Giorno: 10 Marzo 2015

Disturbo Ossessivo Compulsivo (D.O.C.). Rituali consapevoli ma necessari

Didascalia: M. C. Escher “Mani che disegnano” (1948)

La sveglia non ha suonato, mi devo sbrigare! Metto la macchinetta del caffè sul fuoco e intanto scelgo i vestiti da indossare, faccio colazione e poi subito sotto la doccia. Esco dal bagno, mi asciugo, mi vesto, controllo di aver preso tutto, cellulare, portafoglio, chiavi, sì ok c’è tutto! Esco, chiudo la porta di casa con entrambe le mandate e…l’ho chiuso il gas?? Nella vita quotidiana è plausibile incorrere in dubbi circa la validità delle proprie azioni (verificare ad esempio due volte di aver chiuso la porta di casa e di incorrere nuovamente nel dubbio dopo averlo fatto): questo, fortunatamente, non accade sempre, visto che il nostro cervello effettua, al di fuori della coscienza, dei controlli costanti che ci garantiscono la sicurezza. La caratteristica principale di coloro che sono affetti da disturbo ossessivo compulsivo (DOC) riguarda invece l’alterazione di tale processo, che non consente loro di “raggiungere la conclusione logica delle proprie azioni”. Il DOC è una sindrome caratterizzata da ossessioni e compulsioni che durano almeno un’ora al giorno ed hanno un’entità tale da interferire col normale funzionamento della persona nella vita quotidiana. Le ossessioni sono vissute sotto forma di pensieri, impulsi o immagini intrusivi che provocano un marcato stato d’ansia e disagio; le compulsioni sono atti mentali o comportamenti ripetitivi che la persona è obbligata a mettere in atto per alleviare l’ansia provocata dalle ossessioni. 

Disturbo Ossessivo Compulsivo

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Il Falso Sè. Sul sentimento di autenticità

Capita alle volte che il sentiero che conduce alla scoperta della propria vera essenza sia particolarmente impervio; lungo il tragitto possono trovarsi impedimenti di ogni genere e sorta, coi quali la persona è via via chiamata a confrontarsi. Per il bambino, a svolgere un ruolo centrale nella futura accettazione della realtà esterna e dei limiti che essa porta con se, è la madre, che lo fa attraverso il suo assecondare -rendendola reale- l’esperienza di onnipotenza del figlio, fornendogli così, nel gioco e con l’immaginazione, una base indispensabile a che gradualmente si compia il passaggio dalla dipendenza all’indipendenza. Durante il gioco, il bambino deve poter coltivare l’illusione della creazione dell’oggetto esterno: ma per far questo è necessario che la madre mostri nei suoi confronti una capacità di contenimento empatico (holding), tale da permettergli la piena espressione della sua essenza e di godere così dell’illusione della sua creazione. Una volta poste queste pre-condizioni di partenza, per il bambino sarà più semplice rinunciare pian piano all’idea onnipotente di aver creato da se il mondo esterno, modulandosi così alle reali esigenze da esso poste. Chiaramente, ciò avviene nel caso di una madre che sia stata “sufficientemente buona” e che non abbia invece anteposto, sostituendoli, i propri sottesi bisogni a quelli della sua creatura. 

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Ospedali psichiatrici giudiziari. Ospiti poco graditi

Siamo a marzo 2015 e sulla stampa nazionale si legge che a fine mese è prevista la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Si tratta in realtà di una notizia che si legge ormai da fin troppo tempo e caratterizzata da continui e apparentemente infiniti rinvii. All’incirca nell’anno 2010 l’attuale sindaco di Roma Ignazio Marino, allora in veste di presidente della commissione d’inchiesta sull’efficacia e efficienza del Sistema Sanitario Nazionale, visitò gli Opg ancora in funzione in Italia, potendo osservare con i propri occhi in quali pessime condizioni vivevano le persone ricoverate. Le ispezioni a sorpresa permisero alla commissione di documentare una situazione decisamente distante rispetto a quelle che vengono considerate caratteristiche fondamentali di un luogo di cura. Nella relazione redatta per il Senato della Repubblica di fatti venne riportato che quasi tutti gli Opg presentavano gravi carenze strutturali ed igienico sanitarie. Gli standard erano molto più vicini a quelli di carceri ed istituzioni manicomiali, piuttosto che a quelli dei servizi psichiatrici presenti sul territorio Italiano. La parola Ospedale non si addiceva molto a questi luoghi. Veniva inoltre documentata la povertà di personale sanitario di tipo medico, infermieristico, riabilitativo, educativo, ausiliario e sociale. 

