Eutanasia e assistenza nel fine vita
Riflessioni introduttive
“Signori Giudici, autorità politiche e religiose: cos’è per voi la dignità? Qualunque sia la risposta delle vostre coscienze, sappiate che per me questo non è vivere con dignità. Io avrei desiderato almeno morire con dignità. Oggi, stanco dell’indifferenza delle Istituzioni, sono obbligato a farlo di nascosto come un criminale. Voi dovete sapere che la meccanica che porterà alla mia morte è stata scrupolosamente divisa in piccole azioni, ognuna delle quali non costituisce reato, ognuna compiuta da una diversa mano amica; se comunque lo Stato insiste a punire chi mi ha aiutato, io suggerisco il taglio di quella mano, perché quello, è stato l’unico contributo. La testa, cioè voglio dire la coscienza, l’ho messa io. Come potete vedere vicino a me c’è un bicchiere d’acqua che contiene una dose di cianuro di potassio: una volta bevuta avrò cessato di vivere, rinunciando al mio bene più prezioso, il mio corpo. Io ritengo che vivere sia un diritto, non un obbligo, com’è stato nel mio caso, costretto a sopportare questa penosa situazione durata 28 anni, 4 mesi e alcuni giorni… alla fine di questo periodo faccio un bilancio del cammino percorso, eh non mi tornano i conti con la felicità. Solo il tempo che ho vissuto contro la mia volontà, durato quasi tutta la vita, sarà, a partire da ora, mio alleato. Solo il tempo e l’evoluzione delle coscienze, decideranno, un giorno, se la mia richiesta era ragionevole o no”.
(Ramòn Sampedro – “Mare dentro”)