Disturbo Borderline di Personalità. L’arte del funambolismo

Gli acuti e spassosi film di Woody Allen hanno fatto sì che nel tempo ognuno di noi familiarizzasse sempre più con la nevrosi e le sue manifestazioni, identificandosi almeno una volta con uno dei personaggi e le sue stranezze, dipinti magistralmente dal regista. Con l’avvento della psicoanalisi il termine nevrosi è andato ad indicare una patologia conseguente alla rimozione o repressione di istinti, pulsioni o desideri prodotti dal nostro Es, ad opera del nostro Super-io, che li ritiene inaccettabili a livello razionale, cosciente (per un approfondimento, si rimanda all’articolo “L’isteria-Psicopatologia dei sessi” della rivista di questo mese).

Siamo poi tanto affascinati quanto terrorizzati dal mondo della “psicosi”, quel “nuovo ordine delle cose” che si viene a creare nella mente dell’individuo, caratterizzato da un’alterazione della coscienza, che nella sua espressione più nota noi chiamiamo “delirio”.

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L’isteria. Psicopatologia dei sessi

André Brouillet – Charcot discute di una caso isterico

Intorno alla fine degli anni ’60 era molto comune, in Italia, veder protestare cortei di donne, che rivendicano con orgoglio l’esigenza di avere gli stessi diritti degli uomini. Il percorso di protesta femminista fu molto lungo e, ancora tutt’oggi, resiste contro le ingiustizie e le discriminazioni di genere. Sull’altro fronte, la società patriarcale tentò, con ogni mezzo, di bloccare tale protesta, cercando anche l’appoggio della psichiatria, nel vano tentativo di esiliare tali donne, relegandole ai margini della società e bollarle come matte, ovvero “isteriche”.

In realtà, la psichiatria poteva etichettare ben poco, poiché l’isteria, così com’era conosciuta, era il disturbo più improbabile e lontano dalla realtà, da poter diagnosticare a quelle donne.

L’isteria fa parte dei disturbi nevrotici, ossia di quelle patologie mentali che insorgono a causa di un conflitto tra più istanze psichiche. 

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Il viaggio. Sul bisogno di occhi nuovi

The false mirror – Magritte

Mattino, ore 06:45. La sveglia puntualmente suona, incurante di tutto. La suoneria più irritante di sempre. Lei l’ha scelta consapevolmente, se avesse scelto ad esempio un brano che amava, poi, pensa, avrebbe finito col detestarlo. Insomma: la sveglia suona. Lei si sveglia. Si massaggia gli occhi delicatamente con le mani, sperando di trasmettergli un po’ dell’entusiasmo, che a lei manca, per aprirsi. Lentamente le palpebre si sollevano ed ecco la solita scena: macchie di colore informi e sbiadite. La sua miopia è fortemente peggiorata dopo gli anni di studio. Questa sensazione l’aveva inizialmente spaventata: l’irrealtà del mondo a lei familiare aveva qualcosa di inquietante, le dava le vertigini. Con il passare del tempo però si era abituata, aveva addirittura trovato stranamente eccitante la sensazione di svegliarsi in un letto, che era il suo fin da bambina, ma che non riusciva più a riconoscere come tale affidandosi solamente alla sua vista. A tastoni mette le mani sul comodino e si rende conto che la sua adorata gatta ha ancora una volta lottato con i suoi occhiali durante la notte. Allunga il braccio ed ecco che dentro una pantofola li trova: i suoi ormai inseparabili compagni di vita. Li indossa, e la realtà intorno a lei torna ad assumere le rassicuranti forme e colori di sempre. Rassicuranti, sì. Perché ciò che con il tempo abbiamo osservato, abbiamo imparato a conoscere e a comprendere, ci trasmette un senso di stabilità, di prevedibilità, di familiarità che risulta rassicurante, che ha un effetto calmante. 

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I Peter Pan di oggi
Volere e volare

Sembrava una mattina come tante altre. Sveglia presto, caffè di corsa, vestirsi, lavarsi, provare a dare un senso ai capelli, un filo di trucco…per poi immergersi nel traffico mattutino della Capitale ed affrontare la solita routine noiosa, ma rassicurante. Quella mattina di autunno, assorta nei miei pensieri, ferma ad un semaforo, mi accorsi di un particolare che mi colpì senza capirne sul momento il senso: il mio sguardo si soffermò su una semplice foglia secca, una foglia ormai rigida e color marroncino che rotolava per la strada trasportata dal vento. Inerme, la foglia fece molti metri davanti a me sull’asfalto, come cullata dal soffio del vento, mentre io ero lì, ferma, bloccata a guardarla e ad aspettare il mio turno verde per passare. 

