La morte prematura di un coniuge. Se te ne vai troppo presto

La storia di Marta. Lutto e monogenitorialità

“Pregherò queste mura, che sia vera la realtà. Dove andiamo? Cosa importeràTutti i giorni una festa giù nel cuore. Sei felice amore?”

 (Finchè morte non ci separi – Levante – Abbi Cura di te, 2015)

I nomi utilizzati all’interno dell’articolo sono di mia invenzione, a favore della tutela e della privacy di chi ha contribuito alla realizzazione dell’articolo stesso. I fatti descritti all’interno dell’intervista breve sono realmente accaduti e fanno riferimento a personaggi realmente esistiti. (G.P.)

Scomposto, rotto, frammentato, scompensato, annientato, spezzato, fuori asse, storto, infastidito, incredulo, indisposto, senza respiro, non si riesce proprio a respirare, come se ci fosse un trave sopra lo stomaco, come se il cerchio perfetto che aveva immaginato non fosse mai esistito, come se ci fosse sempre un’eclissi … Le famiglie in cui la funzione genitoriale viene esercitata in assenza di quella coniugale possono originarsi in seguito ai seguenti “life event”: separazione e/o divorzio e morte di uno dei due caregiver. L’asse coniugale si spezza perché il rapporto di coppia o si dissolve o non è mai esisto o perché la morte dei uno dei due arriva troppo presto. Nonostante le differenze significative che caratterizzano queste condizioni, esse vengono definite famiglie monogenitoriali o monoparentali. La famiglia monogenitoriale è la famiglia in cui il nucleo parentale è composto da un solo caregiver che assume in toto la tutela dei figli. La madre sola/ il padre solo deve provvedere a 360° alla sopravvivenza dei figli senza poter appoggiarsi, né affidarsi all’altro. Quando parliamo di vedovanza, nello specifico, parliamo di una coppia (uomo-donna, donna-donna, uomo-uomo), che non ha scelto volutamente di dividersi, ma che ha dovuto affrontare una crisi non normativa (morte prematura) e ha dovuto lottare per ripristinare le routine e i ritmi quotidiani. Il sistema familiare, quindi, subisce un trauma interno e si disorganizza.

Alla luce dei dati riportati dalla letteratura del settore,  durante il processo di elaborazione del lutto, le persone sperimentano sentimenti ed emozioni negative complesse quali: ansia, angoscia, frustrazione, distress; la presenza di tali sentimenti, inoltre, influenza negativamente il processo di rigenerazione neuronale.

La persona a lutto, nel 50% dei casi, presenta una “combo” di segni e sintomi che potrebbe dare origine ai seguenti quadri sintomatologici: episodi di depressione maggiore, disturbi legati al sonno e all’alimentazione, disturbo post traumatico da stress, senso di colpa pervasivo, disturbo ossessivo-compulsivo, ansia sociale. Durante questo periodo sembra però, preservarsi, un meccanismo attraverso cui il coniuge rimane “simbolicamente presente” nel presente tramite la “cura del ricordo”;  il legame coniugale, in tal senso, non smette di esistere ma vive, attraverso la rievocazione e la reiterazione continua di tutti quei fatti significativi che hanno lasciato il segno all’interno della vita del partner vivo e dei suoi familiari. Del resto, è come se si perdesse una parte del Sé oltre che una parte di sé; il ricordo permette quindi di “sentire meno lo strappo”, fa bruciare meno la ferita! 

Come sostiene Zimbardo, i genitori e i loro bambini sono i veri eroi di ogni giorno, quelli reali, fatti carne, sangue e lacrime, che fanno piccole-grandi cose e diventano eroi unici e assoluti delle loro vite, che costruiscono ricordi.

Questa breve intervista racconta di una donna, che ha perso suo marito, ma che resiliente, ha portato avanti la sua vita.

