Elogio della tristezza. Ciò che la felicità non dice
“Non si può essere profondamente sensibili in questo mondo senza essere molto spesso tristi.
(Erich Fromm)”
Immagini, post, condivisioni, hashtag e tweet! La frenesia dei nostri tempi mira ad esaltare il godimento e la felicità perenne, almeno apparentemente, della persona di turno, allontanando il più possibile l’insoddisfazione e il profondo senso di vuoto. Difficilmente sui social potremo trovare post o commenti che descrivono emozioni profonde, a meno che, anch’esse, non conservano un aspetto esibizionistico.
La ricerca e l’ostentazione della felicità perenne è il fil rouge di ogni intenzione, ed ecco dunque nascere percorsi per trovare la propria felicità, strategie per allontanare pensieri negativi, fino ad arrivare a pratiche per indursi la risata, con l’idea che illudendo il corpo si possano illudere i propri pensieri.
In realtà la ricerca di una felicità soltanto immaginata e mai provata, nasconde la ricerca illusoria di qualcuno diverso da se stessi, diventare qualcuno di migliore, che non possa mai soffrire, disancorandosi dalle proprie consapevolezze psicocorporee.