L’ascolto attivo. Tecniche per aiutare chi aiuta

 

Una delle caratteristiche che dovrebbe possedere qualsiasi professionista nella relazione d’aiuto, compreso il volontariato, è quella di  saper partecipare in maniera attiva alla relazione con l’altro, cercando di comprenderlo e comunicargli la comprensione del punto di vista, dei sentimenti e degli atteggiamenti dell’altra persona. Questo atteggiamento può sintetizzarsi con il termine “ascolto attivo”, che enfatizza il ruolo di partecipazione attiva, adottando un atteggiamento non direttivo. L’ ascolto attivo è la capacità di porre attenzione alla comunicazione dell’altro senza formulare giudizi.  

È un atto intenzionale che impegna la nostra attenzione a cogliere quanto l’altro ci riferisce sia in modo esplicito che implicito, sia a livello verbale che non verbale. Affinché diventi attivo l’ascolto deve essere aperto e disponibile non solo verso l’altro e quello che dice, ma anche verso sé stessi per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti dei propri punti di vista.

Un elemento essenziale dell’ascolto attivo consiste nell’utilizzo della tecnica della riformulazione, quale modalità di traduzione in parole del tentativo di comprendere l’esperienza soggettiva dell’altro. Facilitare l’espressione dell’altro significa di volta in volta creare le condizioni interpersionali che meglio si adattano alle caratteristiche del discorso del soggetto, sostenendolo, incoraggiandolo, ma anche focalizzandone l’attenzione e l’espressione. L’attenzione, la partecipazione e l’ascolto sono utilmente sottolineati e segnalati da piccoli movimenti di assenso del capo oppure da semplici verbalizzazioni, quelle che tipicamente si emettono quando si ascolta attentamente un’altra persona che parla ( ad. Esempio “Uhm”, “uh-uh”, “sì” ecc). Questi brevi interventi verbali o non verbali vengono definiti Prompts (solleciti, suggerimenti), e servono a far sapere all’altra persona che “siamo con loro” e che li incoraggiamo a proseguire nel discorso.

È molto importante chiarire che la riformulazione e la chiarificazione non è un dispositivo tecnico da apprendere ed attuare in maniera meccanica. Si tratta piuttosto di apprendere un modo di essere e di interagire con l’altro, caratterizzato da un SINCERO interesse nei suoi confronti e dal tentativo di comprenderlo, che si palesa attraverso la riformulazione.

Ci sono tre elementi centrali della riformulazione:

  • La riformulazione è una risposta o reazione al messaggio dell’altra persona;
  • La riformulazione di solito è più breve e/o chiara rispetto al messaggio dell’altra persona e rimanda qualcosa di quanto detto dall’interlocutore stesso, tramite altre parole senza alterarne il messaggio;
  • La riformulazione non ha la forma di un’affermazione, piuttosto è formulata con l’intonazione o il significato di una richiesta, esplicita o implicita, che mira a chiedere al cliente una conferma, circa l’accuratezza della riformulazione stessa.
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Esempio:

 A: Negli ultimi tempi, in famiglia, le cose non vanno molto bene. Litigo spesso con mia moglie, non so cosa pensare…

B: ti senti confuso e preoccupato?

Esiste la riformulazione semplice e la riformulazione del sentimento.

La riformulazione semplice consiste nel rimandare e riproporre all’interlocutore semplicemente il contenuto manifesto ed evidente della sua comunicazione. In termini generali, la riformulazione semplice consiste nel ripetere, parafrasare o riassumere la comunicazione appena ricevuta dal soggetto.

Si possono distinguere diversi tipi di riformulazione semplice, in base alla minore o maggiore ampiezza del messaggio che viene riformulato:

  • Eco o reiterazione Semplice: ripetizione dell’ultima o delle ultime parole pronunciate dall’interlocutore, con lo scopo di sollecitare la prosecuzione del discorso
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Esempio

A: Faccio molta fatica a parlare con mio fratello, negli ultimi tempi. Mi sembra ci siano sempre incomprensioni, problemi…non so se..

B: Se?

A: Se valga la pena continuare ad insistere per cercare un dialogo con lui..