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Ipocondria
Silenzi del corpo, rumori dell’anima

Ci capita, a volte, di aver paura di qualcosa che a mente fredda reputiamo inverosimile.

Come quelle sensazioni fisiche comuni e diffuse (un mal di testa, un mal di pancia o la scoperta di piccole e antiestetiche macchioline sulla nostra pelle..) che ci spaventano ed evocano in noi incontrollabili preoccupazioni per la nostra salute. Tendiamo ad esternare le paure dal momento che parlarne le rende più digeribili e sopportabili; esse vengono, però, apostrofate come “esagerazioni” dai nostri cari e come “distorte interpretazioni di sintomi somatici” dai medici a cui ci rivolgiamo frequentemente per ricevere rassicurazioni sulla nostra condizione fisica.

Nel persistere di uno stato di angoscia e preoccupazione, ci convinciamo che quel semplice doloretto o fastidio fisico sia il sintomo attraverso cui il nostro corpo ci comunica l’esistenza di una malattia ben più grave. Dal sintomo, alla paura, alla convinzione di nascondere in noi un “seme malato” che può distruggerci piano piano e di fronte cui ci sentiamo deboli ed inermi. Arriviamo a pianificare nella nostra mente strategie poco concrete per scampare alla morte o ad immaginarci catastroficamente come sarà breve il percorso da lì alla fine dei nostri giorni. 

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Relazioni patologiche e doppi legami. “Di relazioni ci si ammala, di relazioni si guarisce”

Escher M.C., Legame d’unione

Secondo la teoria elettronica della valenza, gli atomi non rimangono isolati ma tendono spontaneamente a legarsi tra loro per raggiungere una configurazione elettronica più stabile. Gli atomi sono attratti e tenuti insieme da una forza elettrostatica, e danno così luogo ad una nuova entità, una molecola o un aggregato cristallino, che possiede un valore superiore rispetto alla semplice somma dei singoli elementi che la compongono.

Gli uomini si comportano un po’ come gli atomi.

L’uomo nasce in relazione e non può vivere isolato: se nessuno si prendesse cura di lui appena nato, non sopravviverebbe. Un po’ come quei gattini che mamma gatta è costretta ad abbandonare e che nei casi migliori ci apprestiamo con tanta pazienza ad accudire, con siringhe piene di latte per nutrirli e carezze in abbondanza per fargli sperimentare un surrogato del calore materno. L’uomo dunque non può non relazionarsi, non può non legarsi. Così come per gli atomi, vi è una forza elettrostatica che attrae gli altri e che ci spinge verso di loro, al fine di creare legami. Il legame tra due o più persone, così come il legame chimico tra due o più atomi, dà luogo ad una nuova entità che, proprio come la molecola, ha un valore aggiunto rispetto alla semplice somma dei singoli elementi che la compongono.

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La demenza di Alzheimer. Silenzi e fili di memoria perduti

J.M.W. Turner, Snow Storm: Hannibal and his Army Crossing the Alps, 1812.

“Guardami, mamma, mi riconosci?”, pregava Luca, osservando i vuoti occhi della madre, “ sono io..tuo figlio”. La donna si voltò dall’altro lato, osservando la luce entrare dall’unica finestra del reparto.

Luca ricordava tutto, ricordava anche per lei:

“Driin…driiin” – “Pronto?! Si mamma, dimmi! Come?! Ti sei persa? Ma dove sei? Non lo sai?!… ma…Mamma…sei sotto cosa..ti vedo gironzolare qui sotto…”.

Alzheimer

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Legame di attaccamento. L’importanza di legarsi

Ho pensato moltissimo cosa trattare in questo articolo, ho anche buttato giù qualche riga sul tema dell’ascolto, che poco dopo ho cancellato per fare spazio a uno dei ricordi a me più cari.

