La mente e la sua duplice funzione. Evitare le emozioni, vivere le emozioni

“Spesso  le persone non hanno emozioni chiare, altro che idee.” (Diego De Silva)

Una delle nostre difficoltà è riuscire a vivere le emozioni tanto che spesso ci chiediamo se proviamo davvero quello che sentiamo o se le emozioni che proviamo siano vere. A volte ci chiediamo cosa stiamo provando esattamente, travolti da una complessità emotiva che non riusciamo a decodificare.

Non è facile capire cosa proviamo come non è semplice concedersi la libertà di vivere pienamente le emozioni che accadono senza che esse, non solo semplicemente esistano, ma abbiano la facoltà di essere vissute. Per tutta la nostra esistenza riconosciamo come forte il desiderio di vivere le nostre emozioni e spesso di essere addirittura travolti da esse ma passiamo la maggior parte del tempo a schermarci e difenderci quando abbiamo il sospetto che le emozioni possano essere troppo sconvenienti; così permettiamo il passaggio soltanto di alcune emozioni, una piccola parte di esse che può accedere alla nostra mente in modo tale che possiamo controllare quanto possiamo effettivamente essere travolti emotivamente; e il desiderio di vivere esperienze turbolenti può essere pura illusione.

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La storia dell’aquila che si crede un pollo. Accettarsi è cambiare

“Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l’aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l’aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro.

Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro. Trascorsero gli anni, e l’aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d’aria, muovendo appena le robuste ali dorate.

La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita: “Chi è quello?”, chiese. “E’ l’aquila, il re degli uccelli” rispose il suo vicino. “Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli.”

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Alice e lo Stregatto. Saper prendere una decisione

“Stregatto, […] potresti dirmi, per favore, quale strada devo prendere per uscire da qui?”
“Tutto dipende da dove vuoi andare,” disse il Gatto.
“Non mi importa molto…” disse Alice.
“Allora non importa quale via sceglierai,” disse il Gatto.
“…basta che arrivi da qualche parte,” aggiunse Alice come spiegazione.
“Oh, di sicuro lo farai,” disse il Gatto, “se solo camminerai abbastanza a lungo.”
Alice sentì che tale affermazione non poteva essere contraddetta, così provò con un’altra domanda: “Che tipo di gente abita da queste parti?”
“In quella direzione,” disse il gatto, agitando la sua zampa destra, “vive un Cappellaio: e in quella direzione,” agitando l’altra zampa, “vive una Lepre Marzolina. Visita quello che preferisci: tanto sono entrambi matti.”
“Ma io non voglio andare in mezzo ai matti,” si lamentò Alice.
“Oh, non hai altra scelta,” disse il Gatto: “qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.”
“Come lo sai che sono matta?” disse Alice.
“Devi esserlo,” disse il Gatto, “altrimenti non saresti venuta qua.”
Alice non pensava che questo bastasse a dimostrarlo; ad ogni modo, andò avanti “E come sai di essere matto?”
“Per iniziare,” disse il Gatto, “un cane non è matto. Concordi?”
“Immagino sia così,” disse Alice.
“Bene, allora,” il Gatto andò avanti, “vedi, un cane ringhia quando è arrabbiato, e scodinzola quando è felice. Io ringhio quando sono felice, e agito la coda quando sono arrabbiato. Quindi sono matto.”
“Io lo chiamo fare le fusa, non ringhiare,” disse Alice.
“Chiamalo come preferisci,” disse il Gatto […]

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Chiedilo a Kurt Cobain. Approccio psicoanalitico al suicidio

“Il segreto è che ha realmente vita solo ciò che può anche sopprimersi da sé”. (cit. C. G. Jung)

Kurt Cobain muore ucciso da un colpo di fucile autoinflitto nel 1994. Il protagonista della scena grunge odiava le armi da fuoco. Aveva la fobia per gli aghi ed era eroinomane.

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La personalità masochista. Una vita di lamenti

