Autore: Serena Bernabè

La balbuzie. Un iceberg pieno di emozioni

Sara è una bambina di sette anni che frequenta le scuole elementari. E’ molto sensibile e dolce ed ha un carattere chiuso ed introverso; nonostante questo è molto brava a scuola, soprattutto nelle materie scritte. Da qualche mese è nata una sorellina e da quel momento il suo eloquio non è più fluente, anzi, spesso si “inceppa”. Le capita sempre più frequentemente, soprattutto quando è in situazioni di stress, come durante un’interrogazione: inizia a balbettare e poco dopo rinuncia a dire quello che vorrebbe, tornando al suo posto in lacrime; a casa le capita più raramente rispetto a quando si trova a scuola, avvenendo solo quando deve rivolgersi ai genitori per fare una richiesta. Quello che Sara sta attraversando è un momento molto difficile e proprio per questo i genitori, in accordo con le insegnanti, hanno chiesto l’intervento di una psicologa per fare una valutazione e, cosa più importante, per vedere come aiutarla.

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Ricordi in “lista d’attesa”
Memoria e ricordo

“Quando iniziano i nostri ricordi? Sono “veri” ricordi o questi sono soltanto il frutto di racconti dati dai nostri cari?

In famiglia o con gli amici spesso ci divertiamo a ricordare episodi della nostra vita importanti e divertenti: “Ma ti ricordi l’esame di maturità? Vi ricordate di quando sono finalmente riuscito a prendere la patente? Come dimenticarsi di quando siamo andati a sciare per la prima volta…”

Sarà capitato a tutti noi di avere una conversazione con qualcuno così da riportare alla memoria il primo ricordo. Alcune persone riportano racconti ed episodi anche molto dettagliati risalenti alla prima infanzia, altre, invece, hanno difficoltà nel farli riaffiorare alla mente o addirittura dicono di non averne alcuno. Una donna che seguo ormai da diverso tempo parla di “buchi neri”, cioè buchi temporali dell’infanzia di cui non ricorda nulla. Ora, provate anche voi a chiudere gli occhi cercando di far ritornare alla mente il vostro primo ricordo e in un secondo momento provate a collocarlo temporalmente nella vostra vita. Probabilmente parecchi di voi si accorgeranno che non ce ne sono prima dei due-tre anni: al più, è possibile che ricordiate piccole sequenze di episodi vissuti, ma è difficile dire se effettivamente quell’episodio sia reale o frutto di influenze esterne o dovuto ai racconti di genitori, parenti o amici.

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Lo stress
Cause e conseguenze di una vita stressata

Nel mio precedente articolo sulla fibromialgia (per un approfondimento, si rimanda all’articolo “Uno sguardo alla fibromialgia – Un male invisibile”), analizzando le cause di esordio di questa patologia, ho fatto un breve accenno allo stress, come fattore scatenante dei sintomi di questo disturbo. L’obiettivo dell’articolo pubblicato oggi, è proprio quello di dare al lettore un aiuto nel capire cosa c’è dietro questo “male misterioso”, eppure così comune, che ci accompagna in molte occasioni della vita ed è causa di svariate patologie psicologiche, psichiatriche, ma anche fisiche. Lo stress può influire su quello che noi siamo e, se l’evento stressante è presente durante la nostra infanzia, può determinare disturbi nella crescita e nella formazione di un’identità solida. Nelle nostre giornate, ma più in generale nella nostra vita, durante la vita, siamo continuamente esposti a fonti di stress: basti pensare alle interrogazioni durante le scuole superiori, ad una scadenza da rispettare per il lavoro, alla consegna di un progetto all’università, e potremmo continuare l’elenco all’infinito. Quanta ansia e quanto stress ci sono dietro questi eventi apparentemente banali e di facile gestione? Quanto influisce tutto ciò sulla nostra persona e sul nostro organismo?