“I miei vestiti … Quelli conservali tutti”

Palermo, 8 Ottobre 2016__Via Leonardo Da Vinci__h 17.00 __28° gradi

  • Raccontami di quando vi siete innamorati

Ci siamo conosciuti ad una festa, io avevo 17 anni e lui 27; un ragazzo non mi lasciava in pace e lui esordì dicendo: “La signorina balla con me, la prendo io”. Dopo quella sera non ci sentimmo più, ma lui, dopo qualche giorno mi trovò, aveva fatto delle indagini, riuscì a trovarmi e molto banalmente ti dico che hai tempi non era facile come adesso, ma lui ci riuscì e anche velocemente.

  • Raccontami del matrimonio

Quando ci siamo sposati, avevo 21 anni, ero un po’ inconsapevole, nel senso che in effetti, era quello che volevo ma, adesso, ti dico, che avrei aspettato un po’… Forse … Sì avrei aspettato. Adoravo mio padre … Prima di andare verso l’altare gli dissi: “Non so se mi voglio sposare, non so se lo conosco veramente …”, lui mi rassicurò e andai avanti. Io ero uno spirito libero. Ho scelto, ho semplicemente scelto. Mi sono sposata per scelta. Mio marito era decisamente ansioso ma decisamente più sicuro, alla domanda fatidica del prete lui rispose Sì, io rimasi zitta! Sì, davvero, zitta, il prete andò avanti, bypassando l’evidente momento di imbarazzo … Non era un No, semplicemente non dissi nulla. È un passaggio troppo difficile, bisogna esserne davvero certi. Litigavamo, sì litigavamo, spesso e volentieri, io dipingevo in casa e sporcavo e mettevo caos in giro e lui non lo sopportava, però poi magari mentre cucinavo mi afferrava all’improvviso e mi faceva ballare … Lui era così, intelligente e vanitoso, ma timido e un armadio a casa era dedicato solo ed esclusivamente a suoi vestiti (quando si ammalò mi fece promettere che li avrei conservati tutti, sono l’unica cosa che ho tenuto). Era romantico e sincero. Nel 2000, dopo 25 anni di matrimonio si è ammalato, sì ed è stato terribile, c’ero passata con mio padre. Ci sono passata due volte, due volte. Quando abbiamo festeggiato i 25 anni di matrimonio (Maria mi fa vedere la foto, sono davvero, incredibilmente belli, belli perché innamorati e insieme, belli perché solo così si possono definire e in ogni caso non renderei mai bene l’idea semplicemente “a parole”, vi lascio immaginare), il mio vestito era bianco e rosa, era stato disegnato da una stilista ma Lui, era perfetto! Ricordo che un giorno gli chiesero notizie sui festeggiamenti e lui disse: “Sì, io ero elegantissimo, ma lei … Non ha visto mia moglie!!!”.

  • Raccontami della malattia

Abbiamo viaggiato tanto, siamo stati al Nord, siamo stati anche a Parigi. Abbiamo fatto sù e giù, da un ospedale all’altro, per un anno e mezzo. Terribile, tutto, e massacrante. Lui non sapeva nulla, sapeva di stare male ma non di avere un tumore raro. I medici avevano deciso di non dirglielo. Avevano timore che la notizia lo rendesse emotivamente impotente e che gli togliesse la voglia di lottare, di combattere la malattia. Un giorno, però, glielo dissi, era passato del tempo e lui mi rispose: “Ti odio, non dovevi dirmelo …”. Era terrorizzato dalle cure. È stata dura, mi diceva: “Perché io? Dimmi che ce la faremo”. Abbiamo lottato per due lunghissimi anni; ne aveva 58 quando è morto. Negli ultimi due mesi, “se lo sentiva”, sentiva che sarebbe morto da lì a poco. L’ultima volta in ospedale, cioè … Lui mi ha aspettata, ha aspettato che entrassi nella stanza mi ha detto “Ti voglio bene”, e poi ha chiuso gli occhi.

  • Le vostre figlie sono state un “sogno” condiviso?

Sì, si le abbiamo volute. Soprattutto la piccola, nel senso che avrei voluto dedicarle più tempo, ma alla fine il tempo era sempre quello, quello che ti resta da dedicare ai tuoi figli, quello che viene dopo il lavoro anche se lavori per loro. Lui amava la vita, amava me, la sua vita, amava le sue figlie, lavorava sempre ma per noi c’era sempre. Lavoravamo tantissimo, entrambi, ma c’eravamo, per le nostre figlie, quando dovevano fare i compiti per casa, per il resto, noi due c’eravamo sempre.

