Giorno: 14 Dicembre 2018

Elogio della tristezza. Ciò che la felicità non dice

“Non si può essere profondamente sensibili in questo mondo senza essere molto spesso tristi.
(Erich Fromm)”

Immagini, post, condivisioni, hashtag e tweet! La frenesia dei nostri tempi mira ad esaltare il godimento e la felicità perenne, almeno apparentemente, della persona di turno, allontanando il più possibile l’insoddisfazione e il profondo senso di vuoto. Difficilmente sui social potremo trovare post o commenti che descrivono emozioni profonde, a meno che, anch’esse, non conservano un aspetto esibizionistico.

La ricerca e l’ostentazione della felicità perenne è il fil rouge di ogni intenzione, ed ecco dunque nascere percorsi per trovare la propria felicità, strategie per allontanare pensieri negativi, fino ad arrivare a pratiche per indursi la risata, con l’idea che illudendo il corpo si possano illudere i propri pensieri.

In realtà la ricerca di una felicità soltanto immaginata e mai provata, nasconde la ricerca illusoria di qualcuno diverso da se stessi, diventare qualcuno di migliore, che non possa mai soffrire, disancorandosi dalle proprie consapevolezze psicocorporee.

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Il Gioco D’Azzardo
L’illusione di Controllare il Destino

Giocare.

Un verbo semplice che ha il potere di riportarci alla mente ricordi d’infanzia. Quei giochi bramati, attesi, pretesi come momenti di svago, come opportunità di crescita.

Nel gioco ogni bambino ha l’occasione di trasportarsi in un mondo alternativo e divertente fatto di  regole e di fantasia. Attraverso le regole ha l’opportunità di sperimentare i propri limiti e riconoscersi e, attraverso la fantasia, di cedere ai desideri onnipotenti e infantili di sovraumanità, potendo controllare la realtà alternativa nell’illusione di controllare il reale  (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo Il ruolo del gioco nello sviluppo- da 0 a 99 anni”). “Esiste TUTTO nella fantasia”, ripeteva mia madre quando ero piccola.

Il gioco è un bisogno primordiale che non appartiene solo ai bambini: è un’occasione desiderata e ricercata nell’intero arco di vita perché crea una rottura all’abitudine, sollecita pensieri nuovi, gratifica e sa di libertà. Dona l’opportunità – anche agli adulti – di rientrare in contatto con quei pensieri onnipotenti infantili che nella realtà-reale rimangono (nei più) sopiti, scontrandosi con troppi fattori incontrollabili.

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L’angoscia. L’ansia che genera ansia

Sara è alle prese con la preparazione dell’esame di terza media, è una studentessa brillante che nel corso degli anni ha sempre ottenuto ottimi voti. La preparazione per l’esame finale è andata bene, la costanza nello studio le ha permesso di arrivare al giorno dell’esame sicura e di sé e delle proprie capacità. Il fatidico giorno è arrivato e Sara inizia ad avere paura, quella mattina si è svegliata particolarmente agitata, cuore a mille, pensieri negativi, sudorazione alle mani, paura di non farcela, il suo corpo sembra come bloccato. Sara si trova in uno stato di agitazione e ansia che la paralizzano in un modo che sembra impossibile affrontare. Con l’aiuto dei suo genitori trova il modo per calmarsi e per tornare alla realtà, piena delle sue capacità e grazie alla sua preparazione riesce comunque ad affrontare l’esame nel migliore dei modi.

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Le donne “Roki”. Nascere senza utero e senza vagina

Le donne “Roki” – nascere con senza utero e senza vagina

La sindrome di Rokitansky Mayer Küster Hauser è anche conosciuta come agenesia Mülleriana. Essere affette da questa sindrome significa nascere senza vagina e avere un utero rudimentale o completamente assente. Questa condizione è stata osservata per la prima volta già da Ippocrate; nel libro “Natura della donna” descrive un’ostruzione membranosa del canale vaginale. Successivamente il barone Karl von Rokitansky la scoprì contemporaneamente a Mayer, mentre anni dopo Kuster osservò che le donne con questa sindrome hanno spesso anche difetti urologici.

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Venuti al mondo. Procreazione medicalmente assistita

“The Handsmaid’s Tale” è il titolo di una serie basata sul romanzo “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood e distribuita da Netflix, che racconta di un futuro non lontano in cui, a causa dell’inquinamento e di fattori ambientali, crolla negli Stati Uniti il tasso di fertilità.

Il panorama attuale non è tanto diverso dal racconto della Atwood: se nel 1973 gli uomini potevano contare su 99 milioni di spermatozoi per millilitro, nel 2011 secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Human reproduction update”, sono scesi a 47,1 milioni. Il numero si è ridotto del 59,3% in meno di 40 anni. Non è diminuita solo la quantità degli spermatozoi: uno studio pubblicato dal Giornale Europeo di Urologia correla le radiazioni dello smartphone alla diminuzione della motilità degli spermatozoi. Tenere lo smartphone in tasca diventa quindi un fattore di rischio, così come l’inquinamento, il fumo di sigaretta e altri fattori ambientali, come la plastica e i pesticidi che respiriamo nell’aria.

Parlare di infertilità oggi significa affrontare un tema complesso, carico di emotività ed estremamente comune. Infatti, oggi una coppia su cinque ha difficoltà a procreare per vie naturali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le cause dell’infertilità sono mediamente attribuibili per il 40% all’uomo, per il 40% alla donna e per il 20% alla coppia. Come si può porre rimedio?

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Transfert e Controtransfert. Microcosmi di proiezioni

Sai … a volte penso che permetti ai tuoi pazienti di coinvolgerti davvero troppo.” “E’ l’unico modo che conosco per guarirli”

(Dal film “Prendimi l’anima”, 2002)

Cosa avviene in quella stanza? Ci sarà il lettino?  Sarà simpatico/a? Accogliente? E’ meglio scegliere un uomo o una donna?” Queste sono le domande, le perplessità, le fantasie più comuni che possono balenare nella mente dei futuri pazienti di fronte alla scelta del terapeuta o semplicemente prima della seduta iniziale, forse la prima di un lungo percorso.

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