Sostantivo non solo femminile
La sensibilità al potere

Sensibilità: sost. Fem.

– Attitudine a ricevere impressioni attraverso i sensi.

– Particolare attitudine a risentire gli effetti, anche più insignificanti di una condizione affettiva o emotiva.

Con il titolo dell’articolo si è voluta utilizzare la grammatica per stuzzicare un po’ il dibattito sull’inclusività della lingua italiana legato alle identità di genere, ma in questo articolo prenderemo solo uno spunto e non ne tratteremo specificatamente. Per approfondimenti (Stereotipi e Pregiudizi. Una rosa se non si chiamasse rosa, Per un linguaggio inclusivo. Di asterischi, schwa e pronomi).

Manifestare sensibilità non è femminile; un uomo sensibile non sta “tirando fuori una parte femminile”. La sensibilità è umana.

Sicuramente spesso avremo sentito dire a qualcuno o qualcuna la frase sopracitata. Vedendo un uomo avere un particolare atteggiamento o vedendolo compiere una determinata azione, che culturalmente avremmo attribuito facilmente ad una donna, avremmo magari noi stessi pensato che stesse esprimendo una sua parte femminile. Bhè, se ci fosse ancora bisogno di esplicitarlo, non è così. Stava esprimendo semplicemente una parte di sé.

Per anni, ed ancora oggi, molti uomini si sono sentiti e si sentono in dovere di adattare i loro comportamenti a stereotipi culturali, che li vedono come esseri duri, con poche emozioni e insensibili. Questo, oltre a causare sofferenza nella persona stessa che ha sentito il dovere di adattarsi ad un qualcosa che non sentiva propriamente suo, non ha la minima corrispondenza con la realtà.

L’essere sensibili, come detto, è una caratteristica che può essere sia maschile, che femminile ed addirittura, per una buona parte, può essere stimolata dal contesto, dall’ambiente.

“Da dove viene la nostra minore o maggiore sensibilità. Dalla genetica o dall’ambiente? Se da entrambe, in quale misura? A questa domanda ha dato risposta uno studio realizzato su 2.800 gemelli dai ricercatori della Queen Mary University di Londra, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista MolecularPsychiatry.

I gemelli cresciuti insieme condividono lo stesso ambiente: vale a dire la famiglia, la scuola, i conoscenti, le vicende che si affrontano durante l’infanzia e l’adolescenza. I gemelli identici condividono anche tutti i geni, hanno cioè lo stesso impianto biologico. Quando questi mostrano differenze nei loro livelli di sensibilità analoghe a quelle riscontrabili tra gli altri gemelli (semplici fratelli), significa che non sono entrati in gioco i geni. Sulla base di questo ragionamento, coinvolgendo nello studio 1.000 gemelli monozigoti (o nati da uno stesso ovulo fecondato) e 1.800 non identici (dizigoti, come se fossero normali fratelli) con un’età media di 17 anni, i ricercatori hanno trovato che il 47 per cento delle differenze nella sensibilità tra individui dipende dalla genetica, mentre il 53 per cento si lascia modellare dalle esperienze di vita.”

Quindi la sensibilità non ha genere e può addirittura essere “insegnata” dall’ambiente in cui si cresce e vive. Ma cosa si intende nello specifico per sensibilità? Come può essere “utilizzata”? La sensibilità consiste nell’avvertire attraverso i sensi qualsiasi cosa, come se ci fosse una profonda relazione costante con il mondo. Chi è sensibile sente l’ umore e lo stato d’animo delle altre persone. Percepisce se stesso come se fosse l’altro e viceversa.

Viviamo in un periodo storico dove la società propina come unico obiettivo il successo personale, anche prevaricando gli altri per affermare se stessi. Si inseguono delle mete, che sia in ambito familiare, lavorativo o affettivo, perché ci è stato sempre fatto credere che è giusto così e alla fine, qualsiasi mezzo è valido per raggiungere la meta. Una vita vissuta con sensibilità invece, porterebbe a raggiungere risultati per dare senso alla propria vita per quello che si prova interiormente. Questo, verosimilmente, faciliterebbe la creazione di una società empatica, una società unita e collaborativa, con un senso di comunità che ormai è sempre più difficile trovare.

Tutto questo potrebbe sembrare un’utopia, ma se pensiamo che degli studi hanno quantificato che il 20% della popolazione è un* P.A.S. (persona altamente sensibile), forse non è poi tutto perso.

Pepe Mujica, ormai ex politico uruguaiano, in un famoso discorso all’ONU del 2013, sbattè in faccia ad i politici del mondo intero la catastrofe che la società consumistica stava creando, rimarcando quanto per una vita degna d’essere vissuta fosse importante la felicità. Da quel discorso prese spunto uno dei tanti libri scritti su e con Mujica, “La felicità al potere”.

Oggi ci sentiamo di dire che sarebbe bello avere la sensibilità al potere. La felicità ne sarebbe probabilmente una diretta conseguenza.

Sono così, sai, le persone sensibili. Sentono il doppio, sentono prima. Perché, esattamente un passo avanti al loro corpo, cammina la loro anima.

Serena Santorelli

Dott. Diego Bonifazi

Assistente Sociale a Roma

(+39) 3296614580

Email: diego.bonifazi@yahoo.it

Per Approfondire:

www.fondazioneveronesi.it

benessere, cura, empatia, felicità, femminile, maschile, potere, relazione, relazioni, sensibilità

Commenti (1)

  • Essere P. A. S per me è un orgoglio. Penso che le persone sensibili siano un passo avanti su tante cose! Ma la più importante è capire sempre prima gli altri. A volte si soffre per questo, ma questa sofferenza aiuta..

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