Cinema e Psicologia. Dunkirk di Nolan

Dunkirk – 2017 Syncopy Inc., RatPac-Dune Entertainment, Warner Bros. Pictures.
Image courtesy of Warner Bros. Pictures

Un film sulla guerra, non un film di guerra. Un racconto visivo e sonoro, estremamente accurato e attendibile, dei fatti accaduti nei tragici giorni della primavera del 1940. L’esercito britannico, e parte di quello francese, si trovano circondati: davanti a loro l’esercito di Hitler, alle spalle il mare del Canale della Manica. Canale della Manica che separa l’isola dagli eserciti di Hitler e la marina britannica, la più potente al mondo, in grado di impedirgli di passare, tenuta in scacco dal fatto che più di 200 mila soldati sono bloccati in Francia: abbandonarli significherebbe lasciare indifesi i grandi possedimenti coloniali britannici, dall’estremo oriente a gran parte dell’Africa. La sera del 25 maggio il governo britannico prende la sua decisione: l’esercito britannico d’istanza in Francia deve essere evacuato via mare. Per farlo la marina militare fa appello a quella civile, in un disperato tentativo di riportare i propri soldati in patria.

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Il ritiro psicologico. Fondersi con le proprie fantasie

Sono passate ormai 2 ore di lezione, con il professore più noioso dell’istituto scolastico, che in maniera monotona e senza inflessioni vocali o emotive continua a spiegarvi un trattato di una delle materie da voi più odiate. Il vostro livello di sopportazione ormai è a limite, ma sapete che vi attendono ancora altre 2 ore di lezione, obbligatoriamente. Vorreste fuggire dalla classe, ma non c’è via di fuga. Ed eccola lì la soluzione: iniziate a immaginare di trovarvi altrove, in un altro posto, magari di fantasia e in una trama avvincente creata da voi e dove, magari, voi siete gli eroi, e subito, magicamente, la tensione cala e quelle 2 ore interminabili riescono, quasi, a concludersi velocemente.

Vi trovate in una nuova città, magari per motivi lavorativi, da soli, senza nessuno che vi conosce. Per molto tempo fate fatica a fare amicizia con qualcuno e, pian piano, vi sentite angosciati, depressi, per questo forte senso di solitudine nel ritornare nella vostra casa, senza qualcuno ad accogliervi. Decidete allora di accendere la tv o leggere un buon libro o addirittura guardare oltre la finestra e pensare a quella persona incontrata sul bus, al cosa sarebbe successo se…, e via a fantasticare.

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Il Caregiver. Quando la famiglia cura

Chi è il caregiver? Che ruolo ha e qual’ è la sua funzione? Nel parlare di malattie mentali o fisiche, spesso l’attenzione viene posta principalmente sul soggetto portatore di quel determinato disturbo. Proviamo invece a cambiare prospettiva mettendoci nei panni di chi vive a stretto contatto con una persona sofferente.

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Anoressie. Sui sensi del rifiuto

Guardando al passato, quando ci si accostava al termine anoressia (per un approfondimento, si rimanda all’articolo “L’anoressia – Dallo svezzamento al rifiuto del cibo”), l’associazione quasi scontata era all’età adolescenziale, intesa come la fase ma anche come “il luogo”, entro cui il disturbo finiva con il convogliarsi massimamente. Di contro, l’osservazione clinica odierna, pur suggerendoci di mantenere ugualmente la guardia alta visto il delicato momento di transizione che l’adolescenza delineerebbe, quasi c’impone di spostare parecchio all’indietro l’esordio di quella che oggi si pone come una delle patologie più gravi e complesse del nostro tempo.

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La bestia

Riflessioni sulla fiducia

Non fa piacere essere la bestia cattiva che se ne sta in un angolo buio, pronta ad azzannare.

Molto spesso le brutte bestie cattive hanno paura, e si nascondono solo per difendersi.

La vita le ha rese diffidenti: chiunque cercasse di blandirle non avrebbe vita facile.

I più si arrendono: perchè perdere tempo e occasioni con un essere vivente selvatico che se ne sta acquattato nell’angolo più sperduto?

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Il mutismo selettivo. Quando parla il silenzio

Il Mutismo Selettivo è un disturbo poco conosciuto perché poco riscontrato, ne sono affetti 7 bambini su 1000, che colpisce prevalentemente i bambini senza distinzioni relative al sesso e all’etnia e che è caratterizzato dalla persistente incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche, come ad esempio a scuola, quando ci si aspetta che si parli, mentre in altre situazioni parlare risulta possibile. Nei contesti in cui questi bambini si sentono a proprio agio riescono ad esprimersi normalmente e per questo spesso la loro difficoltà nel parlare viene scambiata per timidezza.

