Mese: Novembre 2015

Nella stanza d’analisi. La svolta di un agito

Beatrice si presenta per il primo colloquio con diversi minuti d’anticipo. Bussa tutt’a un tratto ed io sono come presa di soprassalto, faccio per alzarmi, così da accoglierla sulla porta, ma non ne ho il tempo. La paziente è già entrata. Sono un po’ spiazzata, ma chiaramente mi accingo a darle la mano e a presentarmi prima di chiudere la porta alla mie spalle: lei si è già accomodata sulla sedia senza neppure ricambiare il mio tentativo di saluto. Il tutto senza avermi mai guardata negli occhi. Mi scruta da dietro i suoi grandi occhiali scuri, Beatrice, quegli occhiali che terrà per l’intera durata del primo colloquio e che immediatamente richiamano alla mia memoria quelli della Mondaini, ma i suoi sono solo timidi e frammentari accenni di uno sguardo che stenta a concedermi. La paziente è rigida, come avvolta dentro ad un guscio protettivo, addosso avverto tutta quella sua chiusura mista ad un senso di vergogna che ancora non so “dove” collocare.

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La gastrite psicosomatica. Il dolore delle emozioni indigeribili

Nel 1500, il medico naturalista e filosofo Paracelso paragonò lo stomaco ad un laboratorio alchemico, ossia un forno che permette di elaborare e trasformare gli elementi grezzi in sostanze nutritive ed essenziali per l’organismo fisico e dell’anima, attraverso un fuoco interiore. Lo psicoanalista Wilfred Bion, a distanza di secoli, paragonò l’apparato digerente a quello psichico, evidenziando un processo comune ai due meccanismi: l’introiettare dall’ambiente esterno un’esperienza grezza per poi elaborarla e trasformarla in elementi digeribili, emotivi, perlopiù funzionali all’organismo psicosomatico. D’altronde, nei primi anni di vita, il neonato inizierà a relazionarsi con la realtà attraverso l’esperienza del nutrimento, caricando di forti cariche emotive il cibo introiettato (si rimanda agli articoli: Obesità – L’imbottitura dell’anima  e Anoressia – Tra narcisismo e conflitti interiori) , ed associando la sensazione di fame a forti sentimenti di angoscia di morte e destrutturazione, il momento del nutrimento a un forte appagamento dei suoi desideri di vita e il sentimento di sazietà ad un momento di sicurezza.

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La condizione della donna. Una violenta quotidianità

Ogni volta in cui si avvicina il mio turno di scrivere un articolo per Il Sigaro di Freud, tantissime idee si affollano e si aggrovigliano nella mia mente, così da creare il cosiddetto “blocco dello scrittore” (non che abbia la presunzione di definirmi tale), per cui rimango ore, giorni a guardare un foglio bianco, a scrivere poche parole per poi cancellarle, ed infine avere un fortunato insight (si rimanda all’articolo “L’insight – Di come il caos diventa ordine”) e sbloccarmi o, nei casi sfortunati, pubblicare un articolo di cui non sono affatto soddisfatta e che eviterò in ogni modo di rileggere in seguito. Ebbene, questa volta l’insight è arrivato guardando il calendario e la data in cui sarebbe dovuto uscire il mio articolo: l’articolo uscirà il 23 Novembre ed il 25 Novembre sarà la Giornata Internazionale contro la Violenza sulla Donna. In qualità di donna in primis, di psicologa e di operatrice presso i Centri Antiviolenza poi, è da tempo che vorrei trattare la questione da un punto di vista femminile (per un punto di vista maschile, si rimanda all’articolo “La violenza sulle donne – “Il sesso debole”, invenzione di una società patriarcale”), ma evidentemente alcune resistenze mi avevano frenata dal farlo, fino a quando non è stato il calendario a suggerirmi che fosse arrivato il momento giusto.

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Esperienze e Terapie con Animali
Quattro Zampe e un Cuore

“Il tempo trascorso con i gatti non è mai sprecato”

(Sigmund Freud)

Gli animali, come i cuccioli di uomo, sono un’immensa fonte di amore incondizionato.

Sentiamo subito sulla nostra pelle gli effetti positivi della vicinanza di un animale domestico: lo scodinzolare di un cane ci fa sperimentare improvvisamente la felicità,  le fusa di un gatto ci rilassano e la buffa corsa di un coniglietto ci fa sorridere e intenerire.

La relazione con un animale nasce da interazioni corporee e sensoriali, di forte impatto emotivo. Costruiamo con lui  un rapporto che cresce nella quotidianità, un attaccamento in cui sperimentiamo fiducia, cura, gioco, compromessi, abitudini, affetto… e soddisfiamo il nostro innato desiderio di prenderci cura di qualcun altro che, fragile e dipendente dalle nostre attenzioni, ci permette di non sentirci inutili e migliora la nostra autostima. Sentiamo di essere incondizionatamente ricambiati nell’ affetto, perché un amico a quattro zampe è anche il facile obiettivo di importanti proiezioni. Percepiamo e sperimentiamo pensieri e stati d’animo nostri inconsapevoli, attribuendoli a lui. Facciamo esperienza di un legame sicuro, perché il suo affetto non è altro che lo specchio del nostro affetto: amiamo e quindi riceviamo amore.

