Un vivere sobrio. Minimalismo e felicità nella società moderna

(In foto i possedimenti di Gandhi al momento della sua morte)

Durante il mio viaggio in Myanmar mi è capitato spesso di pensare alla felicità che traspare dai volti delle persone locali, nonostante apparentemente spesso vivano in condizioni di estrema povertà. Un giorno poi, parlando con la guida di un percorso di trekking a proposito dell’Agave, una pianta che cresce principalmente in centro america, ma che è molto presente anche in Myanmar, un ragazzo le suggerisce di utilizzarla per preparare la tequila e che sicuramente può trovare la ricetta in rete. La risposta della ragazza che ci stava accompagnando in quei due giorni è stata allo stesso tempo semplice e illuminante. “Perchè dovrei cercare la ricetta in rete? Perchè devo fare la tequila? Non mi serve!”

Quella risposta ovviamente valeva per la tequila, come per molte altre cose.

E’ veramente necessario andare sempre in cerca di qualcosa di nuovo da possedere? Qualcosa che nella maggior parte delle volte è superfluo nelle nostre vite? Qualcosa che se poi ci viene a mancare ci causa tristezza e ci fa sentire come se fossimo poveri rispetto a chi invece può avere quel determinato oggetto?

Da queste domande il pensiero che i paesi ancora non pervasi dal consumismo occidentale possano avere più tempo da dedicare alle persone, alla propria interiorità e di conseguenza alla propria felicità, piuttosto che alla produzione ed al consumo; e quindi la concreta possibilità di ritrovare se stessi attraverso la sobrietà ed il minimalismo.

Il minimalismo può essere definito come la ricerca consapevole di ciò che porta gioia nella nostra vita e l’eliminazione, volontaria, di tutto il resto. Spesso viene banalmente ricondotto alla semplice rimozione di oggetti, ma prima di tutto ci deve essere una ricerca consapevole di ciò che ci rende felici. Scegliere cioè quegli oggetti, quelle attività e quelle persone che portano felicità, gioia e serenità nella nostra vita. Solo dopo aver individuato le nostre vere necessità, potrà iniziare l’eliminazione volontaria di tutto ciò che è in eccesso.

“Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, inorridirsi, commuoversi, innamorarsi, stare con se stessi. Le scuse per non fermarci a chiedere se questo correre ci rende felici sono migliaia, e se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle”.

Tiziano Terzani

Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay ha da sempre sostenuto la filosofia minimalista, proponendola anche nei suoi discorsi all’Onu e rimarcandola spesso nelle varie interviste rilasciate. Famoso per aver rinunciato al 90% dello stipendio, alla casa presidenziale per continuare a vivere nella sua casa di campagna e per continuare ad andare in giro con il suo vecchio maggiolone; Mujica ha sempre espresso con concetti semplici l’importanza del vivere una vita sobria.

“La mia idea di vita è la sobrietà. Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere.“

Correlando poi la sobrietà con la felicità.

“La mia idea di felicità è soprattutto anticonsumistica. Hanno voluto convincerci che le cose non durano e ci spingono a cambiare ogni cosa il prima possibile. Sembra che siamo nati solo per consumare e, se non possiamo più farlo, soffriamo la povertà. Ma nella vita è più importante il tempo che possiamo dedicare a ciò che ci piace, ai nostri affetti e alla nostra libertà. E non quello in cui siamo costretti a guadagnare sempre di più per consumare sempre di più. Non faccio nessuna apologia della povertà, ma soltanto della sobrietà”.

Lo stesso Mujica spiega anche che tutte le cose che possediamo, oltre a toglierci il tempo che serve per acquistarle, hanno anche bisogno di qualcuno che se ne occupi, che le gestisca. Ecco, questo oltre ad occupare altro tempo, causa anche ansie e frustrazioni, andando decisamente contro un ideale di felicità.

Nel 2012 è nato il “World Happiness Report”, un rapporto che l’ONU fornisce alle nazioni rispetto al benessere ed alla felicità dei propri cittadini.

Come si può stilare una classifica di un valore soggettivo come la felicità?

I parametri utilizzati sono: il Pil (prodotto interno lordo), il tasso di criminalità, il reddito pro-capite, l’aspettativa di vita, il tasso di occupazione ed il livello di istruzione.

In questo caso tre paramentri su sei riguardano l’aspetto economico e considerando il fatto che il livello di istruzione è spesso correlato in maniera importante al reddito familiare, appare evidente che secondo questo rapporto ricchezza e felicità sono direttamente proporzionali. (Finlandia , Danimarca e Norvegia compongono il podio di questa classifica).

Secondo un altro studio dell’Onu invece, ripreso anche dalla famosa azienda produttrice di guide turistiche “Lonely Planet”, il paese dove le donne e gli uomini sono più felici è il Buthan!