Nei giorni seguenti mi ritornò in mente più volte quell’immagine ed il suono del vento; ad accompagnare i miei ricordi, una forte sensazione di freddo. Mi chiesi come mai mi avesse colpito quella situazione così ordinaria e banale, vista altre mille volte,  ed avesse reso quella mattina diversa dalle altre mattine. Capii che quell’evento era la metafora perfetta della mia vita: in quel particolare momento di vita mi sentivo insicura, non sapevo se voler essere vento o foglia, trasportare o essere trasportata dagli eventi, impormi o essere inerme, fare o non fare, crescere o non crescere.  

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La Psicopatia. Se il disturbo non si vede

Leonardo di Caprio interpreta Jordan Belfort in The wolf of wall street

Ci sono persone che, incontrandole anche poche volte, riusciamo a capire come sono fatte. Si potrebbe dire che sono autentiche, che si presentano per quello che sono , senza filtri. Ci permettono quindi di farci subito un’idea abbastanza precisa su come si comporteranno con noi e cosa dobbiamo aspettarci. Questo ci permette di metterci al sicuro di fronte a soggetti pericolosi. Immaginate di trovarvi in coda alle poste quando vedete entrare un uomo col passamontagna e armato. Capite immediatamente che si tratta di una rapina e quindi di una situazione pericolosa. Per questo cercate di nascondervi o scappare o, se ciò non fosse possibile, di evitare di essere feriti o uccisi. Tutto ciò è possibile grazie alla vostra capacità di fare previsioni in base a ciò che avete percepito nell’ambiente circostante.

Ma se non vi fossero segnali che vi permettano di fare adeguate previsioni?

Immaginate una situazione diversa.

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Il bullismo. L’altra faccia della medaglia…con gli occhi del bullo.

“Bullo bastona la compagna di classe perché non va volontaria all’interrogazione”

“Suicida a 14 anni per bullismo sul web: indagati 8 minori”

“Disabile aggredito da un bullo sull’autobus”

Questi sono solo alcuni tra i numerosi titoli di cronaca che colorano le pagine dei nostri giornali. Quello del bullismo è un argomento ad oggi molto conosciuto grazie alla maggiore informazione o ai corsi di aggiornamento rivolti ad insegnanti e genitori, ma anche grazie ai progetti di sensibilizzazione rivolti ai ragazzi stessi. Ciononostante, il fenomeno non sembra essere debellato, anzi, gli episodi di bullismo sembrano moltiplicarsi in modo esponenziale, ormai al telegiornale non si parla d’altro, in alcuni programmi televisivi vengono invitati psicologi, psichiatri, sociologi, educatori e chi più ne ha più ne metta, nel tentativo di spiegare cosa scatti dentro la testa di questi giovani e quali siano le conseguenze di tali azioni sulle vittime. 

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Disturbo Ossessivo Compulsivo (D.O.C.). Rituali consapevoli ma necessari

Didascalia: M. C. Escher “Mani che disegnano” (1948)

La sveglia non ha suonato, mi devo sbrigare! Metto la macchinetta del caffè sul fuoco e intanto scelgo i vestiti da indossare, faccio colazione e poi subito sotto la doccia. Esco dal bagno, mi asciugo, mi vesto, controllo di aver preso tutto, cellulare, portafoglio, chiavi, sì ok c’è tutto! Esco, chiudo la porta di casa con entrambe le mandate e…l’ho chiuso il gas?? Nella vita quotidiana è plausibile incorrere in dubbi circa la validità delle proprie azioni (verificare ad esempio due volte di aver chiuso la porta di casa e di incorrere nuovamente nel dubbio dopo averlo fatto): questo, fortunatamente, non accade sempre, visto che il nostro cervello effettua, al di fuori della coscienza, dei controlli costanti che ci garantiscono la sicurezza. La caratteristica principale di coloro che sono affetti da disturbo ossessivo compulsivo (DOC) riguarda invece l’alterazione di tale processo, che non consente loro di “raggiungere la conclusione logica delle proprie azioni”. Il DOC è una sindrome caratterizzata da ossessioni e compulsioni che durano almeno un’ora al giorno ed hanno un’entità tale da interferire col normale funzionamento della persona nella vita quotidiana. Le ossessioni sono vissute sotto forma di pensieri, impulsi o immagini intrusivi che provocano un marcato stato d’ansia e disagio; le compulsioni sono atti mentali o comportamenti ripetitivi che la persona è obbligata a mettere in atto per alleviare l’ansia provocata dalle ossessioni. 

