Il falso Sé. Modellati nell’ambizione
Ognuno di noi, nel suo percorso di crescita, si è interfacciato per la prima volta in un contesto sociale diverso da quello dei propri genitori, sperimentando per la prima volta le proprie capacità relazionali all’asilo, con persone sconosciute, sino al districarsi in maniera più o meno abile nelle tante pretese sociali lavorative all’italiana. Nella scoperta di un mondo esterno che possiede valori a volte diversi da quelli famigliari, l’individuo costituisce una propria identità sociale che si fonde con l’identità personale. La creazione dell’identità rappresenta, allora, la piena consapevolezza di chi si è, delle proprie origini, dei propri stati emotivi e dei propri pensieri. Sempre più spesso, però, è comune riscontrare in molte persone, in parte anche dentro di noi, una netta scissione tra un’identità che si mostra, che si ama, a cui si crede di appartenere e una parte di sé che si reprime e che soffre, terrorizzata al sol pensiero di mostrarsi (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “l’insicurezza patologica – Ciò che non amo di me“). Si crea un falso sé, ossia un sé ideale a cui l’individuo ambisce, mettendo in pratica un processo di cambiamento dentro di sé rispetto alle proprie ideologie e comportamenti, col solo intento di convincersi di essere diventato il sé tanto ammirato: si crea, dunque, un’armatura (il falso Sé) che potrà proteggere il sé reale, percepito debole e inefficace in una determinata società.