Ricordi in “lista d’attesa”
Memoria e ricordo

“Quando iniziano i nostri ricordi? Sono “veri” ricordi o questi sono soltanto il frutto di racconti dati dai nostri cari?

In famiglia o con gli amici spesso ci divertiamo a ricordare episodi della nostra vita importanti e divertenti: “Ma ti ricordi l’esame di maturità? Vi ricordate di quando sono finalmente riuscito a prendere la patente? Come dimenticarsi di quando siamo andati a sciare per la prima volta…”

Sarà capitato a tutti noi di avere una conversazione con qualcuno così da riportare alla memoria il primo ricordo. Alcune persone riportano racconti ed episodi anche molto dettagliati risalenti alla prima infanzia, altre, invece, hanno difficoltà nel farli riaffiorare alla mente o addirittura dicono di non averne alcuno. Una donna che seguo ormai da diverso tempo parla di “buchi neri”, cioè buchi temporali dell’infanzia di cui non ricorda nulla. Ora, provate anche voi a chiudere gli occhi cercando di far ritornare alla mente il vostro primo ricordo e in un secondo momento provate a collocarlo temporalmente nella vostra vita. Probabilmente parecchi di voi si accorgeranno che non ce ne sono prima dei due-tre anni: al più, è possibile che ricordiate piccole sequenze di episodi vissuti, ma è difficile dire se effettivamente quell’episodio sia reale o frutto di influenze esterne o dovuto ai racconti di genitori, parenti o amici.

E’ anche vero che la mente umana è una macchina perfetta e nel momento in cui si manifesta un problema essa tende subito a ripararlo, compensando quel vuoto con la creazione di fantasie, cioè di falsi ricordi dell’infanzia, processo del tutto normale e fisiologico: il perché di tutto questo è ancora un mistero. Alcuni neuro-psicologi sostengono che la causa sia da ricondurre all’ “immaturità” della mente nell’infanzia. Prima dei 2-3 anni il cervello è ancora in via di sviluppo, nascono continuamente nuove cellule e nel momento in cui vengono create nuove connessioni, avviene automaticamente una perdita di memoria: il cervello rinuncia così all’acquisizione di nuove informazioni, per poter terminare il processo di maturazione e crescita. Le ricerche condotte dallo psicoanalista Franco Fornari hanno dimostrato che già durante le prime settimane di gravidanza il feto riesca a percepire rumori, canzoni, suoni e voci, per poi riconoscerle una volta nato.  Altri studi condotti da Stanuslav Grof mostrano come ci sia una certa continuità tra il modo in cui avviene il proprio parto e lo sviluppo dei tratti di personalità negli anni a venire, per cui il momento in cui veniamo alla luce verrebbe memorizzato e rivissuto nel corso della nostra vita. Tutto ciò per spiegare come sia assolutamente possibile che gli eventi vissuti nei primi anni di vita e ancora prima, dentro la pancia della propria madre, vadano a costruire e a sedimentarsi nell’incoscio della persona.

    “The Melting Clock” – Salvador Dalì

La produzione dei ricordi è strettamente legata allo sviluppo della memoria ed in particolare di quella “autobiografica”. Quando parliamo di memoria dobbiamo necessariamente accennare all’esistenza di una memoria a breve termine ed a una a lungo termine, che successivamente andrà ad influire sull’autenticità del ricordo. La prima ha una capacità limitata ed è quella che ci permette di ricordare ad esempio un numero di telefono, dei nomi, la lista della spesa; essa viene spesso paragonata ad una scatola che si riempie e si svuota in continuazione, in base alle necessità di quel preciso momento. La memoria a lungo termine invece è più complessa, ha una capacità di memorizzazione molto più ampia ed è quella che ci consente di fare tutto ciò che facciamo nel corso della nostra vita; inoltre è implicata nell’immagazzinamento di ricordi e delle esperienze vissute ed è composta da memoria episodica, procedurale e semantica. Nella memoria episodica vengono conservati tutti gli eventi della nostra vita che hanno avuto una valenza emotiva importante; quella procedurale ci permette di acquisire il come fare le cose ed infine la memoria semantica prevede l’acquisizione del linguaggio e consente di capire il significato delle singole parole. A livello cosciente riusciamo ad accedere solo a una piccolissima parte di queste informazioni, mentre tutte le altre rimangono “in attesa” di essere rievocate. L’acquisizione della memoria avviene di pari passo con quella del linguaggio e con lo sviluppo della capacità di pensiero, ma affinchè un episodio possa essere impresso nella nostra memoria, esso deve necessariamente possedere una carica emotiva importante.