  • Come hai affrontato la sua morte? Chi ti è stato vicino?

Beh, nessuno in particolare, le mie figlie mi hanno dato la forza di lottare e andare avanti, di cambiare vita. Sì, una cugina, con la quale davvero vado d’accordo, ma ho contato sulle mie forze. Il lavoro è stato fondamentale, facevo la giornalista, ero a capo dell’ amministrazione e avevo delle responsabilità che mi impegnavano tantissimo e quotidianamente. Ho allontanato tanta gente per non ricordare, i nostri amici mi ricordavano Noi e non volevo ricordare sempre e ho allontanato quelli che per me erano “falsi”  (quando si dice, insomma, tagliare i rami secchi).

  • Quali sentimenti hai provato dopo la sua morte? Ansia? Depressione? Paura? Senso di colpa? Disturbi legati al sonno o all’alimentazione?

Nulla di tutto questo, è principalmente “mancanza”, io dormivo, mangiavo, lavoravo, ma lui non c’èra. Non c’è.

  • Cosa ha pensato la prima volta che ti sei svegliata senza di lui?

È stato terribile, poi sempre meglio, meno terribile, non lo sogno quasi mai. La prima volta che l’ho sognato è stato dopo tanti anni dalla sua morte … A volte penso di trovarlo al mio fianco, a letto come prima, come era sempre.

  • Pensi di avere fatto tutto il possibile per non fare soffrire le tue figlie?

Sì, ci sono sempre stata per loro, a un certo punto ho cambiato vita, non volevo che mi vedessero abbattuta. Ho tolto tutte le foto, un giorno mi sono svegliata e ho tolto tutto quello che me lo ricordava: foto, oggetti, fogli … Tutto. Sì, perché dovevo andare avanti, per me stessa, per le mie figlie. Bisogna ricominciare prima o poi.

  • Che voto ti daresti come mamma “sola”? Da 1 a 10?

Beh, dovrebbero rispondere le mie figlie … Non mi darei un voto come mamma … Darei un voto al mio impegno e non so quanto … Ho fatto il possibile, in effetti.

  • Pensi che con lui affianco sarebbe stato più semplice vivere?

Più piacevole, Sì, sarebbe stato più piacevole.

  • Pensi che l’educazione delle vostre figlie abbia risentito della sua assenza? Litigavate spesso? O eravate d’accordo su come educarle?

Litigavamo, ma in linea di massima andavamo d’accordo, soprattutto per quanto riguarda l’educazione delle ragazze. Ma la sua assenza, l’abbiamo sentita. Decisamente.

  • Pensi che le tue figlie abbiano avuto delle carenze emotive a causa della sua assenza?

No, sono due giovani serene. Non hanno mai avuto nessuna carenza.

  • Ti sei innamorata nuovamente?

No, ma per scelta … Cioè non mi è più interessato … Avrei avuto la possibilità … Ma No … In ogni caso, è bello innamorarsi, andare avanti, amare …

  • Adesso, se pensi a lui cosa ti viene in mente?

Lui, il suo essere vanitoso e i nostri viaggi … La nostra casa a Capri … Abbiamo viaggiato tantissimo … E il suo coraggio il giorno della sua morte. Lui è stato davvero eccezionale.

  • Lottare, andare avanti, pensi che ne sia valsa la pena?

Sì: andate avanti, guardate avanti, bisogna rischiare, crearsi ricordi nuovi, nuove fotografie, nuovi viaggi, nuovi amori, pensieri nuovi, una vita nuova, una vita per la quale vale la pena rischiare.

