Il Complesso di Edipo. All’alba della legge del padre
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C’era una volta un re, Edipo, sovrano della città di Tebe; questi, inconsapevole del legame parentale con lei, aveva preso in sposa la moglie-madre Giocasta, vedova del primo marito Laio, ucciso proprio per mano dell’ignaro figlio Edipo; dall’ unione fra lui e la “scomoda” consorte, nasceranno ben quattro figli. In un simile scenario, apparentemente senz’ombra alcuna e che vuole i suoi principali protagonisti all’oscuro della più atroce verità, si cela, di contro, l’emblema dei rapporti incestuosi. Quella stessa verità, una volta svelatasi in tutta la sua crudezza, porterà Edipo, inorridito dagli atti compiuti suo malgrado – cui farà seguito l’impiccagione di Giocasta – ad accecarsi. Un po’ come se, dopo quell’abominio involontariamente perpetrato, come estrema punizione, nulla avrebbe più potuto sottoporsi alla sua visione. Concluderà i suoi giorni esiliato, dimenticato da Tebe e dalla sua gente, allontanato dagli dei. Ed è proprio dalla celebre tragedia greca di Sofocle, l’Edipo re, che Freud trae diretto spunto per dar vita ad una delle nozioni più affascinanti, dibattute e controverse che la storia della psicoanalisi abbia mai conosciuto: il “Complesso di Edipo”, dalla cui modalità di superamento discenderà la futura scelta oggettuale dell’individuo. Esso racchiude in sè l’insieme dei sentimenti e dei desideri di natura sessuale espressi in tutta la loro ambivalenza e provati dal bambino verso i propri genitori: il complesso raggiunge la sua massima espressione fra i 3-5 anni, tempo che coincide con il cosiddetto “stadio fallico”, in cui secondo Freud tutti gli interessi del bambino sembrerebbero ora convogliati, appunto, verso il fallo (presente nel maschio/assente nella femmina.