  • Reiterazione parziale: Vengono ripetute alcune parole all’interno della frase dell’interlocutore, con l’intento di far approfondire al soggetto un determinato argomento.

Esempio

A: Ho sempre in testa quel pensiero, che mi impedisce di sentirmi sereno, a mio agio…tranquillo.

B. Quel pensiero?

A. Sì, il fatto che mia madre stia invecchiando e che forse, prima o poi, dovrò affrontare la sua scomparsa.

  • Parafrasi: Consiste nel riproporre al cliente gli aspetti fondamentali del suo discorso, in forma più sintetica e, se possibile, più chiara. Spesso questo tipo di riformulazione viene iniziato con una formula linguistica che vuole la sua natura non assoluta:

“Se ho ben capito”, “Mi sembra di capire che tu”, “Correggimi se sbaglio”, “Proviamo a vedere se ho capito”, «Mi stai dicendo che», ecc.

Esempio

A: Ci sarebbero tante cose da dire, tanti problemi, il lavoro soprattutto, non so da che punto iniziare, in lavoro non va, non va bene..

B. Se ho ben capito, il lavoro attualmente è il problema principale, è così?

Riformulazione riassunto: Detta anche riepilogo è, di fatto, una parafrasi riferita a una porzione più estesa di discorso, con la quale si ripropone all’interlocutore la sintesi di un tema o di un insieme di argomenti sviluppati in più turni comunicativi.

Esempio

B (Dopo un’ampia esposizione di A): Mi hai raccontato in dettaglio le tue difficoltà in questo periodo, che sono, se ho ben capito, legate soprattutto alla necessità di prendere una decisione circa  l’acquisto di una nuova casa per i tuoi figli. Da un lato pensi che sia un passo necessario, dall’altro sei piuttosto spaventato da tutto ciò che questo comporta… se ho compreso bene.

Se la riformulazione semplice facilita il processo comunicativo, la riformulazione del sentimento serve a far emergere e a mettere in luce l’intenzione, l’affetto o l’atteggiamento insiti nelle parole dell’interlocutore e a proporglieli senza imporglieli.

Spesso si tratta di cogliere un significato personale di ordine emotivo, manifesto nella comunicazione verbale e non verbale, e di rispecchiarlo al cliente con tatto e sensibilità.

Esempio

A: Ero veramente arrabbiata con mio marito, lo avrei preso a pugni da quanta rabbia sentivo dentro

B: Eri furiosa con lui..

A: Si furiosa! Anche di più!

Tale intervento può riguardare non solo i sentimenti in senso stretto ma l’intera gamma degli affetti dell’interlocutore e fare riferimento ai suoi stati d’animo, le sue aspettative, le sue intenzioni, ai significati soggettivi e così via.

Esempio

A: Quindi…continuavo a domandarmi cosa avrei dovuto fare, dovevo trovare una risposta, per me era vitale, dovevo decidere cosa fare, non potevo restare così, immobile…

B: Era come se sentivi di voler reagire in qualche modo

A: Si proprio così, sentivo di voler reagire…

È fondamentale tenere sempre a mente che le tecniche d’ascolto attivo possono essere una modalità comunicativa che agevola la relazione tra il professionista d’auito ed il paziente, ma l’elemento imprenscidibile per una buona alleanza terapeutica è l’autenticità con cui ci si approccia all’altro, un’autenticità personale, identitaria e di una sincera curiosità verso i vissuti dell’altro. Senza tali elementi, le tecniche d’ascolto attivo rischiano di assumere una funzione manipolatoria ai danni della persona sofferente e bisognosa di un ascolto sincero, all’unico scopo di alimentare un perverso narcisimo di chi lo adotta, è dunque sempre opportuno diffidare da tutti coloro che garantiscono che “Grazie al mio aiuto o alle mie tecniche, la tua vita cambierà in meglio”.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti

(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per approfondire

  • De Sario P. (2002), Non solo parole, Franco Angeli, Milano
  • Gordon T, (2002), Relazioni efficaci. Come costruirle. Come non pregiudicarle, La Meridiana, Molfetta (BA)
  • Spalletta E., Germano F. (2006), Microcounseling e Microcoaching, Manuale operativo di strategie brevi per la motivazione al cambiamento, Sovera, Roma

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