Nel mutismo selettivo lo sviluppo e la comprensione del linguaggio sono nella norma e non sono presenti disfunzioni organiche, disturbi della comunicazione (come la balbuzie) o disturbi mentali (come autismo, schizofrenia, ritardo mentale). Il disagio si può manifestare anche nella difficoltà che i bambini muto selettivi hanno nel mantenere il contatto visivo, nella loro rigidità fisica e nell’inespressività del volto. I bambini affetti da questo disturbo possono comunicare attraverso gesti, annuendo o scuotendo il capo in segno di diniego.

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Il bacio. Incontrarsi sulla pelle

C’è il bacio che sveglia una principessa da un lungo sonno… c’è il bacio della buonanotte, dato dal genitore amorevole ad un figlio prima di lasciarlo al mondo dei sogni… c’è il bacio in grado di trasformare un rospo in un principe… c’è il bacio di un discepolo che tradisce il maestro… 

Ci sono primi baci, e ultimi baci… Ci sono baci lenti, morbidi, dolci, e baci tiepidi, insipidi… Baciamo sulle labbra, baciamo sulla fronte, baciamo sulle guance, baciamo sul collo… Baciamo gli amanti, ma baciamo anche gli amici, i genitori, i fratelli… Baciamo per salutare, baciamo per ringraziare, baciamo per chiedere scusa, baciamo per condividere… 

Attraverso una così piccola parte del corpo come le labbra, siamo in grado di trasmettere un numero infinito di sensazioni ed emozioni e di veicolare tanti messaggi quanti possono le parole.

Alle origini del bacio… 

La biologa Kirshenbaum ha definito l’atto di baciare come l’aderire bocca a bocca di due individui o il premere le labbra su qualche altra parte del corpo di un altro o di un oggetto. I primissimi riferimenti storici al bacio sono rintracciabili in testi indù del 1000 a.C., anche solo in seguito il bacio ha acquisito la correlazione con la sessualità che ha oggi. 

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Genitorialità Pride. Basta che….Mi vuoi bene!

Chi tace spaventa

(Alda Merini)

“Diversi follow-up su questo campione hanno mostrato che l’adattamento psicologico, le relazioni tra pari, le relazioni familiari e i progressi scolastici di questi bambini erano del tutto paragonabili a quelli dei bambini cresciuti in famiglie eterosessuali, sottolineando come l’adattamento nell’infanzia sia determinato in gran parte dal funzionamento familiare (accordo tra i genitori, condivisione delle responsabilità, stabilità economica ecc.), indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori” (Castagnoli, 2009).

Provate a mettervi nei panni di … Di chi desidera un figlio e non può “naturalmente” averlo, chi deve ricorrere a percorsi di procreazione medicalmente assistita per riuscirci, chi a un utero surrogato, chi all’adozione. Quale di questi percorsi è meno privo di dolore, sofferenza, sacrificio? Percorsi che comunque portano alla vita.

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Il Butoh. La danza delle tenebre

image courtesy of allabout-japan.com

Un uomo nudo danza, con il corpo completamente ricoperto di pittura bianca. Le membra scosse da tremori sincopati e dolenti. La mimica del suo viso si tende, digrigna i denti, soffre, mentre ogni muscolo del suo corpo  si contrare in spasmi ritmici che compongono la danza delle tenebre.

Il butoh nasce in Giappone, tra gli anni cinquanta e sessanta grazie agli sforzi di Tatsumi Hijikata, e Kazuo Ohno. In origine il movimento artistico del Butoh si caratterizzava per il suo aspetto provocatorio, mettendo in scena tabù sessuali, una rappresentazione grottesca, decadente, mortifera eppure umoristica, in cui il corpo è sempre al centro della scena. L’attore è organico, amplia il concetto di danza trascendendo il concetto di estetica, diventando egli stesso luogo della rappresentazione drammatica.

Per molti il Butoh rappresenta un “grido primordiale che annienta e vanifica ogni norma, la trasformazione e la metamorfosi della ribellione del corpo naturale contro la violenza della cultura, che porta alla luce pure visioni dal subconscio sostenute unicamente dall’urgenza del desiderio e dell’istinto primitivo.

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L’ultima seduta. La fine del rapporto terapeutico

Concludere  un percorso psicoterapeutico, durato magari diversi anni, è l’ultimo atto “terapeutico” che si compie all’interno del setting clinico. Terapeuta e paziente sono giunti al termine del loro percorso comune. In base alla mia formazione, al momento del contratto terapeutico, all’inizio di una psicoterapia o di un percorso di consulenza, non viene fornito un termine, questo perché la relazione è il primo elemento che concorre alla cura della persone che si è rivolta al professionista. All’interno di essa, come attraverso pagine di un romanzo di cui ci siamo limitati a leggere la quarta di copertina, si svolgeranno tutte le vicende, verrà narrata e poi ri-narrata la storia del paziente, verranno messi in atto degli agiti, e la realtà irromperà diverse volte nel setting, ricordando che il qui ed ora è legato inevitabilmente al “lì ed allora” del passato della persona che si trova con noi nel campo analitico.

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