È ormai credenza comune associare il masochista a quel tipo di persona che va alla ricerca di una sofferenza per godere, connotandosi prevalentemente di un aspetto sessuale o del desiderio erotico. In realtà, se facciamo riferimento agli aspetti masochistici presenti in ognuno di noi o alla personalità masochistica, possiamo interfacciarci con un funzionamento del tutto differente, preferendo il termine auto frustrante. Ci sarà capitato almeno una volta nella vita di parlare con qualche amico o qualche conoscente, e sentirci inondati da tutti i suoi problemi. Talvolta problematiche come insoddisfazioni coniugali, lavorative o amicali ci vengono presentate come sofferenze insormontabili e senza soluzioni, ed eccoci, dunque, ad ascoltarli per ore e ore lamentarsi del proprio collega o datore di lavoro, attivandoci in noi l’esigenza di “risolvere il problema al posto loro”. “Prova a fare in questo modo; Contatta i sindacati; ecc”, sono tutti consigli che irrimediabilmente cadranno in un “eh, magari, ma non è possibile perché…”. Stiamo certi che con queste tipologie di persone, se le rincontrassimo dopo qualche mese, starebbero lì a tediarci con una lamentala infinita su problematiche coniugali o di altro genere. Le persone autofrustranti hanno necessità di collocarsi in una posizione costante di “vittima” e solo mediante la sofferenza possono far tacere un loro senso di colpa inconscio costante. Il messaggio che lanciano all’esterno è “sono una povera vittima, la colpa è fuori di me”. La differenza sostanziale tra una personalità depressa ed una masochistica è proprio legata alla posizione della colpa: nel depresso la colpa è collocata dentro di Sé “ Al lavoro mi trattano male perché non valgo nulla, è colpa mia”, mentre nella personalità masochista la colpa è collocata all’esterno “al lavoro mi trattano male, sono una vittima, è colpa loro”.

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La personalità isterica
Ossessionati dall’apparire

Almeno una volta nella vita avremo sentito darci degli isterici da qualcuno, alludendo ad una situazione di forte nervosismo e stress. (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo L’isteria – Psicopatologia dei sessi ). Nel contesto clinico, però, la personalità isterica si discosta molto dalla visione comune di “persona fuori dalle righe”, in quanto la sua “patologia” nasce dalla sua urgente esigenza di adeguarsi al contesto sociale, per apparire accettabile e ligia al bon ton: per capirci, un classico esempio di personalità isterica è Bree Van De Kamp, della nota serie televisiva “Desperate Housewives”. I sintomi che possiamo ritrovare nelle personalità isteriche sono prettamente di natura psicosomatica e si caratterizzano con manifestazioni psicomotorie, sensoriali o vegetative, senza una causa organica, mediante una conversione dallo psichico al soma. Il contenuto manifesto dell’isteria è una esagerazione patologica di certi modi normali d’espressione e tutti i sintomi e i disturbi sono manifestazioni non verbali dell’emozione non espressa. La personalità isterica  parla il linguaggio del corpo e vive le metafore, concretizzandole, piuttosto che usarle nel linguaggio (Es. Non voler vedere aspetti traumatici della propria vita che si ripresentano nella quotidianità viene convertito in una cecità isterica).

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Organizzazione Borderline di Personalità
Alla ricerca disperata di un legame d’amore

Il concetto di organizzazione borderline di personalità è ormai da tempo entrato nella quotidianità di ognuno di noi, ammaliati e affascinati da queste personalità tragiche, esplosive e costantemente straripanti. Otto Kernberg individua per la prima volta il concetto di organizzazione borderline, collocandola nel mezzo di un continuum di sviluppo mentale che vede contrapposti da un lato un’organizzazione psicotica (la più primitiva) e all’esatto opposto l’organizzazione nevrotica (la più evoluta, che struttura anche la personalità delle persone definite “sane”). All’interno dell’organizzazione borderline Kernberg vi colloca tutti i disturbi di personalità, compreso il disturbo borderline di personalità (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Disturbo Borderline di Personalità – L’arte del funambolismo“).

Senza entrare, dunque, nello specifico del disturbo borderline, l’organizzazione di personalità borderline è possibile riconoscerla proprio dalla sua tragicità nel viversi qualsiasi esperienza emotiva, vissuta come una delle esperienze più importanti della propria vita, e coinvolgendo ogni persona che lo circonda come attore di questa esperienza.

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Sensation Seeking. Sento quindi sono

“Quando mi arrampico non penso a nient’altro. Nella mia mente c’è lo spazio subito intorno a me, visualizzo il prossimo appoggio per il piede, l’appiglio che la mano deve afferrare nei secondi successivi. Lassù non esiste ieri né tantomeno domani: devi rimanere ancorato all’istante presente. Altrimenti sei spacciato!”.
 

Questo pensiero di un anonimo scalatore è rappresentativo delle esperienze flow: esperienze “fluide”, di fusione con l’attività che si sta praticando, dove non c’è spazio che per ciò su cui ci sta concentrando.

Csikszentmihalyi nel 1975 ha scoperto e descritto le esperienze flow appunto negli scalatori. La loro percezione del tempo passato si contrae al massimo ai trenta secondi precedenti e la loro pianificazione non supera i cinque minuti. Non esiste assolutamente nulla oltre all’azione che stanno ora svolgendo: tutto è chiaro e limitato all’arrampicarsi. La vita con la sua complessità in questi momenti non esiste.

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