Nel romanzo “Rebecca, la prima moglie” di Daphne du Maurier (che ha poi ispirato l’omonimo film di Alfred Hitchcock), una giovane ragazza sposa il vedovo Maxim.
L’uomo però è ancora innamorato della prima moglie, Rebecca, e continua a professare la sua perfezione; questo porterà la giovane protagonista a diventare così ossessionata da Rebecca da arrivare quasi alla follia.
Una tematica complessa è quella del corpo, da sempre luogo misconosciuto, da scoprire e riscoprire ogni giorno, che desta curiosità e mille dubbi.
Perché assumiamo una particolare postura?
Le emozioni giocano un ruolo importante per il nostro organismo?
Nel 99% dei casi, chi soffre di mal di schiena o di cervicale non richiede una consulenza psicologica, ma preferisce “curare sul sintomo” con effetto immediato chiedendo aiuto ad esempio al fisioterapista o all’osteopata. Di fatto, ad oggi esiste un’ottima collaborazione tra
queste figure professionali sanitarie e lo psicologo clinico che permette un lavoro sinergico per il benessere psico-fisico della persona.
“Per l’antropologo la postura può essere una caratteristica della razza, oppure una indicazione sullo sviluppo filogenetico; per il chirurgo ortopedico essa può essere l’indice di un buono stato della struttura ossea e del sistema muscolare; per un artista può essere l’espressione della personalità e delle emozioni; per l’attore è il mezzo per esprimere lo stato d’animo e il carattere; per il medico, il biologo, il modista, lo scultore… il ballerino il significato di postura varia a seconda del tipo di professione e interesse” (Wells e Luttgens, 1978).
Di ritorno da un Cammino, ancora sopraffatto ed inebriato da tutta la bellezza, la felicità e l’entusiasmo che un’esperienza del genere ti lascia, mi sono chiesto; ma tutta questa positività, tutti questi benefici, perchè non vengono utilizzati nel sociale? Perchè non si pensa a qualche progetto che preveda un Cammino per favorire la riabilitazione o l’integrazione sociale?
Questi pensieri hanno portato ad un ricerca, che fortunatamente ha riscontrato qualche piccolo risultato…
Mi chiamano psicologo. Questo è un errore. Sono piuttosto realista in un senso più alto, cioè descrivo tutte le profondità dell’animo umano. (Fëdor Dostoevskij)
Questa frase di Dostoevskij introduce al vero senso di una consulenza psicologica; lo scopo di un colloquio clinico, infatti, è quello di andare ad indagare nella realtà psichica del soggetto.
Se si dovessero collocare le emozioni in una parte del corpo, questa sarebbe indubbiamente la pancia. Non a caso si usano espressioni del tipo: “ho le farfalle in pancia” quando si è innamorati o “ho lo stomaco chiuso”, quando si è turbati. In ambito familiare, quando si sentono capiti “di pancia” i bambini si sentono rispettati e questa connessione emotiva profonda, crea le basi per la costruzione di un senso di sicurezza, di fiducia e di autoefficacia, indispensabili per lo sviluppo di una sana identità.
Lavorando come psicologa in un consultorio familiare, una buona parte del mio lavoro consiste nel sostenere le coppie di neogenitori nella transizione dalla diade alla triade, ovvero uscire dalla dimensione di coppia, in cui ognuno dei partner richiede e fornisce accudimento all’altro. L’arrivo di un figlio determina una rivoluzione nella strutturazione di questo rapporto e del nostro funzionamento interno.
Con il termine cancro si definisce un insieme di malattie con eziopatogenesi multifattoriale, caratteristiche cliniche e prognosi diverse, che hanno in comune un’alterazione del normale processo di riproduzione cellulare. Ci si ammala quando una “mutazione maligna” altera il regolare meccanismo di morte cellulare programmata (apoptosi) per cui i gruppi di queste “cellule impazzite” iniziano a moltiplicarsi in maniera incontrollata.
La malattia oncologica viene vissuta, inconsciamente, nella nostra cultura, come una “condanna a morte” poiché nel nostro immaginario collettivo la parola “cancro” è associata automaticamente all’idea di morte (cancro=morte è una classica equazione simbolica).
Se tengo una penna a un centimetro dai miei occhi, ciò che questi vedranno sarà una macchia informe del colore della stessa. Non appena l’allontanerò a una distanza oculista-friendly riuscirò senza alcuno sforzo ad avere una visione d’insieme dell’oggetto.
“Il sintomo è una risposta sana ad un contesto di comunicazione insano”.
(Gregory Bateson, “Verso un’ecologia della mente”)
Le tecnologie dell’informazione, e il web in particolare, hanno giocato e continuano a giocare un ruolo cruciale nella società attuale. La Rete diventa uno degli elementi strutturali dell’uomo post-moderno e contribuisce ad attivare e modellare nuove forme di socialità e di comunità, basate sulla molteplicità, sulla pluralità e sulla gestione della diversità. Viviamo in una realtà in cui la tecnologia sta trasformando rapidamente lo stile della comunicazione umana. Se fino a qualche anno fa era facile incrociare sui mezzi pubblici persone che sfogliavano un giornale o comunicavano fra loro, oggi è molto più probabile vedere persone con occhi fissi su uno schermo di uno smartphone.
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