In passato ho lavorato in una casa-famiglia che ospita la diade mamma-bambino. Ho trascorso con loro molti anni, di conseguenza ho visto bambini nascere e crescere lì dentro, ho visto giovani ragazze, prima alle prese con il test di gravidanza, ritrovarsi poi ad essere mamme. Ho vissuto vicino a loro  tenendogli la mano per affrontare le paure, ma anche la gioia di aver messo al mondo un figlio. La struttura accoglie giovani donne abbandonate dal proprio compagno o che comunque non hanno un appoggio su cui poter contare; ogni gravidanza ha una propria storia, frutto di una violenza,  di un atto incosciente,  di un amore patologico o di una speranza che la coppia si era data per cercare di rimanere insieme. Bambini desiderati o non voluti, ma pur sempre bambini bisognosi di amore e di accudimento.

Vivere con loro la quotidianità è stata una delle esperienze più formative di tutta la mia carriera e, oltre ad arricchirmi professionalmente, mi ha dato la possibiltà di crescere come persona e di ragionare sul  complesso ruolo  dell’essere madre.

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Il masochismo sessuale. L’eccitazione della sofferenza

Renè Maigrette – Gli amanti

La sessualità e la sua espressione sono elementi caratteristici della personalità, sono come il corredo genetico: ci rendono unici e diversi da tutti gli altri. Il modo in cui viviamo la sessualità mette in luce la nostra creatività ed i nostri desideri. Ciò avviene anche per le patologie ad essa associate. Le perversioni sessuali rappresentano un argomento che sempre più frequentemente sta ricevendo l’attenzione da un lato del mondo scientifico (medici, psicologi, sessuologi, giuristi, educatori, sociologi) e dall’altro dell’opinione pubblica e dei mass-media. A lungo si è tentato di dar loro un adeguata collocazione e definizione, finché sono state inserite nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM IV e ora nell’ultima versione DSM V) all’interno del capitolo “Disturbi Sessuali e dell’Identita di Genere”, acquisendo l’etichetta di “parafilie”: caratterizzate da impulsi sessuali, comportamenti ricorrenti ed eccitanti sessualmente riguardanti oggetti inanimati, sofferenza e/o umiliazione di se stessi, del partner, di bambini o altre persone non consenzienti, che si manifestano per un periodo di almeno sei mesi. Tra le parafilie più comuni si possono citare l’esibizionismo, in cui l’eccitamento sessuale deriva dal mostrare o esibire i propri genitali ad un estraneo inconsapevole, il feticismo, in cui il piacere sessuale si riceve solo da oggetti inanimati (scarpe, biancheria intima…), che divengono quindi oggetti di “venerazione”, il frotteurismo, per cui si prova eccitamento nel toccare o strofinarsi contro una persona non consenziente. 

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Dissociazione e trauma. Come se non fosse mai accaduto

Renè Maigrette – Il doppio segreto

Se decidessi di incentrare buona parte del mio discorso su cosa si intenda o no per traumatico, probabilmente finirei con l’esaurire l’intero spazio a mia disposizione, visto e considerato che la definizione di trauma ha già in se tutti gli estremi necessari all’apertura di un vero e proprio dibattito sul “peso” che gli aspetti oggettivi  versus quelli soggettivi dell’evento scatenante posseggono nella sua determinazione. Un po’come se, per sciogliere la spinosa questione,  dovesse necessariamente prevalere la componente esterna su quella interna dell’esperienza. O viceversa. Rimandando la complessa trattazione sul trauma ad un prossimo e opportuno approfondimento, ai fini di una sua prima comprensione potremmo forse propendere per una interdipendenza dei due aspetti, in virtù della quale gli eventi della realtà esterna e la struttura intrapsichica di base si generano e s’influenzano l’un l’altra. Una persona può esser sottoposta a situazioni così strabordanti sul piano fisico e/o mentale (siano esse circostanze isolate o ripetute nel tempo) che la normale capacità di elaborarle ne viene duramente inficiata, specie se quell’elaborazione ha un costo psichico in termini di dolore o angoscia non tollerabile. 

Dissociazione, traumi

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