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Uno sguardo alla fibromialgia. Un male invisibile

“Ogni irrigidimento muscolare, contiene tutta la storia ed il significato del suo sorgere. Il corpo è un libro aperto perché in ogni sua parte, nella rilassatezza e nella rigidità di ogni suo muscolo, è scritta la storia di un’esperienza; sapendolo leggere parla dei desideri, delle paure, delle lotte e delle sconfitte, di tutto ciò che nella vita trascorsa ha contato e segnato, ha lasciato una traccia visibile nella carne.” (Reich)

“Sto tanto male ma nessuno mi crede…il mio male è invisibile agli occhi degli altri, ma non per questo è meno doloroso”. Con questa frase Claudia, una paziente a me molto cara, mi ha descritto il suo sentire nella sua totalità.

Claudia è una donna di mezza età, molto curata nel suo aspetto; ama praticare sport e lo fa regolarmente anche quando le sue forze non glielo consentono. Ha intrapreso, ormai da anni, un percorso medico con l’obiettivo di indagare le cause dei suoi dolori.

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E’ solo un gioco. Le prime forme di gioco

Alice è una bambina di cinque anni. Durante la ricreazione, mentre giocava in giardino è caduta dallo scivolo sbucciandosi un ginocchio. Le maestre dopo averla consolata hanno provato a metterle un cerotto, ma lei, troppo triste, non l’ha voluto. Il giorno seguente, tornata a scuola, la prima cosa che la bambina ha fatto è stata quella di chiedere alle maestre un cerotto per la sua bambola che aveva fatto la “bua”.

Il gesto che ha fatto Alice può sembrare insensato e privo di significato, ma provando a vedere cosa c’è dietro quella richiesta avanzata sotto forma di gioco è possibile scoprire un mondo fatto di fantasia, di simboli, di sogni e di magia.

Il gioco è una delle esperienze più belle e importanti che ogni persona vive, si sviluppa già in tenerissima età e molte persone lo conservano per tutta la vita facendogli assumere altre forme e nuovi significati.

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La malattia oncologica
Il male senza nome

La malattia oncologica nel nostro paese risulta essere sempre più diffusa, affrontala non è facile come non è facile affrontare l’intervento e le successive terapie. Molti lo chiamano il male del secolo, altri hanno addirittura paura di nominarlo…il male senza nome.

Alcune delle mie pazienti raccontano che la cosa più dolorosa da affrontare, ancora più dolorosa e distruttiva della diagnosi, è il modificarsi delle relazione con parenti e amici. Nel giro di pochi secondi si passa da uno status di persona come tante altre, ad uno di malato.

L’intervento chirurgico, per quanto moderno e all’avanguardia modifica in modo invasivo parti del corpo, portando un disconoscimento di sé. Un sé difficile da tenere integro, anche perché influenzato dall’immagine sociale che gli altri hanno: l’eventuale mutilazione causata dall’intervento, può influire su ciò che gli altri pensano del malato e questo può portare un senso di vergogna che spinge verso l’isolamento e la solitudine.

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Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Vivere nel corpo di un altro

Luca è un bambino che frequenta il secondo anno delle scuole medie del suo quartiere. Ha sempre avuto problemi nell’apprendimento e nell’affrontare le principali tappe dello sviluppo. Poco dopo il suono della campanella che segna l’inizio delle lezioni, Luca sembra mostrare strani comportamenti, non riesce a stare seduto sulla sedia, ha bisogno di alzarsi, di muoversi, non riesce a non parlare e involontariamente disturba il normale svolgimento delle lezioni. Didatticamente parlando ha delle carenze, ha difficoltà nell’apprendere concetti anche semplici e, ultimamente, sembra rifiutare qualsiasi aiuto esterno. La sua autostima peggiora ogni giorno di più. Quando i compagni o l’insegnante si rivolgono a lui sembra non ascoltare e in questo modo anche le relazioni sociali diventano difficili da gestire perché sembra non avere gli strumenti adeguati. I compiti a casa vengono affrontati con fatica e solo raramente riesce a portare a termine tutto ciò che è stato assegnato dall’insegnante.

