Psicologia dell’emergenza. Lo psicologo sul campo

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Cosa ci fa uno psicologo sul luogo di una emergenza? No, non è l’inizio di una battuta di spirito, bensì la testimonianza di una branca specialistica della psicologia, che abbraccia contributi che provengono da molti ambiti, e che consento allo psicologo di intervenire nel qui ed ora del dramma vissuto da coloro che sono stati testimoni di grandi emergenze, tragedie, terremoti e attacchi terroristici. Secondo l’EUROPSY la psicologia dell’emergenza si applica in “situazioni critiche fortemente stressanti, che mettono a repentaglio le routine quotidiane e le ordinarie capacità di coping degli individui e delle comunità di fronte ad avversità di ampia magnitudo, improvvise e urgenti. Esse sono determinate da eventi di grande dimensione collettiva (maxiemergenze), ma anche da circostanze gravi, più circoscritte della vita quotidiana.”

Si riferisce a calamità naturali, come i terremoti che in queste settimane stanno scuotendo l’Italia centrale; i disastri tecnologici, dagli incidenti industriali a quelli chimici e nucleari; sanitari, come epidemie o pandemie; sociali quali attacchi terroristici, o gravi incidenti stradali o sul lavoro, atti delinquenziali di carattere fortemente traumatico.

Di chi si occupa la psicologia dell’emergenza?

Il focus dell’intervento dello psicologo dell’emergenza è rivolto alle persone direttamente coinvolte negli eventi critici (vittime primarie) sia ai loro congiunti, alle persone che sono state testimoni dello stesso evento (vittime secondarie), sia, e non da ultimi, ai soccorritori (vittime terziarie) della comunità in cui gli eventi critici si sono verificati.

Che cosa fa lo psicologo dell’emergenza nel concreto?

Egli provvede a fornire immediato sostegno emotivo alle vittime, permettendo una strutturazione e il ri-orientamento cognitivo della persona, ovvero offre la propria mente rimasta integra e non dissociata dal trauma, alla vittima, permettendole così di riorientarsi nel tempo e nello spazio, e cominciare quel lavoro fondamentale di ricostruzione della trama narrativa della propria vita psicologica, in modo da poter inscrivere l’evento traumatico all’interno di un vissuto coerente, ed evitare che rappresenti uno strappo isolato e impossibile da integrare con il resto della propria esperienza, impedendo alle emozioni ad esso collegate di essere comprese, espresse e metabolizzate dalla persona. Un’altra importante funzione delle psicologo dell’emergenza è la diagnosi dello stress acuto, anche definito ASD, acute stress disorder, e prevenzione del PTSD, post traumatic stress disorder. Lo psicologo dell’emergenza deve anche facilitare l’accesso ai servizi psicologici specialistici e la preparazione dei soccorritori a livello psicosociale, sostenendone le attività. Si può parlare di vero e proprio primo soccorso psicologico, che ha come finalità alleviare il disagio acuto espresso da risposte emotive normali a situazioni per loro natura estreme nei primi momenti del loro impatto, permettendo alle persone di riconoscere e accedere alle loro risorse psicosociali per gestire il trauma. Il trauma è la chiave di volta dell’intervento della psicologia dell’emergenza. Per trauma si intende l’esposizione a un evento che minaccia la vita o l’incolumità (propria o altrui) e che, superando le capacità dell’individuo di padroneggiarlo, induce emozioni di paura, collera e dolore accompagnate da un sentimento d’impotenza (overwhelming emotions). Una diretta conseguenza di questo trauma è la dissociazione, ovvero il risultato di un fallimento della normale integrazione dell’esperienza, in strutture mentali coerenti e coese, dovuto a un deficit delle funzioni mentali superiori come la coscienza, la memoria autobiografica episodica, e infine l’identità.

Lo psicologo dell’emergenza non solo lavora sul campo, ovvero sul luogo del disastro, recandosi personalmente sulla scena, ma lavora anche nell’ambito dell’emergenza ospedaliera, direttamente nei pronto soccorso degli ospedali. Egli trasmette speranza e rinforza le aspettative realistiche di soluzione positiva delle vittime e valuta le necessità di trattamenti ulteriori per categorie di persone a rischio di sequele psicopatologiche gravi, da attuare soprattutto nella fase post-traumatica (follow-up care) dell’evento. Una bella differenza rispetto allo stereotipo dello psicologo o psicoterapeuta, rintanato nel suo studio, avulso dal turbinio della vita quotidiana del mondo esterno, e tante volte al centro di barzellette e battute di spirito.

Lo psicologo può scendere in campo, per svolgere una fondamentale funzione di prevenzione e indicazione clinica precoce. Secondo la normativa attuale queste attività fondamentali sono fornite soltanto a livello volontaristico, senza alcun tipo di remunerazione. Gli psicologi e le psicologhe che vedete sui luoghi delle più sconvolgenti tragedie attuali, dagli attentanti di Parigi, ai terremoti italiani, sono volontari che mettono a disposizione la propria competenza e la propria vita per il benessere della società.

Dott. Andrea Rossetti

andrearossetti81@hotmail.it

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Per Approfondire:

Axia V. (2006), Emergenza e psicologia. Mente umana, pericolo e sopravvivenza, Bologna, Il Mulino.

Banon D., (1992), L’intervento psicoterapeutico nelle situazioni di crisi, Padova, Kendall. Bernardi C., Ciucci M.,

Criconia M., (1981), Intervento sulla crisi. Un’esperienza diversa a Roma: il pronto intervento sul luogo della crisi, Roma, Il Pensiero scientifico.

Friedman M.J., Ford J.D., Gusman F.D., Ruzek J.I., Young B.H., (2002), L’ assistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e organizzazioni nei disastri e nelle calamità, Trento,

Erikson. Pietrantoni L. Prati G., (2009), Psicologia dell’emergenza, Bologna, Il Mulino.

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