Un genitore solo deve possedere una competenza genitoriale che si avvalga delle seguenti funzioni: protettiva (accudimento fisico, protezione fisica), affettiva (capacità di sintonizzazione, comprensione dei sentimenti), regolativa (regolare i propri stati emotivi durante le interazioni), normativa (fornire regole motivate), predittiva (intuire il momento evolutivo del figlio e aggiornare il modo di relazionarsi con lui, “stare sul pezzo”), rappresentativa (costruire una rappresentazione reale del figlio scevra da pensieri fantastici e irreali), significante (dare senso e significato ai bisogni del figlio, alle sue espressioni, ai suoi comportamenti), e in ultimo, nel caso del monoparentalità, attiva solo per un certo periodo di tempo, la funzione triadica (l’allenza tra i genitori). Secondo Freud il lutto, e i processi che lo sottendono, potrebbero essere spiegati,  mettendoli a paragone con un altro status di malessere, simile al lutto, sì,  ma per certi versi estremamente differente, la melanconia: “L’accostamento del lutto e della melanconia pare giustificato dal quadro d’insieme di questi due stati. Anche le cause scatenanti, derivanti dall’ambiente esterno, sono le stesse: la perdita dell’oggetto amato. Confidiamo che il lutto, come reazione alla perdita di una persona amata o di un’astrazione che ne ha preso il posto, verrà superato dopo un certo periodo di tempo. La melanconia è psichicamente caratterizzata da un profondo e doloroso scoramento, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare (Per un maggior approfondimento si rimanda agli articoli “Il lutto – Della morte e di altre perdite“, “La depressione – Un viaggio tra perdite e assenze” e “Nel Vortice della Depressione- la vita di coppia e la sessualità

Moos propone un modello integrato di lutto familiare, in cui si combinano dinamiche  individuali e  familiari. L’autore descrive il processo del lutto a seconda della tipologia di morte, dell’età del soggetto, della causa (malattia-omicidio-suicidio), della modalità di morte. La reazione alla morte si costruisce a seconda delle percezioni cognitive ed emotive e sulla base  della capacità di filtrare e di elaborare i fatti di chi subisce il lutto. Ciò dipende a sua volta – dal funzionamento della famiglia (pattern d’interazioni, stili di comunicazione, aperta, espressiva o chiusa e disfunzionale, la flessibilità/la negoziazione dei ruoli  e  il sistema emozionale), – dalla storia della famiglia (esperienze precedenti di lutto, regole generali dell’espressione emotiva, credenze religiose e differenze di genere), – dai condizionamenti sociali e/o culturali che determinano che cosa é accettabile in termini di lutto (la cultura generale, il profilo etnico e il territorio locale con i suoi usi e costumi).

Siamo confusi a volte, a volte davvero non sappiamo cosa fare, perché viviamo di conflitti, di sensi di colpa. Ma è nel fronteggiare il conflitto stesso che poi ci risolviamo, ci assolviamo. Vivere, andare avanti e vivere, ecco cosa ci chiede il principio di realtà  e con un buon supporto psicoterapico, “uscirne” è meno doloroso. Una modalità di supporto, che sembra avere una buona evidenza scientifica sul piano del benessere e della salute, è quella legata all’utilizzo delle tecniche grafiche e dell’arteterapia (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Arteterapia – Portare equilibrio nelle dissonanze psichiche“); la persona a lutto, così, si munisce di quegli strumenti necessari per trasformare le parti del Sé dilaniate dalla sofferenza in parti del Sé risanate e in grado di agire un coping creativo (tramite il colore, ridisegnano se stessi, affrontano l’evento traumatico). Faccio riferimento a un tipo di supporto che si muove secondo il paradigma della Positive Psychology, secondo cui, il paziente sofferente, dovrebbe essere portato alla consapevolezza che la felicità è composta da una serie di elementi di per sé intrinsechi e intrapsichici, di risorse profondamente interne che necessitano di un aiuto che venga da fuori per essere esternate. Anche se, secondo il più antico e non per questo poco attuale pensiero dinamico, la felicità ha ben altri connotati, sempre che si possa parlare di Felicità nella sua interezza … Serenità forse?