Ebbene si, il piccolo paese tra Cina ed India, dove le persone vivono con 200 dollari al mese, risulta essere il più felice al mondo, seguito dall’Inghilterra e dalla Macedonia.

Questo è il risultato ottenuto dopo quasi 50 anni di FIL (Felicità interna lorda).

Nel 1972 il quarto re del Bhutan, Jigme Singye Wangchuck, intervistato da un giornalista sui risultati del prodotto interno lordo (PIL) del suo Paese, risponde con decisione che l’unica cosa che ritiene importante è la felicità interna lorda (FIL). Il FIL entra quindi in modo ufficioso nello stile di vita bhutanese.

Dal 1972 i bhutanesi hanno iniziato a dedicare più attenzione alla loro felicità; poi, nel 2008 il quinto re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck ha deciso di inserire il FIL nella costituzione, facendone un obiettivo ufficiale. Si tratta della prima Costituzione democratica del Paese.

Quattro sono i paramentri che permettono di stabilire il FIL del Bhutan. Tutela dell’ambiente, difesa delle culture locali, buona amministrazione e sviluppo sostenibile. Secondo il re, questi criteri consentono di condurre e creare una “politica di sviluppo basata su determinati valori”.

Tutte le leggi o i progetti proposti sono vagliati dalla Commissione del FIL, che ne verifica la compatibilità con la politica della felicità.

“Se viene proposto un progetto minerario, questo non deve essere eccessivamente d’intralcio all’ambiente. In tal caso la Commissione può impedire la realizzazione del progetto anche se dovesse comportare ingenti entrate pecuniarie” scrive Sabine Verhert, giornalista di “La Libre.bee” specialista di questioni bhutanesi. “L’economia interessa solo ed esclusivamente se reca un vantaggio alla popolazione e al suo benessere; inoltre l’equilibrio socio-economico non deve assolutamente essere minacciato, soprattutto dal desiderio di creare profitto”.

Come precedentemente detto, è molto complesso classificare sentimenti soggettivi come la gioia, la paura o l’insicurezza. Per far questo, l’amministrazione buthanese conduce ogni cinque anni questionari campione. In base ai risultati di questi questionari vengono poi adattate le riforme e el politiche governative della felicità. I cittadini vengono intervistati su diversi ambiti con domande molto varie che spaziano dal “Nutre gelosia nei confronti del suo vicino di casa?” a “Ha problemi con la fauna selvatica?”.

Pochissime domande sono dedicate allo stipendio o al rapporto con il denaro, che non deve essere prioritario.

Il Buthan ha deciso di non far entrare nella sua realtà locale i nuovi bisogni creati dalla produzione e dal progresso negli ultimi venti anni,considerandole sovrastrutture inutili. Viene condotta una lotta contro la ricerca della ricchezza a tutti i costi. Lo stato è contro la dinamica lavora-produci-consuma e non accetta la sovrapproduzione che porterebbe all’esaurimento delle materie prime.Il tasso di povertà non viene visto come un problema.

In Bhutan l’obiettivo di questa politica non è quello di rendere le persone felici, quanto creare delle condizioni di vita che permettano, a chi vuole, di esserlo.

Secondo Sabine Verhest “bisogna capire che il concetto di felicità per i bhutanesi non è lo stesso che abbiamo noi (occidentali). Non è una sensazione momentanea perché abbiamo ricevuto un regalo. È qualcosa di più profondo, una sorta di stato di totale appagamento”.

Molti studiosi si sono recati in Buthan per studiare il funzionamento del Fil e per tentare di esportarlo in altre nazioni, ma il risultato è stato sempre lo stesso; non può essere esportato. Almeno non così come è strutturato nel piccolo paese asiatico. Le tradizioni e la cultura sono una parte molto importante della felicità interna lorda e sono allo stesso tempo molto diverse da Paese a Paese.

Questo però non esclude che il metodo possa essere adattato alle altre nazioni!

Nel nostro mondo occidentale odierno, scegliere di condurre una vita minimalista è sicuramente una scelta di coraggio. Una scelta che però sempre più persone stanno facendo, forse proprio come risposta di rigetto alla cultura consumistica. Se sia davvero la chiave della felicità è difficile dirlo, la soggettività di quest’ultima non permette di trovare un’unica “ricetta”; ma a volte quello che serve è solo una piccola dose di coraggio.

Dott. Diego Bonifazi

Assistente Sociale a Roma

(+39) 3296614580

Email: diego.bonifazi@yahoo.it

 

Per approfondire

Le Journal International – Buthan: lunga vita alla felicità interna lorda

Josè Pepe Mujica – La felicità al potere

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