I professori hanno notato un ulteriore comportamento bizzarro…anche quando non viene interpellato Luca parla senza sosta, ripete sempre le stesse frasi, sembra quasi che parli tanto per parlare e quando deve mostrare le sue emozioni sembra farlo senza nessuna inibizione.

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Il rinforzo del comportamento. Tra ripetizione e estinzione

Sara è una bambina di 9 anni che frequenta regolarmente la terza elementare. La bimba è apparentemente tranquilla: per le prime ore di lezione mostra un comportamento adeguato al contesto scolastico, è attenta alla spiegazione, siede composta al suo posto e svolge tutti i compiti assegnati dalla maestra; con il passare delle ore, invece, Sara diventa irrequieta, si alza continuamente, disturba i compagni, chiede di entrare e uscire dalla classe. La maestra in tal caso ha due possibilità: o punire il comportamento di Sara facendole riempire pagine intere di frasi del tipo: “Non si disturba la lezione”, o provare a rinforzare i comportamenti positivi (rinforzo positivo), premiando e lodando i casi i cui la bimba rispetta le regole e segue un comportamento adeguato. A quanti genitori non è capitato di subire le lamentele del proprio figlio dovute al desiderio di avere un giocattolo?

Alessandro è un bambino descritto dai genitori come molto capriccioso, una piccola peste. Spesso, quando sono in giro, Alessandro comincia a fare i capricci con frasi del tipo: ” Mamma mi compri il gelato? Mi compri un gioco? Mi compri il gelato”?, dette a ripetizione Dopo vari tentativi di resistere alle lamentele del figlio, la mamma, ormai esausta, cede comprandogli ciò che il bambino richiede in quel momento. Anche in tal caso, come in quello precedente, la madre rinforzerà (rinforzo negativo), il comportamento del figlio che da ora in poi per poter richiedere la qualunque metterà in atto la stessa strategia ripetitiva e capricciosa.

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L’invecchiamento. Il tempo che passa

Gli stadi evolutivi che una persona attraversa durante la vita sono numerosi: si passa dall’infanzia alla prima fanciullezza, per arrivare all’adolescenza e proseguire con la giovinezza sino all’età adulta, che sfocerà poi nell’età senile. Ogni stadio di sviluppo comprende dei compiti ben precisi che devono essere superati  e risolti  per poter passare alla fase successiva; anche le relazioni dipendono dalle fasi dello sviluppo: è così che nell’infanzia per esempio, la relazione principale è quella che si instaura tra madre e bambino, nell’adolescenza quella tra coetanei, nell’età senile invece le relazioni dovrebbero ricomprendere una moltitudine di persone, famigliari, amici di vecchia data, ex colleghi, compagni di gioco. Vorrei centrare la mia attenzione proprio su quest’ultima fase della vita, cioè l’età senile, quella che molti chiamano la fase dell’invecchiamento. 

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Bulimia Nervosa. Una fame da bue

Dopo la pubblicazione del mio ultimo articolo uscito su questo sito nel mese di Maggio, dal titolo Anoressia. Tra narcisismo e conflitti interiori ho riflettuto molto sulle somiglianza e le enormi differenze tra i vari disturbi alimentari, in questo caso tra Anoressia e Bulimia Nervosa. Queste due patologie vengono spesso confuse l’una con l’altra e da questo nasce il mio bisogno di fare chiarezza e ordine in un mondo caratterizzato da caos e confusione.

…E poi invece c’è lei… Valentina, una ragazza di 20 anni, molto bella, con un fisico asciutto, ama correre all’aperto, odia la solitudine e per questo si è circondata di tante persone con le quali è riuscita a costruire un legame amicale. Ama gli aperitivi con le amiche, si ritrova spesso nei bar a mangiare noccioline mentre sorseggia con gusto uno spriz. La sua vita sentimentale  non è chiara e definita, intrattiene rapporti e relazioni sessuali promiscue e impulsive che la portano ad avere uno sfrenato bisogno di conferme e per questo tende ad accumulare tanti, troppi partner sessuali.

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