Mi pare, comunque, un buon compromesso! Mamme e papà single e vedovi, e non parlo solo di “quelli famosi”, sono soli, a volte realmente soli, ma riescono ad a crescere i propri figli con la cura e la costanza di nutrirli emotivamente e soddisfarli materialmente e non si risparmiano mai. E in merito ai papà soli, non amo definirli “mammi”, ma uomini che agiscono le funzioni genitoriali con le loro di caratteristiche di personalità inevitabilmente legate alla loro identità di genere e alla loro identità sessuale, un papà etero o omosessuale che sia, è un Papà. E allora, riprendendo le parole di Freud e come dice qualcuno che conosco, siamo davvero “straordinariamente comuni”. Passiamo attraverso il  dolore e poi … Poi ne usciamo, con l’impegno, ne usciamo; così com’ è vero che, lettori, concedetemi la poca originalità, ogni giorno il sole arriva e anche se si nasconde dietro le nuvole ogni tanto, non è detto che lo farà di nuovo, almeno non subito.                                                                

Abbiate cura dei ricordi e andate avanti.    

“Finchè morte non ci separi … È una bugia, non ci separa nemmeno la morte”

(Levante, 2016_un anno dopo)

E n’è valsa la pena … Aggiungerei Io

A M. a Te un grazie infinito, per avermi/averci regalato queste parti di te, tantecosebelle; ad A. per avermi fatto entrare nella tua vita e alle tue lacrime che sanno sicuramente di cannella e di miele; ad A.P. per avermi ispirato il titolo di questo articolo (lo definirei proprio il sogno di una notte di mezza estate), proprio a Te che letteralmente scampato alla morte, hai deciso che sulla vita ci dovevi ballare sopra (è vero, Sì, siamo fatti anche di sogni); a chi non c’è più; a chi se ne va troppo presto; a chi lotta per la vita; a chi vive sui tetti del mondo e che solo lì si concede la possibilità di alzare lo sguardo da terra; semplicemente a chi ogni giorno si sveglia e Vive.

Dott.ssa Gabriella Papadia

gabriellapapadia@gmail.com

Per Approfondire:

Ambrosiano, L., & Gaburri, E. (2013). Pensare con Freud. R. Cortina.

Campione, F. (1990). Il deserto e la speranza. Psicologia e psicoterapia del lutto. Armando Editore.

Canevaro, A. (2005). Approccio trigenerazionale al lutto familiare. Child development and disabilities, 31.

Freud, S. (1987). Lutto e Melanconia (Opere di Sigmund Freud ed. Vol. 8). Bollati Boringhieri, Torino.

Gambini, P. (2007). Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale. FrancoAngeli.

Lalla, C. (1996). Verso una sintesi fra cognitivismo e psicoanalisi. Teoria e tecnica del lavoro psicoterapeutico. FrancoAngeli.

Malagoli Togliatti, M. (1998). Disagio adolescenziale e strutture familiari” deboli”. Psicologia clinica dello sviluppo, 2, 73-98.

Moos, N. L. (1995). An integrative model of grief. Death Studies, 19, 337-364.

Perricone, G., & Morales, M. R. (2009). Madri in corsia. La competenza genitoriale nell’ospedalizzazione pediatrica.

Polizzi, C., & Morales, M. R. (2006). La Trasformazione dei costrutti della competenza genitoriale in madri utenti del servizio di counseling in area pediatrica. In ATTI DEL VII CONGRESSO NAZIONALE DI PSICOLOGIA DELLA SALUTE “PROMUOVERE BENESSERE CON PERSONE GRUPPI COMUNITÀ”.

Stern, D. N., Hofer, L., Haft, W., & Dore, J. (1998). La sintonizzazione affettiva.tr.it. in Stern DN, Le interazioni madre-bambino nello sviluppo e nella clinica, tr. it. a cura di Ammaniti e Dazzi, Cortina, Milano.

Valerio, Cappello, and Consolini Renza. “La famiglia con un solo genitore.”Bambino incompiuto 3 (1987): 53-62.

Zimbardo, P. (2011). Heroic imagination project. Retrieved October,  2011.

http://www.smallfamilies.it/la-famiglia-in-divenire-o-della-differenza-tra-monogenitoriale-e-monoparentale/

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