Il mito dell’amazzone. Il femminile nel vissuto oncologico

Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) si compone di una Ἀ iniziale un’alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire “seno”: il risultato sarebbe quindi “senza seno”. L’etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l’arco. Facendo una rapida ricerca su internet è evidente come molte donne operate al seno a causa di un carcinoma alla mammella si identificano nella figura delle Amazzoni, ossia come eroine pronte a combattere per la propria vita. La figura delle amazzoni però mette in luce una delle problematiche verso cui queste donne si devono interfacciare, ossia la propria sessualità e identità sessuale: talvolta, per scopi preventivi, le donne con carcinoma alla mammella subiscono oltre all’operazione al seno o la mastectomia, anche l’asportazione delle ovaie. L’insieme di queste operazione corporee hanno un impatto devastante anche sul mentale (per un approfondimento, si rimanda agli articoli “Oncologia e sessualità femminile – Scoperchiare il vaso di Pandora” e “La malattia oncologica – Il male senza nome”  e “Donne e cancro – In guerra con se stesse” ). L’amputazione di parti si Sé tipicamente femminili può portare queste donne ad identificarsi inconsciamente con assetti da combattenti, nella consapevolezza di stare combattendo una lotta contro un nemico mortale, il cancro. Si struttura, dunque, un’emancipazione di queste donne verso aspetti della propria vita precedentemente trascurati. Molte volte sono loro stesse che riferiscono come affrontare il tumore sia stato terribile, ma allo stesso tempo sia stata l’incipit per iniziare a lottare, e riappropriarsi della propria vita, non solo della propria salute.

Avviene così che donne che si percepivano deboli e sottomesse, iniziano a combattere per tutti i propri diritti: i diritti da malata, i diritti come lavoratrice, i diritti come donna. La giustizia diviene centrale per le loro vite, come una linfa vitale che motiva la loro forza d’indipendenza verso un ennesimo male, ingiusto, che ha provato a sottometterle.

Il carcinoma alla mammella, è come se aprisse le porte ad una “stanza” del Sé mai esplorata prima, ossia la possibilità di ribellarsi e di arrabbiarsi. Talvolta, però, accedendo ad un livello di rabbia arcaico, quello dell’odio verso la possibilità di morire, ci si può ritrovare completamente senza strumenti e senza risorse per gestirlo in maniera efficace e dunque può capitare che tutta questa rabbia venga spostata completamente verso un elemento esterno che conservi un dato di realtà motivato per riceverli: un nemico esterno ingiusto e che tenti di sottometterlo. Le battaglie personali divengono delle vere e proprie metafore sulla rivendicazione di una vita sana, nel tentativo di riappropriarsi di un’identità umiliata e mutilata.  L’identificarsi, però nella figura di una guerriera amazzone può provocare un assetto costante di vigilanza e controllo, sempre pronta a difendersi da qualsiasi attacco o imprevedibilità della vita. È cruciale, dunque, per queste donne, avere una battaglia da combattere, una battaglia dove può avere qualche possibilità di vittoria. Qualora, la paziente, dovesse rendersi conto che la propria reale battaglia sia contro la morte, probabilmente capirebbe di aver perso in partenza, rischiando di spostare tutto il proprio odio su se stessa.

Tale assetto attacco/fuga della paziente genera serie difficoltà nella possibilità di pensare a ciò che si sta vivendo. È importante dopo un’esperienza traumatica come un carcinoma alla mammella, comprendere quanta sia stata la paura di perdere la propria vita e di perdersi. Anche se può risultare una magra consolazione la reale battaglia che si deve combattere, non è contro la morte, poiché se ne uscirebbe sconfitti, prima o poi. La vera battaglia è quella verso il diritto all’autenticità, alla possibilità di essersi spaventate, aver sofferto e aver compreso quanto sia complessa la vita, piena di varie sfaccettature: la vera battaglia è scoprirne quante più possibili.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti

(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per Approfondire:

“Autumn in New York” film del 2000 di Joan Chen

AA.VV “La comunicazione con il paziente oncologico. Valutazione e interventi ”  Erikson, 2009

Bria P., Nesci D. A., Pasnau R. O., La Psichiatria di consultazione e collegamento: Teoria, Tecnica, Ricerca, Formazion, Alpes Edizioni, Roma, 2009

Fornari F., Affetti e cancro, Raffaello Cortina, Milano, 1985

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