisfatto della tua risposta, ma a te sembrerà incompleta, superficiale, se non addirittura poco simile a te.

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Lascia o raddoppia. Come affrontare un problema?

Gediminas Pranckevi – Autum

“Ho la febbre…mi bombardo di tachipirina…domani non posso assolutamente saltare quell’appuntamento”. Quante volte vi è capitato di pronunciare questa frase? Quante volte avete guardato con terrore il termometro e pensato immediatamente agli impegni che proprio non avreste potuto rimandare? Senza dubbio ognuno ha i suoi ottimi motivi per sperare di non dover rimandare determinati impegni. Per sperare di non dover passare due giorni a casa sotto le coperte piuttosto che in ufficio a sbrigare quella pratica importantissima e più che urgente, la cui scadenza risuona ormai come l’ultimo rintocco della mezzanotte fatale per Cenerentola. Speriamo di non essere costretti a perdere tempo, per non dover poi correre più veloci degli orologi che minacciosi segnano il passare delle ore.

Per questo chiediamo l’aiuto di infallibili compagni di mille lotte. Farmaci, pasticche e pasticchette ci rimettono in sesto…forse…non sempre. “Si abbassa la febbre e vado in ufficio”. Passa il sintomo e, anche se non nel pieno delle nostre forze, possiamo andare avanti. Senza fermarci.

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L’oggetto transizionale. Linus non aveva tutti i torti

Sofia è una bambina molto amata, i suoi genitori sono sempre stati attenti alle sue cure e ai suoi bisogni.

Quando è nata, ma forse ancor prima di nascere,  amici e parenti  hanno riempito la sua cameretta con peluches di ogni genere, con la speranza che uno di questi potesse rappresentare per lei  la famosa “Copertina di Linus” da portare a scuola, a casa dei nonni o semplicemente in giro.

Sofia, tra tutti quei giochi e peluches si è particolarmente affezionata a un orsetto chiamato Minù: da quando si sveglia fino a quando va a dormire, Minù è sempre accanto a lei. Lo cerca quando vuole addormentarsi la sera, la mamma glielo mette vicino nei momenti di sconforto, quando viene rimproverata da qualcuno lo cerca e lo stringe forte a sé. Con il passare del tempo Minù sembra crescere con lei, non è più così morbido come prima, in realtà sembra “invecchiato”, pochi giorni fa ha perso anche un occhio, ma per Sofia non è cambiato niente, Minù rimane comunque il suo peluche preferito.

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La violenza sulle donne. “Il sesso debole”, invenzione di una società patriarcale

“Interior” (1868-69), Edgar Degas, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia, Pennsylvania, USA

Durante il periodo dell’università mi è capitato di lavorare in un centro di pronta accoglienza per donne con minori in qualità di operatore sociale. Un luogo nato per rispondere, con accoglienza immediata, all’urgenza del bisogno e alle esigenze di protezione e di aiuto a donne singole e a madri con figli minori. Questa struttura rappresenta un rifugio da situazioni di disagio sociale, economico e in alcuni casi di violenza domestica. Ricordo che il mio primo turno fu di notte: ero agitato, poiché mi ero preparato psicologicamente al fatto di trovarmi in un ambiente triste, dove la tensione si sarebbe avvertita nell’aria. Arrivai alle 20:00 e cominciai a salire i gradini che conducevano all’ingresso del centro, che era situato al primo piano di uno stabile.

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