Lasciar andare il trauma. Rituali e Psicomagia

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Vi è mai capitato di indossare per un colloquio lo stesso maglione indossato in occasione di un importante esame superato con successo?

Di mettere tutti i ricordi legati ad un/a ex dentro uno scatolone e gettarlo nella spazzatura o dargli fuoco in un atto liberatorio?

Di tagliarvi tutti i capelli prima di iniziare una nuova fase di vita?

​Tutti questi esempi di “rituali” individuali trovano un corrispettivo nei rituali “sociali” radicati nelle nostre tradizioni.​

Il palio del paese prevede colori e abiti ben definiti per ciascun rione in lizza per la vittoria.

La festività del carnevale prevede il falò del fantoccio, spesso composto di paglia e rami delle potature, per dire addio all’inverno e dare il benvenuto alla primavera. Il fuoco che si propaga infatti, allontanerebbe eventuali insetti nocivi per la crescita del foraggio, augurandosi così un ricco raccolto.

I guerrieri, le amazzoni usavano tagliare corti i capelli prima della battaglia. La finalità era molto pratica: per evitare che la chioma rimanesse incastrata durante il combattimento. Nel corso della storia questo è divenuto simbolo di forza e rinascita.

Perché i rituali sono così presenti e potenti nella nostra vita individuale e sociale?
 

Nella nostra società occidentale, tendiamo a volte ad eseguirli per abitudine, tradizione. Talvolta non conosciamo le loro origini, né il loro significato simbolico. E questo li depotenzia, li rende privi di significato, alla stregua dei convenevoli.
I rituali hanno in realtà una potente funzione simbolica poiché si basano sull’azione, e superano quindi i limiti della logica e del linguaggio verbale.
Vanno dritti al punto. I rituali hanno il potere di parlare direttamente al nostro inconscio.


A tale proposito trovo interessante citare il lavoro di Alejandro Jodorowsky, scrittore, saggista, drammaturgo, poeta, regista (e molto altro), che ha elaborato la tecnica della psicomagia. È doveroso segnalare che questa tecnica non è mai stata riconosciuta dalla comunità scientifica. 

Ritengo però che sia indispensabile comprendere come la vera guarigione, che in fondo è quello che ciascun* di noi ricerca ardentemente nel suo percorso di vita, debba passare necessariamente per i binari dell’inconscio. 
Ed ecco come il lavoro di Jodorowsky ci viene in aiuto. Intanto è importante segnalare le sue origini.

Alejandro è di origine cilena, una cultura che ha conservato gli insegnamenti della comunità indigena e che esalta figure come curanderi/e, sciamani/e, guaritori/trici.

Con questo patrimonio culturale, Alejandro è poi naturalizzato francese, una cultura invece occidentale, scientifica, rigorosa, peraltro la patria di molta della psicoanalisi che mastichiamo oggi.

È questo mix di tradizione e scienza che ha portato l’autore a strutturare questa tecnica.

La psicomagia consiste infattinel proporre alla “persona malata” di compiere un gesto simbolico, apparentemente illogico ma fortemente emotivo, tale da permettergli di cambiare punto di vista, attivando così la guarigione, tutto questo scomodando la poesia, il teatro, il sogno, la magia e il rito.

Non sono qui a scrivere sulla validità della psicomagia. Credo fortemente nella potenza della consapevolezza della persona rispetto al proprio vissuto, ai propri traumi e alle proprie coazioni a ripetere.

E credo fortemente anche nel potere della frustrazione e della disperazione che è necessario sperimentare quando cercando di cambiare, si ricade continuamente nei propri schemi.

Mi trovo spesso a dire ai miei pazienti che la consapevolezza è il 50% del percorso e sono certa che se a quel punto ci venisse offerta una bacchetta magica, tutt* la useremmo per spezzare l’incantesimo dei nostri problemi senza uscita.

Ma credo anche fortemente che la magia più potente risiede in noi, nella nostra capacità di credere profondamente alla nostra possibilità di cambiare. Ed è qua che voglio scomodare la psicomagia, il rito.


Il cambiamento, che ci si creda o no, è un punto di non ritorno, non saremo mai più quelli di prima.

Il cambiamento prevede la morte di una parte di noi, proprio come il bruco che deve morire per far nascere la farfalla. Ed è molto più difficile di quanto si creda lasciare andare quella parte di noi che ci ha garantito la sopravvivenza.

Per questo credo che sia necessario celebrare questo passaggio con un rituale, per comunicare al nostro inconscio che è ora di lasciare andare, e che sopravviveremo anche senza quella parte di noi.

Pertanto, prepariamo la nostra scatola di oggetti che ci ricordano l’ex, tagliamo i capelli, facciamo un falò e prepariamoci a dire addio all’inverno e fare spazio per la primavera. E celebriamo il nostro rito di passaggio. In fondo, i rituali sopravvivono dall’inizio dei tempi, da molto prima che si potesse iniziare a parlare di psicologia.

Dott.ssa Giulia Radi

Psicologa , Psicoterapeuta e Ph.D.​

Riceve su appuntamento a Perugia e Roma
(+39) 349 4887485

giulia.radi@hotmail.it

Per Approfondire:

Jodorowsky A. (2019) Manuale pratico di psicomagia. Feltrinelli Editore​

Widmann C. (2007) Il rito. In psicologia, in patologia, in terapia. Magi Edizioni

De Martino, E. (1959) Sud e magia. Feltrinelli Editore

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