In questo periodo si parla dell’Altro, dello straniero, del diverso, quasi ossessivamente, e sempre come se fosse qualcosa di lontano, fondamentalmente estraneo a noi, Altro appunto.Ma “L’alterità accompagna da sempre la costituzione dell’identità”.
Siamo in realtà abitati dall’Altro, il nostro Io è un altro rispetto a noi, scrive Recalcati citando Rimbaud, che proprio per conoscere l’Altro che lo abitava, si mise in viaggio, verso nuovi popoli e nuove possibilità. Il soggetto è costitutivamente diviso,ovvero non è una monade, chiusa, solida, bastante a se stessa, ma ha sempre bisogno dell’Altro, tende sempre verso l’Altro.
“Si racconta che al tempo, in un vilaggio di pescatori, vivesse un giovane alto e forte di nome Pizzomunno. Sempre nello stesso luogo abitava anche una fanciulla di rara bellezza, con i lunghi capelli color del sole di nome Cristalda. I due giovani si innamorarono, amandosi perdutamente senza che niente potesse separarli. Pizzomunno ogni giorno affrontava il mare con la sua barca e le sirene emergevano dal mare per intonare in onore del pescatore dolci canti. Le creature marine, prigioniere dello sguardo di Pizzomunno, gli offrirono diverse volte l’immortalità se lui avesse accettato di diventare il loro re e amante.L’amore che il giovane riversava su Cristalda, però, rendeva vane le offerte delle sirene. Una delle tante sere in cui i due amanti andavano ad attendere la notte sull’isolotto che si erge di fronte alla costa, le sirene, colte da gelosia, aggredirono Cristalda e la trascinarono nelle profondità del mare. Pizzomunno rincorse invano la voce dell’amata. I pescatori il giorno seguente ritrovarono il giovane pietrificato dal dolore nel bianco scoglio che porta ancora oggi il suo nome. Ancora oggi ogni cento anni la bella Cristalda torna dagli abissi per raggiungere il suo giovane amante e rivivere per una notte sola il loro antico amore.”
In finanza si parla di cigno nero per indicare un evento raro, inatteso, improbabile, imprevedibile e dagli effetti dirompenti.
Oggi questa espressione è di uso comune grazie al libro di Taleb Nassim “Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita”, ma l’origine si deve al poeta latino Giovenale che usava l’espressione “cigno nero” per indicare un evento impossibile.
E chissà quanto ho viaggiato quante facce sono stato Quante volte ho chiuso gli occhi quanta polvere ho mangiato Quante volte ho chiesto scusa quante volte ho perdonato Come sabbia dentro al vetro come vento sul vestito E il treno sta partendo e non è ancora partito
Viviamo e percepiamo. Esistiamo e guardiamo alle cose con un senso critico, costantemente desiderosi di capire cosa succede nel mondo interiore ed esteriore perché l’unica certezza che l’uomo ha è il suo esperire senza sapere cosa esattamente o come.
Nel corso degli ultimi decenni, la società umana economicamente avanzata ha subito un enorme salto in avanti dal punto di vista tecnologico. Ogni aspetto dell’ambito umano ha dunque goduto di questa evoluzione, dalla comunicazione ai trasporti, dall’edilizia alla sanità. Questo notevole salto in avanti pone l’essere umano dinanzi ad un quesito etico, rappresentato in molti film cinematografici, ossia come la tecnica influenzi o sovrasti l’uomo. Possiamo affermare che ad oggi non è più l’uomo che ha potere sulla tecnica. Galimberti afferma che non vi è più l’utilizzo della tecnica per i propri fini, bensì il contrario: sono gli scopi che vengono modellati intorno alle nuove tecniche ( si rimanda all’articolo Psicopatologia della società moderna – Figli del materialismo). C’è dunque un crollo della finalità autentica dell’uomo, che comporta a livello generale una crisi identitaria, compensata dalle mille foto caricate online per modellare, attraverso la tecnica, un’identità fittizia, un falso sé virtuale: un avatar composto da come vorremmo essere percepiti dall’altro ( si rimanda agli articoli Il Falso Sé – Modellati nell’ambizione e Il Falso Sè – Sul sentimento di autenticità).
“Ho chiamato te perchè ti sento vicina; perchè so che al mio posto proveresti le mie stesse emozioni, avresti i miei stessi dubbi. Ho chiamato te perchè puoi capire quello che provo e quello che dico.”
Questo è quello che dissi non troppo tempo fa ad una persona a me cara, quando la chiamai per condividere con lei pensieri e preoccupazioni su di un determinato argomento.
Saper comunicare è una delle cose più difficili e impegnative, per poterlo fare in modo efficace bisogna sapersi conoscere, saper conoscere le proprie capacità e i propri limiti. Qualche mese fa mi è capitato di incontrare una persona, una ragazza di nome Luna, con la quale abbiamo stretto una bellissima amicizia, con lei non ho difficoltà a parlare, mi fa sentire al sicuro e libera di potermi esprimere come voglio. Durante la nostra conoscenza ho però scoperto una cosa, nei suoi silenzi si celano parole che non possono essere dette con la voce, ed è in questo momento che basta uno sguardo per poterci capire, comprendere fino in fondo. Continuando la nostra conoscenza ho avuto modo di capire che Luna ha difficoltà ad esprimere con le parole il suo pensiero soprattutto nel momento in cui si trova in difficoltà o sente di essere stata ferita, si chiude in un mutismo che è quasi impossibile superare. Spronarla, incoraggiandola ad utilizzare le parole per verbalizzare il suo pensiero è un compito arduo, ma con fatica ed impegno ho capito come poter fare per entrare in contatto con lei, dando quindi spazio ad una comunicazione. Con il tempo ho imparato che una delle cose più importanti nella comunicazione rimane proprio il silenzio.
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