Di conseguenza i primi ricordi che noi adulti abbiamo della nostra infanzia sono proprio quelli che hanno una valenza emotiva, forte e significativa, positiva o negativa che sia, forte: al contrario, quando la nonna ci chiede “Ma ti ricordi quando stavi imparando ad andare in bicicletta e sei caduta lungo discesa della casa in campagna?”, noi, spaesati rispondiamo con un “No” secco; questo potrebbe essere invece uno di quei casi in cui, un episodio da noi vissuto in passato, non è stato emotivamente coinvolgente.

Il processo che porta alla nascita di nuovi ricordi avviene quindi intorno ai due-tre anni, cioè quando il bambino inizia a parlare: di conseguenza, anche il pensiero è ben sviluppato, come anche il processo di memorizzazione. Ogni volta che il ricordo riaffiora per essere narrato all’interlocutore, esso viene poi modificato: nuovi elementi vengono aggiunti o eliminati ed è così che l’episodio si arricchisce di particolari che prima non erano mai stati menzionati; ciò che mano mano prende forma è il “falso ricordo”, comunque basato su un fatto realmente accaduto, motivo per cui spesso i racconti fatti dai nostri genitori sono diversi dai nostri. Se è vero che la memoria è fondamentale per l’acquisizione dei ricordi e quindi per il mantenimento di un identità personale, è altrettanto vero che essa gioca un ruolo molto importante anche nell’immaginare il nostro futuro: è’ impossibile pensare al domani senza mettere in scena tutti quegli episodi che hanno fatto parte della nostra vita fino a quel momento. Il ricordare di una determinata cosa può essere influenzato anche dall’ inevitabile bisogno di rendere coerente la percezione che si ha di noi stessi ed è così che, ad esempio, una persona particolarmente seria e affidabile, tende a “dimenticare” tutti quegli episodi della propria vita in cui ha dimostrato di essere incoerente e inaffidabile.

Foto, filmini e oggetti particolari aiutano a parlare di ricordi; attraverso il loro impiego è più semplice riprendere dalla memoria l’episodio da narrare ed essi rendono certamente il racconto più oggettivo. Durante la visione di fotografie la persona è finalmente libera di riportare alla coscienza ciò che fino a quel momento è stato “dimenticato”, forse poiché troppo doloroso per essere elaborato.  I ricordi sono quindi una parte fondamentale della nostra esistenza, da custodire gelosamente nella parte più profonda della mente, proprio perché contribuiscono a formare la nostra identità, ci consentono un confronto con la realtà e con le persone e molto spesso ci portano a leggere gli eventi della nostra vita in un’ottica del tutto nuova. Se non possedessimo una memoria autobiografica non riusciremmo a vivere nel presente e a rapportarci in modo adeguato con il nostro futuro. Basti pensare a quanto dolore e malessere possano provocare le amnesie causate da lesioni cerebrali o malattie degenerative come l’Alzheimer che portano all’affievolimento del complesso dei ricordi, fino a coinvolgere anche quelli più preziosi o, ancor peggio, alla completa dimenticanza della propria storia.

Dott.ssa Serena Bernabè

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Per Approfondire:

  • A.Oliverio. L’arte di ricordare. La memoria e i suoi segreti. Rizzoli, 2013
  • A.Oliverio. Immaginazione e memoria. Fantasia e realtà nei processi mentali. Mondadori università, 2013
  • P.Moderato. Apprendimento e memoria. Questioni generali e nello sviluppo. Franco Angreli, 1989

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