Legame di attaccamento. L’importanza di legarsi

Ho pensato moltissimo cosa trattare in questo articolo, ho anche buttato giù qualche riga sul tema dell’ascolto, che poco dopo ho cancellato per fare spazio a uno dei ricordi a me più cari.

In passato ho lavorato in una casa-famiglia che ospita la diade mamma-bambino. Ho trascorso con loro molti anni, di conseguenza ho visto bambini nascere e crescere lì dentro, ho visto giovani ragazze, prima alle prese con il test di gravidanza, ritrovarsi poi ad essere mamme. Ho vissuto vicino a loro  tenendogli la mano per affrontare le paure, ma anche la gioia di aver messo al mondo un figlio. La struttura accoglie giovani donne abbandonate dal proprio compagno o che comunque non hanno un appoggio su cui poter contare; ogni gravidanza ha una propria storia, frutto di una violenza,  di un atto incosciente,  di un amore patologico o di una speranza che la coppia si era data per cercare di rimanere insieme. Bambini desiderati o non voluti, ma pur sempre bambini bisognosi di amore e di accudimento.

Vivere con loro la quotidianità è stata una delle esperienze più formative di tutta la mia carriera e, oltre ad arricchirmi professionalmente, mi ha dato la possibiltà di crescere come persona e di ragionare sul  complesso ruolo  dell’essere madre.

La cosa più stupefacente è stata osservare come ogni gesto, comportamento, parola detta o non detta può influenzare la crescita e il modo di essere del proprio figlio. La differenza comportamentale di ogni bambino risiede proprio nel modo in cui quest’ultimo sente che i propri bisogni possano essere compresi e soddisfatti. Per la loro giovane età, per cultura, o per un legame di attaccamento patologico con le proprie figure di riferimento, le donne ospitate nella struttura avevano enormi difficoltà nel soddisfare i bisogni dei propri figli.

Vorrei così riflettere sull’importanza del legame che la mamma riuscirà o meno ad instaurare con il proprio bambino, condizionato a sua volta dal legame che lei stessa ha avuto con i proprio genitori.

Nella primissima infanzia,  il bambino si costruirà un attaccamento sano e di fiducia in base alla presenza e alla capacità di risposta ai propri bisogni da parte del genitore o di un’altra figura significativa. Bisogni che sono non solo fisiologici, come il mangiare o il bere, ma anche di accudimento, di amore e di sicurezza. Il legame di attaccamento non è qualcosa che viene influenzato  da esperienze o situazioni transitorie, nel senso che non è il singolo episodio a condizionare la crescita del bambino, in quanto l’attaccamento ha bisogno di una certa stabilità e deve perdurare nel tempo: solo in questo modo potrà essere preso come modello di riferimento per la creazione di relazioni future. Il bambino deve sentire che il cargiver (figura di riferimento) crede in lui e nel momento in cui riuscirà a tollerare la separazione vorrà dire che sarà riuscito a mentalizzare l’immagine del genitore, sentendosi sufficentemente sicuro del suo ritorno.

La maggior parte delle volte il bambino instaura questo legame con la mamma, ma non è da escudere che anche  il padre, una nonna, una zia possano ricoprire tale ruolo nel caso in cui siano proprio loro a far fronte ai bisogni e alle cure del piccolo. Il modo in cui il cargiver risponderà ai bisogni influenzerà la sicurezza verso l’attaccamento stesso e cosa ancora più importante contribuirà alla costruzione dei Modelli Operativi Interni (MOI), che a loro volta influenzeranno il comportamento futuro e che saranno alla base delle nostre relazioni. Ognuno di noi durante la propria infanzia ha costruito delle rappresentazioni di sè e dell’altro (Modelli Operativi Interni) utili per orientarci poi nelle scelte di nuove relazioni,  modelli che sono proprio il frutto delle esperienze con il cargiver. Il vissuto emotivo verrà poi generalizzato andando a formare un vero e proprio modello di riferimento sul quale il bambino baserà le previsioni rispetto al comportamento dell’altro e di conseguenza il suo comportamento sociale.

G. Klimt – L’albero della vita

Sarà quindi il ricordo del legame affettivo con la nostra figura di riferimento a guidarci nella scelta di nuovi rapporti e nuove relazioni, così facendo l’attaccamento si modificherà per estendersi ad altre figure.

Il legame madre-bambino sarà adeguatamente sicuro nel momento in cui il cargiver mostrerà di essere responsivo alle richieste del bambino: questo non vuol dire che ogni qual volta il bambino piange la madre deve accorrere, ma significa saper riconoscere il pianto, le richieste  e rispondervi in maniera coerente e adeguata. Vuol dire saper vedere la soggettività del proprio figlio, senza proiettare su di lui i propri stati interiori, significa provare e riprovare. Delle volte sbagliare può essere anche molto sano per il bambino; l’importante è riuscire ad acquisire un certo grado di consapevolezza per non incorrere nuovamente negli stessi errori.

                                                                                       Dott.ssa Serena Bernabè

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Per approfondire:

Bowlby J. (1969) – Attaccamento e perdita, vol 1: L’attaccamento alla madre. Boringhieri, Torino, 1972

Oliverio A. – Non solo amore…..Giunti, Firenze-Milano 2005

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