Crearsi un nemico per superare l’angoscia. La Psicoanalisi della Guerra

                                         “Grande guerra- Soldato italiano”  by autoridimmagini.it

Perché la guerra?  Già Freud ed Einstein si ponevano nel 1931 questa domanda, sotto gli occhi vigili ed attenti di coloro che, in un incontro della Società delle Nazioni, speravano in un antidoto trovato da queste due geniali menti.  Appare troppo vero e chiaro come, dopo il 1914, nessuno possa più guardare al progresso della scienza e della tecnica senza considerarne il prezzo umano e senza considerare il pericolo micidiale che vi è racchiuso. Freud fu proverbiale anche su questo punto: “Gli uomini adesso hanno esteso talmente il proprio potere sulle forze naturali che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all’ultimo uomo.

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(An)Alice. La storia di una ragazza e la presentazione di un disturbo

Imagen de Emily_WillsPhotography en Pixabay 

In un pomeriggio come tanti, di un giorno pari del mese in cui è “dolce dormire”, accendo il computer, apro banalmente un documento Word e comincio a scrivere, a riversare su questa pagina bianca i contenuti della mia scatola cranica, come se questo schermo fosse un caro confidente, un diario segreto tempestato di glitter rosa nelle mani di una ragazzina, ma sempre con il lucchetto a fianco. Ebbene, ho avuto modo in questa fase della mia vita, del mio percorso formativo, di accostarmi in modo, tanto fortuito quanto intenso, alla Psicologia. Tale accostamento mi ha consentito di interpretare in un’ottica del tutto nuova, diversa ed originale, aspetti ordinari spesso dati per scontati, ma in particolare di venire a conoscenza tramite approfondimenti, del mondo della Psicoanalisi. È bastato un clic del mouse a consentirmi l’accesso a questo mondo, tramite un collegamento Youtube, l’indice del cursore preme la “stringa” ed ecco che in una manciata di secondi, il magico rettangolo del sito di condivisione mi carica un video e in questo video vi è un uomo.

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Pollicino: un percorso di crescita.

Avere fiducia di potercela fare anche nelle situazioni più complesse

 

  “Non è forte colui che non cade mai, ma colui che cadendo si rialza”.

                                                                                                                                                                                                     J. Wolfgang von Goethe

Le fiabe sono una traccia educativa che aiutano i bambini ad avviarsi sulla strada della vita, insegnando loro le grandi trame dell’esistenza, sulle quali comincia a disegnarsi l’anima. Pongono questioni semplici ma fondanti, che lavorano sull’inconscio di ognuno, creando identità morali e modelli di comportamento. Le fiabe sono importanti perché offrono una risposta non esplicita ma simbolica al senso della vita, e questo linguaggio mediato è proprio ciò che permette il collegamento tra l’aspetto emozionale e razionalità: attraverso le fiabe i bambini hanno una prima consapevolezza del loro mondo emotivo, perché essere personificano e danno voce a sentimenti e conflitti interiori non facilmente esprimibili. Secondo Jung le fiabe sono “l’espressione più pura dei processi psichici dell’inconscio collettivo e rappresentano gli archetipi in forma semplice e concisa” (Per un maggiore approfondimento si rimanda all’articolo La funzione psicologica della fiaba – Il regno del proprio inconscio). 

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Il rifiuto come trauma. La trasmissione intergenerazionale del trauma

Spesso accade che i genitori che vivono una sofferenza profonda, come ad esempio un forte trauma, un lutto, possono riuscire ad elaborare una serie di strategie e a mettere in atto delle difese psichiche facendo in modo di coprirla, mascherarla e allontanarla affinché possano continuare la loro vita, agevolando allo stesso tempo quella dei propri figli. Un gesto d’amore, questo, che tutela i figli e li tiene lontani dalla sofferenza. Tuttavia il dolore, il trauma, permane nella persona che lo ha subito e se non viene considerato, vissuto ed elaborato, esso rimane come incapsulato e può essere passato, come fosse parte del corredo genetico, alla seconda generazione che avverte e percepisce la sofferenza a livelli profondi, inconsci. Le difficoltà delle nuove generazioni derivano dalle generazioni passate, come un’eredità che viene lasciata a livello inconscio.

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Il grande equivoco della bruttezza. La lezione di Frankestein

Come posso spiegare le mie sensazioni di fronte a questa catastrofe […] Le membra erano proporzionate e avevo scelto i lineamenti più belli . Belli ! Buon Dio ! […] la bellezza del sogno era svanita, e un orrore e un disgusto soffocanti mi opprimevano il cuore.

                                                                                                                                                  (Shelley, 1818, pp. 69-70)

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La Sindrome del Bianconiglio. Vivere in un mondo frenetico

“Bianconiglio: Uh, poffare poffarissimo! È tardi! È tardi! È tardi!

Alice: Questo sì che è buffo. Perché mai dovrebbe essere tardi per un coniglio? Mi scusi? Signore!

Bianconiglio: Macchè! Macchè! Non aspettano che me! In ritardo sono già! Non mi posso trattenere!

Alice: Dev’essere qualcosa di importante. Forse un ricevimento. Signor Bianconiglio! Aspetti!

Bianconiglio: Oh, no, no, no, no, no, no! È tardi! È tardi, sai? Io sono già in mezzo ai guai! Neppure posso dirti

“ciao”: ho fretta! Ho fretta, sai?”

Lewis Carrol, Alice nel paese delle Meraviglie

Per approfondire:

Achenbach G. B. Il libro della quiete interiore. Trovare l’equilibrio in un mondo frenetico. Feltrinelli, 2015

Rosa H. Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità. Piccola Biblioteca Einaudi, 2015

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Non riuscire ad addormentarsi. Sai stare ad occhi chiusi?

Ci sono quelle notti dove con gli occhi spalancati, non ci si riesce ad addormentare in nessun modo. Eppure è tardi, si ha la consapevolezza di doversi alzare la mattina dopo. C’è qualcosa nella notte che ci sveglia, soprattutto nel momento di dormire e sembra così assurdo visto che ci si è sentiti stanchi per tutta la giornata. Sarà il richiamo della luna a renderci elettrici? In realtà, siamo in pigiama supini sul letto con l’acqua sul comodino, sembra esserci davvero tutto per affrontare la grande avventura del sonno. Ma continua ad esserci un’assenza. Cosa ci tiene in allerta?

Ci sono quelle notti dove il corpo è rigido, non si distende, non riesce a lasciarsi andare. Eppure non c’è niente di particolare che ci ha turbato negli ultimi giorni, la vita sembra essere quella di sempre. A partire dal collo, non aiuta il cuscino nuovo, c’è quel punto a destra vicino alla spalla che è dolorante e l’attenzione viene catturata da ogni dolore intercostale, da ogni tensione della mandibola. Si dice che ognuno di noi ha un lato più oscuro nel senso che è buio e quindi meno conosciuto e quindi potenzialmente spaventoso. Non sarà che il buio della notte richiama il buio interiore? Buio con buio crea un’immersione nel nostro Sé più inesplorato. Certo è che questo silenzio e questo buio che dovrebbero rilassarci ci mettono in contatto col vuoto.

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