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La famiglia. Vicinato scomodo del paziente o essa stessa paziente?

Una persona si reca dallo psicologo. Sono in uno studio per una consulenza che, se lo psicologo fosse anche psicoterapeuta, potrebbe diventare una psicoterapia. Fisicamente nello studio sono due. Giusto? Ma quanti sono in realtà? Quante persone porta con sé chi si reca dallo psicologo?

È noto, ed è forse diventato un luogo comune anche oggetto di battute bonarie nei confronti della nostra categoria, che la relazione con la madre fa spesso parte dei fattori scatenanti del disturbo di cui è affetto chi si reca dallo psicologo. Durante i primi anni di vita dei bambini le mamme vengono messe sotto la lente di ingrandimento. I loro comportamenti vengono analizzati accuratamente e spesso questo diventa anche un elemento ansiogeno se invece di esserci attenzione e interesse c’è del giudizio.

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Internet Addiction. Un’arma a doppio taglio

Foto di Robinraj Premchand da Pixabay

La storia di internet è affascinante! Un’idea nata inizialmente nel corso degli anni ‘60 per consentire ad utenti di diversi computer di poter comunicare tra loro, si è evoluta attraverso lo sviluppo tecnologico delle reti di telecomunicazione, fino a giungere negli anni ’90 al lancio del “World Wide Web”. Questo processo di espansione non si è mai arrestato: inizialmente la rete metteva in comunicazione solo i paesi occidentali, poi si è estesa ai paesi in via di sviluppo, oggi tutto il mondo è “collegato”. Noi che apparteniamo al XXI° secolo siamo così abituati all’utilizzo di questo tipo di media, tramite l’uso di smartphone, pc e tablet, che ci dimentichiamo della sua natura complessa e polimorfa, perché siamo ormai dipendenti dalla molteplicità dei bisogni individuali che la stessa rete può soddisfare. La comodità che internet ha fornito e per molti aspetti il suo sano utilizzo, come ad esempio la libertà di informazione, scevra da qualsiasi tipo di controllo mediatico, dato che tutti hanno diritto di parola, nasconde il suo “lato oscuro”, l’altra faccia della medaglia di questo strumento.

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Pelle e Psoriasi, Un fortino per le emozioni

La pelle: punto di contatto ma anche punto di confine fra noi e l’altro, fra il dentro e il fuori. Costituendo un involucro di protezione per i nostri organi interni, accanto alla funzione di rivestimento corporeo, a quella di termoregolazione e di massiccia difesa da ogni sorta di aggressione esterna, dobbiamo anche pensare che la nostra cute possiede una fondamentale funzione in campo relazionale. Facendo ricorso ad un po’ d’inventiva potremmo quasi associarla ad una fisarmonica, che ora allunga e ora accorcia le sue braccia immaginarie, modulando opportunamente le distanze da tenere nei contesti più diversi in cui si trovi immersa: proviamo a figurarci anche solo per un attimo, come durante un rapporto sessuale fra due amanti quei confini siano ridotti al minimo, quando la pelle dell’uno sembra quasi fondersi con quella dell’altro, prestandosi così ad una piena “esposizione”.

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The visit. “You have to laugh to keep the deep darkies in the cave.”

the visit – 2015 Blinding Edge Pictures, Blumhouse Productions, distribuzione Universal Pictures
Image courtesy of Universal Pictures

Becca e Tyler sono fratelli, lei è un’adolescente, lui ha appena otto anni. Lei ha la passione della regia, lui vuole fare il rapper. Lei non si guarda mai nello specchio, neanche quando si lava i denti; lui ha la fobia dei germi, da quando il padre li ha abbandonati per andare a vivere a Los Angeles. La madre si sta costruendo una nuova vita, con un nuovo compagno e dopo quindici anni sta tentando di riallacciare i rapporti con i proprio genitori, interrotti quando aveva deciso di sposare l’uomo che ora l’ha lasciata per una ragazza conosciuta in uno Starbucks e che loro non hanno mai accettato.  Per una settimana i due fratelli andranno a stare dai nonni che non hanno mai conosciuto, a Masonville, una sperduta comunità agricola in Pennsylvania. Sarà una settimana di puro divertimento, l’unica regola è non uscire dalla propria stanza dopo le nove e trenta. Per Becca è l’occasione perfetta per girare un documentario sulla sua famiglia d’origine, peccato non sappia di star girando un film horror.

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