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Il Falso Sè. Sul sentimento di autenticità

Capita alle volte che il sentiero che conduce alla scoperta della propria vera essenza sia particolarmente impervio; lungo il tragitto possono trovarsi impedimenti di ogni genere e sorta, coi quali la persona è via via chiamata a confrontarsi. Per il bambino, a svolgere un ruolo centrale nella futura accettazione della realtà esterna e dei limiti che essa porta con se, è la madre, che lo fa attraverso il suo assecondare -rendendola reale- l’esperienza di onnipotenza del figlio, fornendogli così, nel gioco e con l’immaginazione, una base indispensabile a che gradualmente si compia il passaggio dalla dipendenza all’indipendenza. Durante il gioco, il bambino deve poter coltivare l’illusione della creazione dell’oggetto esterno: ma per far questo è necessario che la madre mostri nei suoi confronti una capacità di contenimento empatico (holding), tale da permettergli la piena espressione della sua essenza e di godere così dell’illusione della sua creazione. Una volta poste queste pre-condizioni di partenza, per il bambino sarà più semplice rinunciare pian piano all’idea onnipotente di aver creato da se il mondo esterno, modulandosi così alle reali esigenze da esso poste. Chiaramente, ciò avviene nel caso di una madre che sia stata “sufficientemente buona” e che non abbia invece anteposto, sostituendoli, i propri sottesi bisogni a quelli della sua creatura. 

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Ospedali psichiatrici giudiziari. Ospiti poco graditi

Siamo a marzo 2015 e sulla stampa nazionale si legge che a fine mese è prevista la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Si tratta in realtà di una notizia che si legge ormai da fin troppo tempo e caratterizzata da continui e apparentemente infiniti rinvii. All’incirca nell’anno 2010 l’attuale sindaco di Roma Ignazio Marino, allora in veste di presidente della commissione d’inchiesta sull’efficacia e efficienza del Sistema Sanitario Nazionale, visitò gli Opg ancora in funzione in Italia, potendo osservare con i propri occhi in quali pessime condizioni vivevano le persone ricoverate. Le ispezioni a sorpresa permisero alla commissione di documentare una situazione decisamente distante rispetto a quelle che vengono considerate caratteristiche fondamentali di un luogo di cura. Nella relazione redatta per il Senato della Repubblica di fatti venne riportato che quasi tutti gli Opg presentavano gravi carenze strutturali ed igienico sanitarie. Gli standard erano molto più vicini a quelli di carceri ed istituzioni manicomiali, piuttosto che a quelli dei servizi psichiatrici presenti sul territorio Italiano. La parola Ospedale non si addiceva molto a questi luoghi. Veniva inoltre documentata la povertà di personale sanitario di tipo medico, infermieristico, riabilitativo, educativo, ausiliario e sociale. 

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Ipocondria
Silenzi del corpo, rumori dell’anima

Ci capita, a volte, di aver paura di qualcosa che a mente fredda reputiamo inverosimile.

Come quelle sensazioni fisiche comuni e diffuse (un mal di testa, un mal di pancia o la scoperta di piccole e antiestetiche macchioline sulla nostra pelle..) che ci spaventano ed evocano in noi incontrollabili preoccupazioni per la nostra salute. Tendiamo ad esternare le paure dal momento che parlarne le rende più digeribili e sopportabili; esse vengono, però, apostrofate come “esagerazioni” dai nostri cari e come “distorte interpretazioni di sintomi somatici” dai medici a cui ci rivolgiamo frequentemente per ricevere rassicurazioni sulla nostra condizione fisica.

Nel persistere di uno stato di angoscia e preoccupazione, ci convinciamo che quel semplice doloretto o fastidio fisico sia il sintomo attraverso cui il nostro corpo ci comunica l’esistenza di una malattia ben più grave. Dal sintomo, alla paura, alla convinzione di nascondere in noi un “seme malato” che può distruggerci piano piano e di fronte cui ci sentiamo deboli ed inermi. Arriviamo a pianificare nella nostra mente strategie poco concrete per scampare alla morte o ad immaginarci catastroficamente come sarà breve il percorso da lì alla fine dei nostri giorni. 

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